La città di Sumhuram, fondata nel IIIsec.a.C si affacciava, con le sue imponenti mura conservatesi fino ai nostri giorni, sull’Oceano Indiano ed era uno dei porti più importanti dell’antica Arabia, al centro di una rete di traffici commerciali che dall’Impero Romano si diramavano fino all’India
IMTO acronimo di “Italian Mission to Oman” è la missione archeologica italiana che scava in Oman. La spedizione, guidatata dalla Prof.ssa Avanzini, docente di Archeologia, storia e epigrafia della Penisola Arabica presso l’ateneo pisano, conduce i suoi progetti di ricerca nel sultanato omanita dal 1999 indagando in diverse zone del paese. Uno dei più importanti siti scavati e indagati dagli archeologi italiani è quello di Khor Rori, dichiarato patrimonio mondiale e culturale dell’Unesco nel 2000 come uno dei siti di maggior rilevanza della “Frankincense Land”.
Il sito archeologico di Khor Rori, antica Sumhuram, si trova nell’Oman meridionale nella regione del Dhofar a pochi chilometri della moderna città di Salalah.
La città di Sumhuram, fondata nel IIIsec.a.C si affacciava, con le sue imponenti mura conservatesi fino ai nostri giorni, sull’Oceano Indiano ed era uno dei porti più importanti dell’antica Arabia, al centro di una rete di traffici commerciali che dall’occidente (Impero Romano) si diramavano fino all’India. La regione del Dhofar, solcata da numerosi wadi, fece parte del regno sudarabico dello Hadramawt. Il centro di questo regno si trovava nello Yemen sud-orientale ma i suoi territori si espandevano fino al Dhofar Omanita. L’Hadramawt fu uno dei più importanti regni dell’Antica Sudarabia e doveva la sua fortuna al commercio dell’incenso di cui era il massimo produttore. Il porto di Sumhuram fu una delle tappe commerciali più frequentate dai mercanti (romani, greci, indiani e egiziani) in cerca di questa preziosa resina, grazie alla quale, l’Arabia meridionale poteva vantare l’epiteto di Felix ed era vista, nell’immaginario comune dei Greci e poi dei Romani, come un paese favoloso e dalle ricchezze infinite.
Nel corso di varie missioni, gli archeologi italiani hanno riportato alla luce le rovine della città. Il quartiere residenziale con le varie abitazioni private , la zona sacra dove si affacciava il tempio dedicato alla divinità lunare Sin e la zona dei magazzini collegata direttamente, attraverso un ingresso secondario, al porto.
Nelle mura monumentali è stata rinvenuta un’iscrizione, in antico sudarabico, in cui si parla della fondazione della città e del suo fondatore, il re Sumhuram dal quale la città prenderebbe il suo nome.
Durante l’ultima missione iniziata lo scorso gennaio 2015 e appena conclusasi le attenzioni degli studiosi si sono focalizzate sulle fasi più antiche dell’abitato. Sono stati riportati alla luce diversi edifici risalenti al periodo di fondazione della città e numerose canalette che dovevano garantire l’approviggionamento dell’acqua al suo interno e una fornace per la produzione della ceramica.
A testimonianza dei floridi rapporti commerciali di carattere internazionale sono state rinvenute numerosissime anfore da stoccaggio romane e egiziane, ceramica indiana e ceramica proveniente da tutta la penisola araba.
Molti studenti del corso di archeologia dell’ateneo pisano hanno avuto l’opportunità di svolgere un periodo di tirocinio di scavo nel sito di Khor Rori. Gli studenti, sotto la guida esperta della Dott.ssa Alexia Pavan e della Dott.ssa Silvia Lischi hanno avuto modo di lavorare sul campo e approcciarsi direttamente al lavoro dell’archeologo. Hanno avuto l’opportunità di lavore a fianco ad importanti esperti di archeologia e storia dell’antica sudarabia quali il Professor Alexander Sedov,docente di archeologia sudarabica a Mosca, e l’archeologa Vittoria Buffa.
La missione per quest’anno si è appena conclusa ma riprenderà il prossimo gennaio 2016. Potrete seguire le nuove scoperte di IMTO e avere maggiori informazioni seguendo la sua pagina fB.
Eleonora Serra
con un’illustrazione di Divina Centore
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