Viva il racconto! Viva Tabucchi!

Viva il racconto! Viva Tabucchi!

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“Il racconto […] è un piccolo marchingegno che bisogna costruire, e lavorarci con molta attenzione”

Orami quasi quattro anni fa, il 25 marzo 2012, ci lasciava a Lisbona un grandissimo autore della letteratura italiana: Antonio Tabucchi.

Nato a Pisa nel 1943 e cresciuto a Vecchiano, profondamente legato al Portogallo e in particolare allo scrittore portoghese Fernando Pessoa (di cui è stato e continua a essere uno dei massimi esperti), docente universitario a Bologna, Genova e Siena, è stato soprattutto autore – oltre a una certa produzione saggistica – di romanzi e racconti dalla prosa unica e irripetibile. Il titolo che l’ha consacrato è Sostiene Pereira pubblicato da Feltrinelli nel 1994, romanzo vincitore del Premio Super Campiello  nonché di numerosi altri riconoscimenti, e da cui il regista Roberto Faenza ha tratto l’omonimo film  interpretato da un attore del calibro di Marcello Mastroianni.

Qualche tempo fa mi è capitato di guardare su YouTube  il video di una sua intervista rilasciata nel 2009 (e di seguito riproposta) per la presentazione di un suo libro, Il tempo invecchia in fretta , una raccolta di nove racconti tutti incentrati sul tema del tempo, che deve il titolo a un frammento del presocratico Crizia, il quale recita: “Inseguendo l’ombra, il tempo invecchia in fretta”, ossia, come ha dichiarato lo stesso Tabucchi, inseguendo le false illusioni e i falsi desideri, finiamo col perdere di vista il senso profondo e vero della nostra vita.

Tralasciando ora la pregevolissima qualità di questi nove racconti – dirò soltanto che su tutti ho apprezzato in maniera particolare Festival –, mi ha molto colpito quanto Tabucchi sostiene, nella parte finale dell’intervista (per l’esattezza, da 11’ 52” in poi), circa il racconto (questa forma breve, o corta se vogliamo, di narrazione) e il suo statuto speciale, forse privilegiato, rispetto al romanzo.

Ed è ripercorrendo queste sue considerazioni, lasciateci in eredità quasi come un piccolo saggio di critica letteraria, che vorrei ricordare, da scrittore a mia volta di qualche racconto, da appassionato estimatore del genere, e all’approssimarsi del quarto anniversario della morte, Antonio Tabucchi.

Accennando alla differenza tra romanzo e racconto, Tabucchi afferma con la sua ironia che “oggi va molto di moda il romanzo, tutti vogliono i romanzi; se sono poi dei malloppi vanno ancora meglio, perché pesano di più; si possono fare su brutta carta, costano meno; si fa un viaggio aereo lungo, si arriva in Tailandia e poi si butta via. Ecco: il romanzo spesso serve a questo”.

Il racconto, invece, “è una forma più difficile, anche da fare, è un piccolo marchingegno che bisogna costruire, e lavorarci con molta attenzione”: rispetto al romanzo, che “è molto paziente” e in cui “si può tollerare una caduta, una slabbratura, tanto poi ci sono le altre pagine”, un racconto si esaurisce nel giro di una decina di pagine, quindi “se c’è una caduta è come l’equilibrista che attraversa il filo e scivola”. Da qui la necessità, da parte di chi scrive un racconto, “di una grande attenzione, di una grande cura e di una grande concentrazione”.

Il racconto “è una forma chiusa, come il sonetto in poesia”, per cui è necessario portarlo a compimento “in quel piccolo spazio di tempo che ti è concesso”. Tabucchi rivolge quindi un appello all’editoria italiana a prestare maggiore attenzione al racconto, seguendo l’esempio dei colleghi anglosassoni, “perché è sul racconto che si fonda la letteratura italiana, e cita alcuni modelli illustri di questo “pilastro” della nostra letteratura, dal Novellino, raccolta di novelle di argomento toscano scritte da autore (o autori) di cui non si conosce ancora l’identità, subito seguito dal Decameron di Giovanni Boccaccio, uno dei tre padri della nostra lingua, passando per le Novelle di Matteo Bandello (ma queste le aggiungiamo noi alla carrellata), fino alle più recenti Novelle per un anno di Luigi Pirandello.

“Il racconto”, conclude, “è la nostra forma privilegiata di raccontare, credo, della letteratura italiana”. E, battendo i palmi sul tavolo, chiosa affettuosamente: “viva il racconto!”

Io aggiungerei: e viva Tabucchi!

Francesco Feola


Articolo già pubblicato, in forma ridotta, su Francesco Feola – Blog Letterario

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