Il sodalizio del giovane drammaturgo pugliese Michele Santeramo con il teatro Era di Pontedera non sembra essersi affatto esaurito dopo le fatiche della collaborazione al progetto Extra Pontem e le due coproduzioni per La Rivincita e Il Guaritore.
Michele Santeramo, classe 1974, volto nuovo della drammaturgia italiana, sulla cresta dell’onda prima con il Teatro Minimo di Andria, insieme all’attore e regista Michele Sinisi, adesso anche in veste solitaria. Ha appena debuttato, infatti, la sua ultima opera, Alla luce, con la regia di Roberto Bacci. Atto unico, della durata di un’ora circa, che vede in scena 5 attori, tra cui alcuni storici volti degli spettacoli di Bacci: Sabastian Barbalan, Michele Cipriani, Silvia Pasello, Francesco Puleo e Tazio Torrini.
Due coppie di ciechi, un marito e una moglie (Torrini-Pasello) e 2 fratelli (Puleo-Cipriani) raggiungono un luogo misterioso dove si gioca una partita a carte. Chi vince riacquista la vista, può cioè tornare alla luce.
In mezzo a loro uno spietato croupier vedente (Barbalan) dirige, placido e sarcastico, la sfida. Lo scopo del gioco è governare le emozioni. Chi riuscirà a rimanere freddo e saldo di nervi avrà vinto. Le prove, dettate dalle carte, sono sette: Rivalità, Tradimento, Crudeltà , Disprezzo, Violenza, Prevaricazione, Paura della Morte. Le regole sono racchiuse in un pesante libro che solo il vedente può leggere.
Durante la partita il fantasma evanescente del passato dei 5 personaggi si palesa a poco a poco. Molti scheletri scricchiolano nell’armadio: rancore, assassinio e tirannia. Ma non riveliamo niente di più.
Scenografia minimale, spazio profondo ma claustrofobico, delimitato da alte tende scure che seguono il perimetro della scena. Spettacolo intimo, allestito per un numero ristretto di spettatori. Un testo avvincente e feroce quello di Santeramo, farcito di spunti comici e giochi sadici, che entrano nelle profondità del quotidiano, nella familiarità dei consanguinei. Il drammaturgo pugliese non ci stupisce. Aveva già dato prova delle sue capacità.
Ma ci ricorda di tenerlo ben presente in questa Italia del Teatro, popolata troppo spesso solo dai grandi nomi storici.
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