Le ispirazioni letterarie nei film di Wes Anderson
Uno dei registi che negli ultimi anni ha spopolato nella cultura giovanile, influenzando le tendenze dell’immaginario collettivo, è senza dubbio Wes Anderson. La capacità del regista texano è stata quella di riuscire a creare degli universi stabili, fortemente caratterizzati, in ogni suo film. I riferimenti cinematografici di Anderson sono chiari a tutti, ha più volte dichiarato la sua smisurata passione per il cinema italiano del dopoguerra, per Fellini e Renoir, per la Nouvelle Vague e per la corrente americana della New Hollywood; questi, sono evidenti nelle risoluzioni estetiche e tecniche del regista.
Non tutti sanno che un’altra grande fonte d’ispirazione del regista è il romanzo di formazione, la narrativa per ragazzi e la letteratura da viaggio. Alcuni suoi film sono tratti da racconti e nella costruzione narrativa si evidenzia un riferimento costante alla struttura classica del romanzo cartaceo.
Ogni film è strutturato in capitoli segnati da apposite didascalie, come un vero e proprio libro; la narrazione è sempre affidata a narratori che s’inseriscono in più livelli del racconto. Le locandine promozionali vengono puntualmente distinte da quelle cartellonistiche, realizzate dal fratello del regista, si distaccano dalle classiche immagini per il cinema e si avvicinano alle illustrazioni per un libro di narrativa.
I riferimenti letterari di Anderson si riscontrano nella creazione dei suoi personaggi di fantasia; Max Fischer, i fratelli Tanenbaums, Steve Zissou, i tre Whitman, Suzy e Sam, e poi Monsieur Gustave H., sono tutti intrisi di caratteristiche che delineano i binari della sua poetica. Questi personaggi sono accomunati da un senso costante nel voler rimanere bambini o, al contrario, sono bambini che non riescono a comunicare con gli adulti.
Su tutti i personaggi andersoniani riecheggia maestosa la penna di J. D. Salinger, ispiratore della Beat Generation, padre di tutti i giovani disadattati presenti nei suoi romanzi.
Salinger ha creato dei prototipi molto diffusi in tutta la cultura del secondo novecento, alimentando l’immaginario popolare, con individui insofferenti verso la propria realtà familiare, incapaci di crescere e desiderosi di intraprendere un viaggio alla ricerca di se stessi. Dai personaggi salingeriani, Wes Anderson ha attinto in maniera particolarmente evidente dalle avventure della famiglia Glass e da Holden; protagonisti rispettivamente di Nove racconti, Franny e Zooey, e Il giovane Holden.
Nel suo primo film, The Battle Rocket (1996), Wes Anderson racconta un colpo organizzato da una banda che fallisce miseramente. I tre presunti gangster organizzano un colpo che dovrebbe risollevare la loro condizione economica, ma ben presto si tramuta in un’operazione dal taglio comico gestita da un gruppo di adolescenti.
In Rushmore (1998), Max Fischer fa di tutto per essere considerato il leader della sua scuola ma a causa degli scarsi risultati viene comunque emarginato. Max instaura un legame alla pari, nonostante la notevole differenza d’età, con Herman Blume e con la sua insegnante della quale s’innamora. Nei confronti di Blume ha un rapporto amichevole, come se fossero vecchi compagni di scuola, ma allo stesso tempo rivende in lui un ipotetico padre appartenente alla classe borghese della quale vorrebbe far parte.
Il terzo lungometraggio di Wes Anderson è The Royal Tanenbaum (2001), forse il film in cui l’influenza salingeriana è più forte rispetto ai precedenti. I tre protagonisti sono ex bambini prodigio che non riescono a diventare adulti affermati. Il capofamiglia è stato sempre assente dalla vita dei suoi figli, è egoista ed è la causa delle crisi della sua prole; inoltre, i tre protagonisti hanno scritto tutti dei libri. Anche la figura materna dei Tenenbaum ha delle forti assonanze con i figli, è succube del marito e scrittrice. Il personaggio di Margot Tanenbaum è fortemente ispirato a quello di Franny, entrambe ragazze attraversate da un crisi esistenziale.
