La prima vita di Italo Orlando di Carola Susani, editore Minimun fax, è una bellissima fiaba raccontata con un linguaggio da fiaba moderna che cattura fin dalle prime righe.
La storia non è semplice, e infatti le favole sono sempre incasinatissime.
C’è una famiglia “al completo”, così dice la voce narrante: Irene, una ragazzina sul limitare dell’età adulta, che vive con il padre Giuseppe e la nonna ( e quindi subito capite che qualcosa, per mancare, manca. Le parentesi le mette la Susani e provo a farlo anch’io), che trascorre i tre mesi estivi nella casa di campagna avita nel paese di Sette Cannelle, da dove il padre tutte le mattine parte con una delle rare seicento della zona per andare a Casteldorto, dove gestisce un poco frequentato negozio di fotografo. Siamo negli anni cinquanta, gli strascichi della guerra sono ancora nell’aria.
Un giorno il padre e la figlia, in giro per una battuta di foto, trovano nel loro terreno un ragazzo con la pelle dorata che dorme, competamente nudo. Chissà chi è e da dove viene. Quando il ragazzo si rivolge a loro lo, fa nel dialetto locale, ma scopriremo presto che sa parlare anche correttamente in italiano.
Italo Orlando, così viene chiamato (c’è un motivo) rimane con Irene, suo padre e sua nonna, ed inizia ad aggiustare ciò che era rotto, trovare ciò che era perduto, riportare alla vita le sette fonti da tempo perdute e innovare ciò che era stato lasciato alla tradizione.
Il mandorleto che circonda la casa di Sette Cannelle è l’unica ricchezza rimasta in famiglia e la nonna se ne prende cura e ogni anno si occupa del raccolto. Quell’estate però in paese ci sono geologi e paleontologi venuti dal nord, “ingegneri di Milano”, che fanno prospezioni geologiche per trovare petrolio. Il terreno sotto il mandorleto sembra essere molto promettente.
L’idea che sotto la loro terra possa esserci un tesoro nascosto rende felicissimi Irene e suo padre che decidono di fare subito una festa, invitando i tecnici del Nord, gli amici del paese ed i vicini. Quella è la prima vera festa di Irene, per vari motivi un momento di agnizione in cui diventerà adulta.
Dopo la festa, niente sarà più uguale nella vita dei nostri e delle nostre protagoniste ma non importa raccontare tutto fino in fondo.
Naturalmente sotto il mandorleto non c’è niente di veramente prezioso ma (forse) a causa delle operazioni per il sondaggio del terreno, gli alberi rimasti in piedi muoiono. E Italo Orlando scompare di nuovo.
Il bello di questo libro dal mio punto di vista sono due cose, anzi tre.
La scrittura, come ho già detto. E una fiaba scritta come una fiaba, con frasi che ti lasciano sospesa, dicendo il minimo indispensabile e lasciando il resto all’immaginazione, suggerendo, buttando là ( Margherita, chi è? Mi sono chiesta fino all’ultimo).
Non è solo l’utilizzo di aggettivi e descrizioni coerenti ( stupefacente, la pelle dorata eccetera) ma il modo di costruire le frasi.
Poi la nonna: questa non è una vecchina buona tutta moine, tè e dolcetti, profumata e pettinata; questa è una specie di strega del mare che dorme nell’amaca, gira scalza in camicia da notte, batte sulla pentola e chiama i suoi familiari a pranzo perché ha fame lei.
E poi i bambini: non è facile trovare qualcuna che sappia scrivere dei bambini dal loro livello, mostrandone le relazioni vere, dirette e brutali, in cui ognuna e ognuno può riconoscersi se è abbastanza onesto o ha abbastanza memoria da tirare fuori dal cassetto tutti, proprio tutti, i ricordi dell’infanzia, sopratutto quelli che la memoria ha voluto nascondere non essendo stata in grado di addolcire.
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