L’ intangibile e il tangibile, antitetiche ma complementari, Luce e Materia si scontrano e si incontrano in quello che è il luogo d’espressione d’entrambi: lo spazio costruito
Architectura sine luce, nulla architectura est
– Alberto Campo Baeza –
L’architettura crea spazi edificati di materia e soprattutto di luce: come la materia ha il compito di costruire i volumi, allo stesso modo la luce disegna gli spazi.
Fin dagli albori dell’antichità l’uomo ha usato la luce per scandire il suo tempo nel mondo, esempi ne sono l’uso della meridiana, che ha regolato il rapporto del tempo con lo spazio, e l’esempio di Stonehenge, che è stato definito quasi un “calendario preistorico” per via dell’allineamento dei monoliti sotto la luce del sole e della luna.
La luce non è quindi un riflesso o un accessorio ma un elemento attivo, pulsante che agisce e scolpisce l’involucro in ogni suo dettaglio, inoltre cambiando configurazione ed intensità, col passare delle ore e delle stagioni, svela lo scorrere del tempo.
Così, quando la pietra cessa di essere semplicemente pietra e diviene spazio, l’architettura reagisce ai cambiamenti di luce creando ombre disuguali per vivacità e profilo. Attraverso i diversi materiali e le differenti geometrie, la luce crea sempre nuove prospettive e mette in evidenza sempre nuovi dettagli.
Ma la luce da sola non può creare atmosfera, ha bisogno di posarsi sull’ elemento da significare instaurando una relazione, divenendo uno strumento di lettura dello spazio, enfatizzando forme e materiali.
L’incontro tra i raggi luminosi e la materia riesce ad esprimere persino la pesantezza del vetro e la leggerezza della pietra, in quanto le caratteristiche fisiche degli oggetti non appartengono agli oggetti stessi ma si svelano nell’incontro con la luce.
Fin dall’ antichità la luce è sempre stata associata al concetto di spiritualità, per un’ immaterialità ricondotta a manifestazioni del sacro. Così si assiste all’evoluzione del concetto passando dagli esempi dei templi greci, luoghi dove regnava la materia assoluta e qualche raggio di luce fioca lasciava il posto alla penombra, ad edifici in cui la luce assume il ruolo chiave della costruzione come il Pantheon a Roma, dove, entrando, alla percezione dello spazio costruito si antepone l’osservazione del fascio luminoso che penetra dall’alto.
Nella cultura orientale, invece, la luce si insinua all’interno degli involucri in maniera molto intima, solamente se filtrata dalla carta di riso, rendendo così ogni volume una lanterna di luce in cui si muovono delle ombre, le sagome dei suoi abitanti.
L’architettura gotica, opponendosi a livello di linguaggio e simbolismo alla romanica, progetta contro l’immobilità e la solidità romaniche cattedrali leggere e slanciate. Esse erano considerate l’emblema dell’elevazione dell’uomo dal terreno al divino: la pesante materia scompare per lasciare spazio ad ampie vetrate colorate da cui far permeare la luce.
Le opere che studiano, indagano e raffigurano il rapporto tra luce e materia sono svariate.
Steven Holl, Cappella di sant’Ignazio, Seattle, 1998.
Qui luce e materia sono i due materiali impiegati per la costruzione, sintesi di poetica e contemplazione mistica.
Le Corbusier, Cappella di Ronchamp, 1955.
Si tratta di una delle opere che meglio sintetizzano la sua ricerca sui volumi e la luce che dà vita ad ombre e chiaroscuri.
Alberto Campo Baeza, Caja di Granada, 2001.
La luce è usata come contenitore dello spazio costruito di materia attraverso fasci di luce in diagonale e orizzontale. La luce diventa la protagonista principale del progetto dando vita alla corte interna.
Tadao Ando, Chiesa della Luce, Osaka, 1989.
L’architetto impiega la luce per conferire dignità agli oggetti che si relazionano con lo spazio. Per lui la luce, come il vento, è materiale da costruzione strettamente legato ai sensi: eliminando l’uso della luce si elimina il contenuto emotivo degli spazi. I fasci luminosi qui diventano materia astratta assumendo un valore sacro e fondamentale in un’architettura così essenziale.
Tutta la materia è luce… È la luce che, quando termina di essere luce, diventa materia.
-Louis Kahn-
Louis Kahn, Biblioteca di Exeter, 1972.
Il maestro disegna lo spazio seguendo il percorso di un lettore che prende un libro e per poterlo leggere va verso il fascio luminoso della luce smorzata da pareti e librerie.
Luce si fa materia con la singolarità dell’installazione realizzata a New York in memoria delle Torri Gemelle, qui dei fasci luminosi ricostruiscono in modo immaginario le torri con dei fari posizionati a Ground Zero.
Dall’architettura di pietra all’architettura della luce, l’evoluzione di questo cammino porterà sicuramente ad elevare la luce a materia del costruire.
Donatella Incardona
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