In un punto a metà strada sulla tratta ferroviaria Marsiglia – Parigi inizia Partita a quattro di Ernst Lubitsch, commedia brillante e romantica uscita nel 1933 che racconta la partita amorosa tra una donna e tre spasimanti.
Il luogo è uno scompartimento del treno in corsa per la grande città, i personaggi sono tre: due giovani affascinanti che sonnecchiano scomposti sul sedile e lei, la ragazza che entra in scena come su un palcoscenico dalle quinte del corridoio del treno. È Gilda Farrell, futura amante, musa e amministratrice del talento dei due: il commediografo Thomas B. Chambers e il pittore George Curtis. Punta del triangolo amoroso che di lì a poco si creerà, Gilda approfitta del sonno dei due per farne una caricatura e addormentarsi a sua volta.
Nel gioco di posizioni e stiracchiamenti dei tre si stabilisce la relazione base dell’intera commedia: le gambe si allungano e si toccano ridestando il dormiveglia dei personaggi che, scambiandosi continuamente di posto, danno inizio alla commedia. Il pretesto è l’arte: ai due non piace la caricatura che Gilda ha fatto loro e a lei non piace la mostra di George, che considera furbo e privo di originalità. Lei è una pubblicitaria astuta e mascolina che lavora per Max Plunkett, suo principale e quarto componente del gioco d’amore, loro due giovani squattrinati che a malapena sopravvivono in una soffitta parigina. Gilda si innamora di entrambi e insieme stabiliscono un patto di reciproca fedeltà e convivenza la cui regola ferrea è no sex, principio morale e razionale che non durerà a lungo, messo in crisi dalla gelosia e dalle pulsioni e desideri reciproci.
Il film è costruito principalmente sulla contrapposizione tra trasgressione e moralità e tra amore coniugale e adulterio: il tre sembra essere il numero perfetto per un’equilibrata relazione amorosa, l’unica che possa compensare le carenze delle singole unità della coppia. Mentre aspettano l’arrivo di Gilda, Tom e George sembrano essere due uomini a metà: a uno manca la camicia e all’altro i pantaloni e poco dopo sarà lei a descriverli come due cappelli molto diversi tra loro e complementari, uno adatto all’estate e l’altro perfetto per quando c’è vento. La metafora del cappello è poi estesa anche a Max, ultimo giocatore della partita che indossa una bombetta perbene e funerea, priva di estro, adatta alla sua personalità da imprenditore moralista. Il numero tre è ripreso nel finale a proposito del gioco delle domande “animale, vegetale o minerale”, ancora una volta come pretesto per indicare le tipologie umane e amorose destinate all’incompletezza: solo nell’unione delle tre unità è possibile la perfezione.
Il successo come commediografo di Thomas darà inizio a tre tentativi mal riusciti di relazione: il primo tra Gilda e George, poi tra Gilda e Thomas e infine tra Gilda e Max, che deciderà di sposare perché «l’immoralità può essere piacevole, ma non al punto di poter prendere il posto di una vita intemerata e di tre buoni pasti al giorno», battuta chiave del film che sembra alludere al numero tre come scansione temporale di una giornata come si deve. Gilda tenta la strada dell’amore coniugale, un rapporto in cui sentirsi «con i piedi ben piantati in terra», il tipo di relazione approvata da una società che sembra vivere di superficialità e apparenze, ma incapace di adattarsi al suo ruolo di «marca sposata a uno slogan», fuggirà con George e Tom ricomponendo il precario triangolo amoroso.
L’ironia caratteristica di Lubitsch è affiancata da numerose allusioni sessuali decisamente azzardate per l’epoca: Partita a quattro è del 1933 e solo l’anno successivo sarà applicato il Codice Hays per la censura. Contesti e piani narrativi sono mescolati continuamente: le vicende sono raccontate dalle lettere che si scrivono i personaggi e le loro battute finiscono nella commedia che Thomas sta scrivendo, una commedia in tre atti i cui possibili finali alludono alle varie soluzioni della partita a quattro.
Il titolo originale Design for living allude a un progetto di vita amorosa e a un tentativo di stabilire un’alternativa all’innaturalezza del matrimonio; l’uomo ideale non esiste, sembra concludere Gilda, e la felicità forse è proprio nel numero tre, numero il cui equilibrio è destinato ad essere messo nuovamente in gioco.
Erica Barbaro
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