“Be’, a me piace la pioggia prima che cada”. Rebecca sorrise della trovata, ma io (in modo molto pedante, suppongo) dissi: “Però prima che cada non è proprio pioggia, tesoro”… Sai, Thea, non esiste una cosa come la pioggia prima che cada. Deve cadere, altrimenti non è pioggia”.“Certo che non esiste una cosa così,” disse. “È proprio per questo che è la mia preferita. Qualcosa può ben farti felice, no? Anche se non è reale.”
Jonathan Coe, La pioggia prima che cada
Con l’uscita di settembre, ci lasciamo alle spalle la felicità ritrovata di Chiara Gamberale e quella trascurabile del nostro vivere di Francesco Piccolo, per addentrarci tra le pagine di un romanzo dei ricordi: ” La pioggia prima che cada”.
La pioggia prima che cada, edito da Feltrinelli (2007) è un romanzo dello scrittore britannico Jonathan Coe.
Coe questa volta sceglie di addentrarsi all’interno della memoria di una famiglia, narrata attraverso il racconto e l’interiorità di uno dei suoi membri, l’anziana zia Rosamond.
Rosamond, settantatré anni e malata di cuore, ha lasciato il mondo in solitudine, nella sua casa nello Shropshire (Inghilterra), seduta nella poltrona del suo salotto. Accanto a lei un bicchiere, una bottiglia di whisky e alcune pillole di Diazepam per rendere più dolce una fine avvertita come inevitabile.
Accanto a lei un vecchio giradischi acceso, nella sua mano un microfono collegato ad un registratore a cassetta antidiluviano con il tasto della registrazione ancora premuto. Cosa stava registrando la zia Rosamond nelle ore precedenti la sua morte?
Da questo enigma prende avvio il romanzo di Jhonathan Coe. L’ Enigma sembra infittirsi dopo la lettura delle ultime volontà lasciate dalla cara zia Rosamond. Ha lasciato un terzo del suo patrimonio all’amata nipote Gill, un terzo a David e la restante parte a Imogen. Ma chi è Imogen? Gill ricorda di averla vista una volta, molti anni prima, al compleanno della zia per il suo cinquantesimo compleanno. Imogen allora era solo una bambina dolce e silenziosa in un posto pieno di sconosciuti. Ma sembrava anche spaventata e forse lo era tanto più perché Imogen, Gill lo ricordava bene, era cieca. Non lo si sarebbe detto dai suoi occhi di un celeste trasparente che sembravano poter vedere in profondità, ma Imogen non vedeva o meglio non vedeva quello che si può vedere soltanto con la vista.
” Quello che voglio tu abbia, Imogen, più di ogni altra cosa, è il senso della tua storia, il senso della tua provenienza, e delle forze che ti hanno creata”
Bisogna ritrovare Imogen, ma da dove partire, come rintracciarla? Questa ricerca porta Gill, la nipote di Rosamond a mettersi sulle tracce di Imogen. Ma per farlo è necessario ascoltare i nastri destinati a Imogen. Quattro cassette da novanta minuti, sei ore di ascolto per trovare qualche indizio utile al ritrovamento della misteriosa beneficiaria delle ultime parole pronunciate dalla zia prima di morire.
Sarà la voce di Rosamond che accompagnerà Gill e le sue due figlie e, con loro, noi lettori, dentro la storia della sua vita e della sua famiglia, con i suoi misteri, segreti inconfessabili, desideri e sogni realizzati e disattesi.
Non che la tua esistenza corregga tutti quegli errori, o li annulli, no. Non giustifica niente. Quello che significa – l’ho già detto prima? Penso di sì, forse in altra forma – o meglio quello che mi fa capire, è questo: che la vita comincia ad avere senso solo quando ti rendi conto che a volte – spesso – continuamente – due idee del tutto contraddittorie possono essere egualmente vere.
Una voce registrata per dipanare le trame di vite intrecciate, di destini che si incrociano per prendere poi incolmabili distanze nel corso di tre lunghe generazioni.
