PISA – La stagione teatrale 2016-2017 del Teatro Lux di Pisa si è chiusa con la messa in scena di una rivisitazione drammaturgica a cura di Franco Farina de La Mandragola di Niccolò Machiavelli, portata in scena da La Ribalta teatro.
In seguito all’ultima replica, tenutasi nel pomeriggio di domenica 2 aprile, si è svolto un incontro con il pubblico in cui il drammaturgo, gli attori (Alberto Ierardi, Gilberto Innocenti, Luca Oldani, Marta Paganelli, Lucia Rea e Giorgio Vierda) e i registi (Alberto Ierardi e Giorgio Vierda) si sono confrontati con gli spettatori, confermando l’attenzione che durante tutta la stagione il Teatro Lux ha mostrato nei confronti dei suoi spettatori, sempre più curiosi e attratti dalle sorprendenti dinamiche di un teatro diverso da quello a cui, purtroppo, siamo solitamente abituati.
La rivisitazione drammaturgica ha il merito di nascondere tra le pieghe di un contesto e di un linguaggio cinquecentesco aspetti della realtà moderna che si inseriscono coerentemente nelle dinamiche del racconto in cui le contraddizioni umane emergono come le vere protagoniste della storia.
Al centro de La Mandragola, infatti, c’è senza dubbio il desiderio. Quello che ognuno di questi personaggi porta avanti con tanta pervicacia da consentire che sia perpetrato un orrendo crimine: lo stupro della giovane e immacolata Lucrezia, vittima non solo di tutti quelli che le stanno intorno ma anche della sua stessa purezza. Non esiste regina che non abbia ambiguità e, se è vero che Lucrezia è «atta a governare un regno», la sua incorruttibilità dovrà essere infranta.
Abituati a un approccio scolastico e “soporifero” delle pagine del Machiavelli, riusciamo invece a seguire le avventure di Callimaco, le frodi di Ligurio, le scorbutiche prese di posizione di Nicia, il dolore di Sostrata, la peccaminosa debolezza di Frate Timoteo, finendo per compatire la sorte della povera Lucrezia in un modo del tutto diverso da quello a cui siamo stati abituati, capendo finalmente i personaggi.
Lo spettatore, a questo punto, altro non può fare se non sedersi al fianco dei cattivi. Forse è proprio questa la sfida che ha proposto nel Cinquecento Machiavelli e sui cui insiste oggi Franco Farina: non limitiamoci a ridere degli altri perché crediamo di essere distanti dai loro problemi, lontani dai loro peccati.
Il merito dei registi e degli attori è senza dubbio quello di aver prestato le abilità tecniche al servizio della storia consentendo al pubblico di non perdere neanche una parola, persino quando i personaggi parlano in latino. La precisione e la cura degli attori non passa tuttavia in secondo piano, specie negli intermezzi canori e nelle scene corali (alcune di una comicità esilarante, quasi cabarettistica).
Il ritmo frizzante con cui si muovono gli attori e la velocità dei pensieri di questi personaggi spezzano le linee definite della commedia dell’arte che, comunque, rimane ben riconoscibile seppur interrotta nei suoi tratti distintivi e nei connotati classici da alcune scene oniriche e quasi surreali con un sapore noir.
La Madragola è un testo dove tutto viene messo in discussione, dove si tolgono i veli dell’ipocrisia per mostrare le vergogne di una realtà dove ogni cosa (persino la Bibbia) può essere letta in modo diametralmente opposto a seconda del punto di vista. Per questo, al termine della pièce, sono proprio gli attori che ci spiegano come la difficoltà maggiore sia stata quella di aderire all’obiettivo dei protagonisti di questa storia che, quanto meno ad una prima lettura del testo, non possono che apparire “brutti”.
La soluzione o meglio – precisano – il tentativo, è quello di abbandonare il giudizio morale per mettersi nei panni di quegli uomini e di quelle donne che più di ogni altra cosa sono essenzialmente umani.
Possiamo certamente dire che il tentativo degli attori è riuscito. Quanto a noi, questo è il bello della commedia, che ha per ciascuno un diverso risultato. Così, ancora una volta, il pubblico sorride e nel raccogliere la maschera lasciata cadere dagli attori si sorprende di poterla calzare sul suo viso.