Il coltello nell’acqua (Nóż w wodzie, Roman Polański, 1962)
Il coltello nell’ acqua, primo lungometraggio di Roman Polański, nel 1964 si aggiudica la nomination all’Oscar come miglior film straniero. Sarà 8 ½ di Fellini a vincere: il capolavoro indiscusso del cinema italiano contro l’opera prima di regista esordiente che conquisterà fin da subito la critica internazionale.
Ambientato in Polonia sui laghi della Masuria, la trama è semplice e apparentemente limpida, come l’ acqua su cui la barca e la macchina da presa scivolano per tutta la durata del film.
Andrea e Cristina, una coppia borghese dai toni bisbetici e pungenti, si recano al lago per trascorrere un weekend in barca a vela. Lungo la strada rischiano di investire un giovane autostoppista, uno studente inesperto e testardo che invitano a unirsi a loro, pur non risparmiandogli rimproveri. Questi i tre soli personaggi che appaiono nel film: nessuna comparsa a interrompere e decostruire questo triangolo claustrofobico in equilibrio sulle assi della barca che, se si escludono la scena iniziale e finale, è l’unica ambientazione.
Confinato in questo piccolo spazio il regista descrive i personaggi con inquadrature forzatamente ravvicinate, raccontando la vicenda con primissimi piani e una solida profondità di campo, costruiti su geometrie perfette e punti di fuga. Si crea così un continuo gioco di punti di vista, in cui le figure appaiono talvolta sproporzionate, inserite in un intreccio triangolare fatto di vele e corde, che traduce il rapporto di dominio e potere contesi dai due personaggi maschili.
Andrea e il giovane sono, infatti, il simbolo di un conflitto generazionale e politico che oppone la borghesia, con il suo lusso fatto di barche a vela, belle macchine, sicurezza economica, alla classe sociale inferiore, fatta di incertezza, precarietà e un’invidia latente. Il conflitto tra i due nasce all’interno di una dinamica matrimoniale già conflittuale, ma quasi sottaciuta.
Cristina è vittima dell’arroganza di un marito borioso e superbo che continuamente le dà ordini. Confinata nel ruolo di oppressa, è un personaggio continuamente chiamato a riportare la calma e l’ordine nelle zuffe dei due, mentre il marito, alla guida dell’imbarcazione, sembra dirigere il loro destino verso un orizzonte vuoto e silenzioso.
Un personaggio femminile che diventa una sorta di muto testimone delle contese di virilità degli uomini e, allo stesso tempo, un muto trofeo da esibire e da conquistare. Contrapposto al rapporto matrimoniale, quello tra i due personaggi maschili diventa un continuo affrontarsi e cercare il predominio sull’altro: Andrea è l’uomo borghese arrivato, che nella vita ha saputo trovare il coraggio di diventare un giornalista di successo. È un personaggio che continuamente cerca di dare prova del suo sapere accademico e della sua superiorità pratica. Il giovane autostoppista è invece un personaggio che cerca di riscattarsi, di dimostrarsi altrettanto uomo con i mezzi di un ragazzo inesperto. I tentativi di svelarsi all’altezza della situazione svaniscono con la superbia di un ragazzino immaturo. Ne è simbolo il coltello che si porta dietro, con cui si diverte a giocare e a sfidare il pericolo: retaggio di un’adolescenza passata che traduce il rifiuto della maturità cui è destinato.
L’ acqua, quarta protagonista del film, è tutto ciò che circonda i personaggi nei loro conflitti e desideri. Il lago diventa simbolo di pacificazione nel caso di Cristina: è il solo luogo dove trova il sorriso e la serenità e in cui le insofferenze e le delusioni si sciolgono. È il luogo dove casca inavvertitamente il coltello del giovane, nascondendosi nelle profondità torbide e sottraendolo al gioco puerile e sprovveduto; ma è anche la superficie che lo sostiene mentre “cammina” mosso dall’entusiasmo puro della giovinezza e il luogo in cui si trova la boa che lo salva.
La natura, nelle sue varie manifestazioni, è sempre presente nel film, chiamando i personaggi al confronto con le proprie debolezze e fragilità. La pioggia, il vento, il paesaggio silenzioso e geometrico, colorano l’atmosfera caricandola di ambiguità e suspense. Preannunciato nella inquadratura iniziale, dove due ombre scure si nascondono dietro il riflesso del cielo e degli alberi sul parabrezza della macchina, il carattere ambiguo ed esistenzialista della vicenda scorre sull’acqua e sulle note jazz malinconiche e irrequiete, in un impeccabile ed elegante bianco e nero.
Un dramma che, come dichiara Cristina, non avrà nessun perdente e nessun vincitore. Occasione di specchio e di confronto più con se stessi che con gli altri, il film si chiude al punto di partenza: la macchina, la coppia, un bivio e le possibilità.
Il coltello nell’ acqua è un’opera prima in cui sono già presenti i segni di uno sguardo realista e cinico; uno sguardo che indaga e sonda la psicologia umana in situazioni al confine con il verosimile. La scelta di un ambiente unico, ristretto e limitante, in cui i diverbi spietati e taglienti tendono i nervi dello spettatore, sono gli elementi costitutivi anche del più recente Carnage (2011), in cui l’autore esaspera la conflittualità dei personaggi per approfondire l’indagine psicologica e sociologica di due classi sociali a confronto. Acuto osservatore della realtà, Polański racconta la parte dell’uomo più nascosta, gli impulsi più feroci di personaggi isolati dal resto del mondo.
Erica Barbaro
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