Francesco Crispino racconta Armando Crispino – Macchie solari
Venerdi 24 Aprile 2015 – ore 17 – FI PI LI Horror Festival, Nuovo Teatro delle Commedie, Livorno
Il pomeriggio della seconda giornata del Fi-Pi-Li Horror Festival si è aperto con l’incontro celebrativo dei 40 anni di Macchie Solari di Armando Crispino, uno dei film più interessanti del panorama thriller italiano post-argentiano. Prima della proiezione, sono saliti sul palco Alessio Porquier (direttore del festival livornese), Filippo Mazzarella (critico cinematografico) e Francesco Crispino, figlio di Armando; i tre hanno parlato della genesi del film, della sua fortuna e sfortuna critica, della situazione del genere alla metà degli anni ’70.
Prendendo subito la parola, il figlio d’arte pone al centro del suo racconto la sfera dei ricordi: «è uno dei film più amati e apprezzati del cinema di mio padre, non solo in Italia, anzi, quasi forse più all’estero». Bisogna ricordare, soprattutto per coloro che sono a digiuno di cinema di genere italiano, che Armando Crispino non è stato un frequentatore assiduo del genere thriller-horror, anzi L’etrusco uccide ancora (1972) e Macchie solari sono le sue uniche incursioni nei territori del nero (tralasciando la parentesi parodistica di Frankenstein all’italiana). È un film che alla distanza è cresciuto molto – continua Francesco – soprattutto nell’immaginario dei cinefili e dei cultori del genere, perché è un film particolare».
Entra qui in gioco una riflessione molto interessante: tra il 1974 e il 1975 escono dei film di genere che contengono degli elementi nuovi, degli elementi che volevano rinvigorire un filone – quello del thriller – che stava sparando gli ultimi colpi. Dopo la sbornia argentiana e post-argentiana, dove si contano circa una dozzina di titoli con all’interno un riferimento agli animali (da Giornata nera per l’Ariete a L’iguana dalla lingua di fuoco, da La tarantola dal ventre nero a Una lucertola con la pelle di donna, passando per La coda dello scorpione e via dicendo), molti autori tentarono nuove strade, nuovi percorsi oscuri con varie ramificazioni come la scienza, la medicina, il paranormale, lo spazio, l’occulto. Se nel biennio 1971-1972 erano usciti due film come Hanno cambiato faccia (Corrado Farina, 1971) e La corta notte delle bambole di vetro (Aldo Lado, 1972) che già preconizzavano un nuovo terreno fertile per raccontare storie di suspense, ecco che tra il 1974 e il 1975 viene calato un poker d’assi formato da Profondo rosso (Dario Argento, 1975), Il profumo della signora in nero (Francesco Barilli, 1974), Le orme (Luigi Bazzoni, 1975) e per l’appunto Macchie solari. «Tra il 1974 e il 1975 il genere cambia – secondo Crispino – e il giallo classico e tradizionale inizia a diventare qualcos’altro che poi porterà all’horror di grande successo».
Ma cosa è presente in Macchie solari da renderlo un film rivoluzionario? Macchie solari ha una duplice chiave di lettura: una più semplice e lineare che è legata al filone giallo pre-argentiano, quello per intenderci dove gli affari di famiglia (le eredità e i testamenti) giocavano un ruolo di primo piano; un cinema che aveva portato fortuna a cavallo tra anni ’60 e anni ’70 ad Umberto Lenzi e che era già una derivazione sul tema de I diabolici (Les diaboliques, Henri-Georges Clouzot, 1955). L’altra chiave di lettura, invece, è quella più enigmatica ed è quella che ci aiuta a considerare Macchie solari non solo come un giallo deduttivo (sulla scia del più classico “whodunit”) ma come film rivoluzionario e portatore di tantissimi temi che molti autori successivi hanno poi portato alla maturazione. Non si possono non citare le lunghe scene dell’obitorio che molto probabilmente Lucio Fulci conosceva bene al momento della realizzazione del suo L’aldilà come afferma bene Filippo Mazzarella, oppure le disturbanti scene iniziali dei suicidi sparsi per la Capitale che servono a depistare lo spettatore sulla vera natura del film: si sta guardando un film con influssi scientifici/sovrannaturali – ovvero che l’aumento delle macchie solari provocano un aumentano dei suicidi – oppure la scienza è utilizzata come “cavallo di troia” per risolvere l’enigma? Parlando della genesi del film, Crispino si riposiziona direttamente in quegli anni. «Mi ricordo, seppur piccolo, le lunghissime sessioni di scrittura con Lucio Battistrada che ha sceneggiato sette degli otto lungometraggi di mio padre; venne fuori un articolo di giornale che affermava che il numero maggiore di suicidi estivi era dovuto all’influsso delle macchie solari».
La presentazione è stata di grande interesse, Filippo Mazzarella è stato puntuale nei suoi interventi critici ed Alessio Porquier è stato un perfetto “padrone di casa”: tutti ingredienti perfetti per un pomeriggio a contatto con il cinema-bis tricolore nella bella cornice del Nuovo Teatro delle Commedie.
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