“Ti resta tanto da vivere. Cronaca di una presa di coscienza”
Quando Diego, voce e basso dei Miriam Mellerin, fece un salto a casa mia per presentarmi l’idea che aveva in mente per il release party de Il Vizio, ultimo lavoro del trio pisano, ho pensato da subito che fosse un progetto piuttosto ambizioso.
Nell’accezione più bella che si possa regalare a questo termine. Ovvero ambire a fare qualcosa se non di originale, quantomeno di poco consono rispetto ai contesti che siamo abituati a masticare, specie dalle nostre parti. L’idea intorno alla quale ruotava il tutto era quella di dedicare una consistente parte centrale dell’esibizione a due momenti artistici, fra improvvisazione e letteratura.
E devo dirlo: è stato il momento più interessante di tutta l’esibizione alla quale ho assistito. Gli interventi letterali di Federico Russo dei Novadeaf e Andrea Canonico dei Senzafissa Dimoira hanno permesso alla band che li accompagnava in quel momento di far sentire al meglio la loro incredibile intesa, maturata da anni passati insieme fra palchi e sale prove. Così come lo spazio dedicato all’improvvisazione con la partecipazione di Stefano Bambini alla tromba e Marina Mulopulos alla voce hanno riportato la mia mente indietro a certi sperimentalismi tutti italiani dei primi anni ’70, coinvolgendo il pubblico in un bel viaggio.
Ma non è successo solo questo sabato sera.
Negli ultimi mesi la mia vita si divide fra Milano, dove ci sono i miei affetti e buona parte del mio lavoro, e Pisa, dove c’è la mia storia, la mia casa e soprattutto un disco da registrare, che mi fa ben poco uscire la sera ormai da mesi. Quindi le mie uscite pisane le calibro per bene, e l’occasione dei release party dei Miriam Mellerin era una di quelle occasioni in cui uscire di casa era cosa buona e giusta. Un po’ per rivedere amici che non incrociavo da tempo. Ma soprattutto perché ai Miriam Mellerin mi sento davvero legato. Vuoi perché quando ho aperto la mia agenzia stampa sono stati il primo nome che misi sotto contratto, ormai più di due anni fa (era appena uscito il loro debut album), vuoi perché con Daniele ci ho suonato insieme ne LAGUERRA che è stato un progetto, nel suo piccolo, importante.
Il Lumiere è una cornice perfetta per eventi di questo genere. Però questo locale/cinema/teatro è anche molto altezzoso, vuole che le cose siano fatte per bene, altrimenti tutte le tue belle idee te le lancia giù dalle scale di cartone che ti sei costruito per fingere di essere arrivato su un trono che non esiste. Vuole essere riempito il Lumiere durante i suoi eventi, altrimenti ti farà sentire tutto il suo enorme spazio e la sua profondità giocare contro di te, e vederti perso in uno spazio troppo enorme che ti farà dire “ok, stavolta abbiamo esagerato”.
Ma sabato questo teatro non ha avuto di che lamentarsi, perché così tanta gente dentro io credo di non avercela mai vista. Questo perché ritengo che la storia di amore fra Pisa e i componenti dei Miriam Mellerin sia una storia sincera, fatta di rispetto e impegno reciproco. Tanti amici sotto al palco, che hanno voluto giustamente pagare tributo alla band che forse al meglio rappresenta questa città oggi.
Mi sembra più che doveroso fare un plauso anche a La Iena, band che ha aperto la serata di sabato. Un duo batteria + chitarra elettrica/voce formato da due ragazzi che di esperienze alle spalle ne hanno da vendere, e che non avevo mai ascoltato in questa nuova vesta. Sono bravi, bravi davvero. Mi hanno ricordato un buon mix fra i primi Black Keys e i nostrani Il Pan del Diavolo. Promossi a pieni voti per quanto mi riguarda, un’altra bella realtà che si va ad aggiungere alla già nutrita schiera di band attive all’ombra sbilenca della torre.
Di artisti validi qua ne abbiamo un bel po’, e che siano cantautori o gruppi metal qui dalle nostre parti conta poco. Non abbiamo mai valutato una band in base a quanti riverberi mette sulla chitarra, quale sia il suo ufficio stampa o se la maglietta che indossa è proprio quella lì, quella giusta. Se suoni bene, se le tue canzoni sono interessanti, sei ammodo. Altrimenti beh, ciao. Ed è stato bello vedere, magari anche solo per una sera, tutti (o almeno una gran parte) quei ragazzi che a Pisa si mobilitano per fare qualcosa riuniti nel solito posto. Il modus operandi è secondario: che tu abbia una ciclofficina o che tu organizzi concerti, che tu abbia un ufficio stampa o uno studio grafico, stai facendo la tua parte per far capire a chi vive lontano da questo posto che Pisa non è solo la delinquenza intorno alla stazione o fra le vie del centro. C’è qualcos’altro.
E questo qualcos’altro era lì sabato sera, davanti al palco dei Miriam Mellerin, davanti al banchetto con le decine e decine di produzioni di band pisane che presentavano il loro piccolo pezzettino di mondo. Avrei potuto parlare di più dei live dei MM in senso stretto, lo so. Dire che “Incolore” è un pezzo che da solo meriterebbe i locali pieni in tutta Italia. Che Diego è stato un ottimo maestro di cerimonia. Che la chitarra di Daniele passava da due testa cassa e lì sotto sembrava di essere a un concerto da stadio, o che Pietro alla batteria è ormai diventato un musicista di quelli che ci dovrebbero invidiare in tutta la penisola. Ma ci tenevo a dire la mia. E io credo, in tutta onestà, di aver visto qualcosa di più di un concerto sabato sera. Penso di aver assistito ad una prova di forza. Una città ha fatto sentire la sua voce a se stessa.
Francesco Caprai
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