Portare le versioni originali delle opere di Giacomo Puccini sul palcoscenico del Teatro alla Scala di Milano. Questo è l’impegno del direttore musicale del maggior teatro italiano, il M° Riccardo Chailly, che inizierà proprio da questo 7 dicembre con la rappresentazione della prima versione – quella del 1904 – di Madama Butterfly.
«Queste versioni originali – ha spiegato il M° Chailly al pubblico che ha assistito alla prima prova aperta della Butterfly sabato pomeriggio – non sono da reputarsi migliori di quelle eseguite tradizionalmente, ma sono per i teatri, un’alternativa al Puccini che tutti conosciamo». Alternativa, però, molto interessante poiché consentono allo spettatore di porsi importanti domande sulla musica di Giacomo Puccini, sulla sua drammaturgia e sull’evoluzione del suo stile: perché certe scelte, perché sono state poi modificate, perché il compositore era soddisfatto della modifica o no. Non sono questioni di poco conto.
Ad esempio, è risaputo che Puccini fosse molto scontento dell’Atto I di Madama Butterfly così come appare nella seconda versione (quella comunemente eseguita) perché, a causa dei tagli apportati alla partitura, non c’è equilibrio tra la musicalità occidentale e quella orientale. L’intera produzione pucciniana è attraversata da tagli, rimaneggiamenti, aggiunte e sostituzioni.
Alcune di queste modifiche sono ben documentate – ad esempio le varie versioni di Madama Butterfly, Edgar, Manon Lescaut o i vari finali di Turandot – ma altre sono dormienti nelle partiture autografe, in attesa che nuovi studi le scoprano e le portino alla luce, è il caso di otto battute inedite nel finale di Tosca che il M° Chailly ha individuato grazie a un facsimile del manoscritto vergato di proprio pugno da Puccini edito dalla Ricordi.
Proprio Tosca, opera fondamentale per comprendere lo sviluppo della drammaturgia pucciniana, è oggetto dell’interesse di Riccardo Chailly che ha annunciato l’intenzione di portarla sulle tavole del Piermarini, così come Edgar, se in futuro le circostanze saranno favorevoli per un’operazione di questo tipo.
Lo studio filologico approfondito dell’opera di Giacomo Puccini non è un impegno fine a se stesso, un mero esercizio intellettuale: Puccini è un autore che, pur essendo tanto eseguito, non è altrettanto studiato e compreso, quando invece ha ancora molto da insegnare alle future generazioni di musicisti, così come Giuseppe Verdi. L’esecuzione filologica delle opere verdiane è stato uno dei maggiori risultati ottenuti dal M° Riccardo Muti durante la sua permanenza come direttore musicale della Scala e nel corso degli anni ha avuto più volte modo di dimostrare quanto sia vitale per la musica – italiana e non – uno studio di questo genere e Chailly sembra voler percorrere la stessa strada, ma deviando verso Lucca piuttosto che verso Busseto.
L’inquieto Puccini, sempre alla ricerca del “nuovo”, sempre alla ricerca di nuovi orizzonti, di modi per superarsi, così come Verdi, nel corso del tempo trova ad essersi fossilizzato a causa di errate scelte degli esecutori che, piuttosto che essere affamati di ricerca e curiosità, cercano di mantenere una certa prassi esecutiva, una “tradizione”, che non tiene conto di nulla se non dell’eterna massima «si è sempre fatto così», mentre bisognerebbe fare di tutto per mantenerla vitale, fresca e in continua evoluzione perché, per usare le parole dello stesso Chailly, «la musica di Puccini è un universo che rivela sempre nuove sorprese, anche dopo tanti anni di studi e di ricerche, non finisce mai di meravigliare e ha sempre qualche nuovo segreto da svelare».
Luca Fialdini
lfmusica@yahoo.com
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