Alfredo Casella: “I segreti della giara”… settantacinque anni dopo

«Spero che dalla lettura di questa “relazione” di vita, di una laboriosa e feconda vita, possa profilarsi nitido e chiaro il mio dramma di artista e di italiano, di un uomo cioè che conobbe, accanto alla inevitabile ostilità di certa mediocrità conterranea, le gioie più pure della vera Bellezza e che diede tutto se stesso all’arte ed alla patria».
Con queste parole si conclude I segreti della giara, l’autobiografia che il compositore Alfredo Casella diede alle stampe della fiorentina Sansoni nel 1941. Il volume, da lungo tempo fuori catalogo, è stato ripubblicato nell’aprile 2016 dalla casa editrice milanese Il Saggiatore in una nuova nuova edizione a cura di Cesare De Marchi e con una postfazione Giovanni Gavazzeni, un’edizione che – come si legge nella nota al testo – «riproduce scrupolosamente l’edizione a stampa del dicembre 1941».

Questo libro costituisce non solo una diretta testimonianza di uno spettatore privilegiato della cultura musicale europea tra Otto e Novecento ma anche la possibilità di tornare a parlare della musica italiana non operistica che tutt’ora viene tranquillamente ignorata tanto da molti dei nostri musicisti quanto dal grande pubblico italiano. Come si ha già avuto occasione di affermare, i compositori italiani che non hanno fatto dell’opera il proprio baluardo come Malipiero, Bossi, Sgambati, Martucci, Pizzetti, GhediniDallapiccola, Petrassi e lo stesso Casella, sono stati gradualmente dimenticati. Se alla mancanza di un solido legame con l’universo operistico si aggiunge il fatto che diversi di questi maestri si sono “compromessi” con il Fascismo, si può pensare che questa si un’ulteriore motivazione che può aver aiutato i portatori d’acqua di una certo pensiero musicale in Italia (anche se è una spiegazione che convince solo fino a un certo punto, dato che intellettuali come Luigi Pirandello non sono stati minimamente intaccati dall’adesione al Partito Fascista), tuttavia questo è un argomento che attualmente preferisco accantonare poiché merita di essere discusso in una sede più adeguata.

Il compositore Alfredo Casella

L’aspetto forse più interessante che hanno da offrirci in data odierna I segreti della giara è non solo uno spaccato sulla vita del più brillante dei compositori della generazione dell’Ottanta, ma anche l’inconfutabile prova dell’identità genetica di questo particolare gruppo di musicisti come intellettuali europei. Basti pensare alla Corporazione delle Nuove Musiche, fondata da Casella assieme agli amici Gian Francesco Malipiero e Gabriele D’Annunzio, istituzione che poi, grazie all’adesione di numerosi colleghi trai quali Respighi e Pizzetti, trovò la sua naturale evoluzione nella Società Italiana di Musica Contemporanea che ebbe il gran merito di portare in Italia le prime esecuzioni del Petrushka, dell’Histoire du Soldat, dell’Oedipus Rex, delle Noces e del Jeux de cartes di Igor Stravinskij, del Pierrot Lunaire di Arnold Schönberg, dell’Amor brujo di Manuel de Falla e di molte altre composizioni di Ravel, Dukas, Prokof’evBartókŠostakovičSkrjabin. Ciò denota non solo che Casella fosse un eccellente compositore, ma anche che fosse dotato di una cospicua intelligenza e lungimiranza che si sono concretizzate nell’aver saputo riconoscere immediatamente quali sarebbero stati i grandi compositori del futuro e quindi nel riuscire a portare la loro musica in Italia, enunciato che può essere così parafrasato: far uscire i nostri compositori dal provincialismo operistico nel quale si erano chiusi e mantenerli costantemente aggiornati sulle più recenti innovazioni europee. Sono da vedersi in quest’ottica le opere di Casella così come quelle di Respighi, di Pizzetti e degli altri italiani che aderirono alle istanze di Casella per la creazione di una nuova scuola italiana che tenesse conto della propria identità culturale ma anche della temperie europea ed è per questo motivo che l’opportunità fornita dal Saggiatore, con la riedizione di questa affascinante autobiografia, deve considerarsi preziosa: consente di poter nuovamente parlare – e con una consapevolezza in più – del problema della musica contemporanea in generale e quella italiana in particolare.

Nella postfazione all’autobiografia, Giovanni Gavazzeni asserisce che «dopo la morte, Casella non sarebbe sfuggito alla tabula rasa proclamata dai profeti della Nuova Musica negli anni cinquanta, sessanta e settanta del secolo scorso, e diffusa dai loro disinformati gazzettieri». La gran parte del movimento nato nei decenni sopracitati ha causato una grave arretratezza nella musica italiana del secondo Novecento (quindi, di conseguenza, del Duemila) e non ha esitato a bollare Casella e i compositori suoi affini come “passatisti”, ossia che non scrivevano secondo il diktat dell’avanguardia. Nonostante l’instancabile impegno di musicisti come Lia de Barberiis, Marcella Barzetti, Carlo Zecchi, Gianandrea Gavazzeni e Virgilio Mortari, a causa della cecità di molti e dell’inerzia di altri stiamo seriamente rischiando di perdere  uno dei momenti più artisticamente floridi della storia italiana, un momento che può e deve essere recuperato. Fortunatamente negli ultimi anni si sta assistendo a un consapevole “ritorno” alla musica italiana del Novecento: grazie a Bruno CaninoGianandrea NosedaFrancesco La VecchiaDamian IorioSilvia ChiesaGiancarlo Simonacci Pietro Massa (per non fare che pochi esempi), si sta assistendo a quello che – utilizzando il nome di Casella  come contenitore di un’intero periodo – possiamo senza remore definire Rinascimento Caselliano.

lfmusica@yahoo.com

Luca Fialdini
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