Le avventure acquatiche di Steve Zissou (2004) narra del comandante di una nave, in piena crisi di mezza età, alle prese con il suo strampalato equipaggio. Oltre il riferimento a Salinger, in questo film Anderson ha attinto ad altri romanzi; è evidente il riferimento a Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne, a Moby Dick di Herman Melville o a Peter Pan di J. M. Barrie.
La ricerca dello squalo giaguaro, da parte di Zissou/Nemo, non è altro che una ricerca di se stesso; Zissou ha avuto un passato glorioso da avventuriero che non riesce più a rivivere, ha perso il senso della famiglia e la sua incapacità nel diventare adulto lo ha portato a non riconoscere il presunto figlio.
L’equipaggio di Steve è formato da un gruppo di bambini sperduti che non vive sull’Isola che non c’è ma sulla nave Belafonte guidata dal suo Peter Pan. Il personaggio interpretato da Bill Murray è il vero prototipo andersonaiano.
Ne Il treno per il Darjeeling (2007) le crisi familiari che abbiamo visto fin ora, sempre generate dai padri, si spostano sulla figura materna. I fratelli Withman partono alla ricerca della donna, ma una volta trovata la loro genitrice saranno nuovamente abbandonati. Il viaggio in treno diventa anche il mezzo di riappacificazione per i tre fratelli.
Per il suo primo lungometraggio in stop-motion, Fantastic Mr. Fox (2009), Wes Anderson trae il soggetto da Furbo, il signor Volpe di Roald Dahl, altro autore di narrativa per ragazzi che ha influenzato tantissimo il regista texano.
Uno dei temi ricorrenti all’interno dei racconti dello scrittore inglese è proprio l’incapacità da parte degli adulti di provvedere ai bambini. Nel film di Anderson, Mr. Fox è intento a difendersi dagli allevatori e l’arrivo del nipote Kristofferson non farà altro che acuire il rapporto già turbolento con il figlio Ash.
Per Moonrise Kingdom (2012) il soggetto messo in scena è scritto a quattro mani da Wes Anderson e Roman Coppola; la storia è incentrata sulla fuga d’amore di due bambini. Entrambi i protagonisti sono in conflitto con i genitori.
Suzy ha un malessere verso la sua famiglia, dovuto alla crisi coniugale dei signori Bishop, mentre Sam è un orfano che si ritrova a dover fare i conti con i servizi sociali. Anche in questa pellicola il riferimento al libro è fortissimo: Susy porta sempre con se i suoi libri del cuore, sei testi di fantasia creati dal regista appositamente per il film.
Nell’ultimo film, The Grand Budapest Hotel (2014), Anderson ha fatto riferimento ai racconti dello scrittore e pacifista austriaco Stephan Zweig. La storia è incentrata sul rapporto tra un giovane garzoncello e il concierge del famoso hotel Grand Budapest nell’est Europa.
Il racconto si articola come un vero e proprio romanzo di formazione in cui Zero, il protagonista, dovrà affrontare una serie di prove per diventare adulto. Zero verrà aiutato da Monsieur Gustave H., vanesio Peter Pan e concierge dell’hotel, più compagno d’avventura che guida, in un mescolamento continuo di ruoli fra apprendista e mentore.
L’ispirazione letteraria di Wes Anderson emerge in maniera chiara nei suoi film, senza mai scadere nella copia ma riuscendo a plasmare i suoi personaggi con particolare abilità. Non sappiamo nulla riguardo le ispirazioni del prossimo film in preparazione, sarà in stop-motion e incentrato su un branco di cani allo sbaragio, ma di sicuro riuscirà a garantire allo spettatore la giustificata voglia di non voler crescere per almeno due ore di pellicola.
Antonio M. Zenzaro
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