Ma come racchiudere, in poche ore, una vita di anni? Rosamond sceglie venti fotografie, venti scatti di vita per narrare la sua storia e dare consistenza a ciò che ancora vive nei suoi ricordi.
Alla fine ne ho selezionate venti… Venti scene della mia vita, principalmente, perché anche di questo, immagino, mi propongo di parlarti: della storia della mia vita – fino al momento in cui tu la lasciasti, poco dopo avervi fatto la tua prima apparizione. Certo a volte mi capiterà di divagare, ma tutte le cose che ti racconterò sono collegate tra loro, almeno nella mia mente… Voglio che tu sappia quale aspetto avevano le persone che ti hanno preceduta; le case in cui vivevano, i posti che visitavano. Se avrai la possibilità di sapere queste cose, se potrai immaginarle dentro la tua testa, questo ti darà… ebbene, ti darà qualcosa, spero. Ti darà un contesto per capire le cose difficile, le cose dolorose che ascolterai alla fine.
Fotografia dopo fotografia, scatto dopo scatto, Rosamond ricostruisce i frammenti di tante esistenze: della cugina e amica di sangue Beatrix, degli zii, dei suoi due amori, Rebecca e Ruth. Tanti frammenti intimamente interconnessi nell’idea che ognuno di noi, con le sue scelte, lasci segni nelle vite altrui in grado di modificarne irreversibilmente il corso.
Tra ricordi lieti, vicende dolorose, litigi e addii scorrono le pagine di questo libro e sembra quasi di sentire la voce dell’anziana zia condurci al termine della sua storia, nella speranza di aver lasciato la traccia capace di condurre chi verrà dopo di lei.
Coe ci restituisce così la storia di una famiglia e, con essa, ci fornisce uno spaccato, acutamente rappresentato, della società inglese, dall’ultima guerra mondiale sino ai giorni nostri. Con la consueta maestria introspettiva e attenta sensibilità, Coe tratteggia una certa Inghilterra e il suo evolversi attraverso i grandi eventi storici che ne hanno segnato la storia ma anche e soprattutto inciso sulla vita di chi quella storia l’ha attraversata.
Coe sceglie uno stile diretto, penetrante, capace di trascendere l’umana concretezza per restituirci la dimensione, quasi metafisica, del senso della vita, del peso delle nostre scelte che si trasferiscono a chi viene dopo di noi e di noi costituisce il naturale prolungamento nel mondo. Così la frustrazione di una figlia può diventare la sua inadeguatezza di madre, la genuinità dell’affetto un modo per abbattere barriere e convenzioni.
Coe è così convincente e appassionato da coinvolgere il lettore nei destini intrecciati dei suoi personaggi, tanto che a volte pare di sentire l’odore della brughiera inglese, o di avvertire lo scoppiettio di un camino acceso, o la fragranza di un tazza di caffè fumante in una rigida mattina londinese.
Grande merito di questo romanzo è essere fortemente radicato in un qui e ora storico – l’Inghilterra di una certa famiglia descritta attraverso gli occhi di Rosamond – e al contempo ritrovare parte di noi in quelle fotografie. Certo non siamo noi le figure in posa davanti alla macchina fotografica, ma i dolori, la paure, i sorrisi reali o dissimulati, bloccati per sempre in uno scatto, a volte sembrano essere anche i nostri.
La pioggia prima che cada è un libro che appassiona, che invoglia il lettore a scoprire il mistero che si cela alla fine delle registrazioni della zia Rosamond, un romanzo che fa riflettere su noi stessi, sul significato della parola famiglia e sul valore e l’importanza della cura degli affetti più cari.
Badiamo bene: nessun sentimentalismo per Coe o scivolate in stereotipi e luoghi comuni, anzi una narrazione sincera, a volte cruda, ma proprio per questo autenticamente vera e capace di fare breccia in chi avrà voglia di lasciare da parte le domande e le risposte rassicuranti, per credere che spesso quello in cui si è sperato è un’invenzione, un sogno, una cosa impossibile come la pioggia prima che cada.
Biancamaria Majorana
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