Per parlare di clima si devono usare parole difficili e un po’ strane. Una di queste è stocastico dal greco stokazomai, di cui va evitato il richiamo volgare, ma comprendere che significa congetturale, o meglio ancora, colpire il centro del bersaglio con una freccia. I modelli matematici usati per descrivere il clima sono stocastici perché alcuni (o molti) parametri hanno andamento casuale e imprevedibile variabilità temporale. L’osservazione banale che ne consegue è che rispetto al clima e al suo cambiamento valgono sia le congetture sia le certezze empiriche. Quella meno banale è che per parlare di cambiamento climatico occorre tenere presente il tempo, oggetto e concetto sfuggenti.
Clima letteralmente significa parte o regione della Terra, con riferimento all’inclinazione della superficie del mondo dall’equatore al polo. Tutti infatti sappiamo che il clima di ogni luogo dipende dalla sua distanza dai poli e dai movimenti della Terra. A volte dimentichiamo che questi movimenti possono avere variazioni nel tempo di orbita intorno al Sole (eccentrica), di obliquità sul proprio piano e di precessione. Vivere in un oggetto celeste che ha movimenti eccentrici può dare un certo brivido, ma capire che cosa è la precessione è ancora più intrigante. Il concetto è semplice perché indica il fatto che l’asse terrestre ruotando descrive un cono e quindi non punta sempre verso la stessa direzione nel firmamento, a causa dell’attrazione di astri come Sole, Luna, Saturno e Giove. Questo moto è lentissimo ma provoca il fatto non trascurabile che il polo Nord non è stato e non sarà sempre indicato dalla stella Polare. Il Nord nel 2.800 prima di Cristo era indicato da Alfa Draconis e tra circa dodicimila anni lo sarà da Vega. Questi numeri sono così grandi rispetto alla durata della vita umana da risultare esuberanti rispetto alla quotidianità, eppure piccolissimi di fronte al mistero della durata dell’universo e del mondo. Se il clima sta cambiando, ci interessa non solo se è vero e perché, ma anche in quanto tempo. Quello che oggi preoccupa è che l’uomo con le sue attività stia provocando l’accelerazione del fenomeno.
Lo scienziato serbo Milun Milankovitch intorno al 1920 ipotizzò l’alternarsi di cicli di glaciazione della Terra (un fatto comprovato) proprio in ragione dell’impercettibile mutamento dell’obliquità dell’asse terrestre rispetto al piano di rotazione intorno al Sole. Calcolava che un ciclo tra una glaciazione e l’altra durasse 41 mila anni, mentre successivamente gli scienziati hanno dimostrato come nell’ultimo milione di anni, questo periodo sia stato di 100 mila anni.
Senza che gli si dia troppa importanza, di questi cambi climatici epocali si ha testimonianza anche sotto casa. Dove ora ci sono montagne, pianure e fiumi, una volta c’erano mari, oceani o ghiacciai estesi. Molte specie animali e botaniche si sono estinte e sono oggi fossili; molte altre se ne sono formate o sono state scoperte. In provincia di Firenze, in località La Lisca di Lastra a Signa, sulla facciata di una casa fa mostra di sé un osso di balena trovato nei pressi, mentre un dente di capodoglio è stato rinvenuto nel Mugello ed è perfino raffigurato nella famosa lunetta cinquecentesca di Giusto Utens che raffigura La Villa di Cafaggiolo. Dov’era secco ora c’è mare e dov’era acqua ora c’è terra. E tutto questo perché il clima è cambiato nell’arco di intere ere geologiche. Quello che conta e interessa è quindi il tempo? Sì, ma non solo, perché l’uomo, al tempo, gli dà una mano pur avendo su di esso idee a volte confuse.
La maggior parte di coloro che parlano di cambiamenti climatici lo fa in termini spaventosi, ma descrivendo solo scenari di paura rischia di dimenticare qualcosa di molto importante. Viene detto che il cambiamento climatico minaccia la vita stessa del pianeta e di conseguenza quella dell’umanità intera. Questo viene narrato e scritto da oltre cinquanta anni, senza che uomini e Stati abbiano sostanzialmente cambiato atteggiamento rispetto allo sviluppo delle proprie attività economiche e civili. La “fissazione” sul cambiamento climatico quindi rischia di non fare vedere altre azioni insensate che gli uomini compiono da sempre. Esempi? A parte le carneficine belliche (di cui a volte si è detto una gran bene come sola igiene del mondo), l’uomo si è spesso accanito contro la natura con azioni ritenute lodevoli: la biodiversità è stata ridotta dall’agricoltura e non dal cambiamento climatico. In Italia, come in altre parti del mondo, le foreste sono sparite per far posto al grano e non a causa delle piogge acide o del riscaldamento. Un vigneto è un deserto biologico eppure ci pare bello. La foca monaca in Sardegna non c’è più perché rubava il pesce ai poveri, mentre il tonno nei mari italiani è latitante perché è stato pescato in eccesso prima ancora che il mare si riscaldasse. Dire che il cambiamento climatico minaccia la Terra non equivale ad aver trovato la soluzione ma rischia di essere un atteggiamento riduzionista che concentra l’attenzione su un unico fatto.
Il nostro principale nemico è invece la narrazione retorica dei fatti. Il cambiamento climatico c’è e nessuno lo può negare, ma raramente i media danno la stessa enfasi al fatto che 7,3 miliardi di esseri umani sono troppi e che producono un’impronta ambientale comunque esuberante, e non solamente distribuita in modo iniquo tra ricchi e poveri. O che per produrre alimenti si continuano a bruciare foreste immense nelle zone tropicali e subtropicali del mondo, dopo che un’umanità di agricoltori le ha fatte sparire nelle zone che oggi si definiscono sviluppate. I comportamenti umani stanno travolgendo le risorse globali più dei cambiamenti climatici, siano questi indotti dall’attività umana o dipendano da variazioni legate a cicli epocali. L’umanità sembra avere proprio per natura antropologica comportamenti insostenibili.
La politica ha trovato la soluzione smart nell’ossimoro dello sviluppo sostenibile, cioè che tiene conto della future generazioni. Ma quante sono le generazioni future di cui tenere conto? Una, due, dieci, cento, infinite? Il mio trisavolo mi pensava quando decideva di macinare grano nel suo mulino mosso da una coppia di muli? Nutro qualche dubbio. Nel tempo infinito non ci sono certezze neppure per le presenti generazioni. Così come inevitabilmente sfugge la definizione di sviluppo e di cambiamento climatico.
Lo sviluppo ha un limite nelle dimensioni della Terra e nella quantità delle risorse che essa contiene. Lo sviluppo sostenibile è quindi impossibile da comprendere nel tempo molto lungo, specialmente se gli uomini continueranno a crescere di numero e a richiedere più oggetti e servizi da consumare. Per esempio comprando più condizionatori per sentire meno caldo d’estate e più termosifoni per provare meno freddo di inverno.
Anche immaginando un tempo futuro in cui l’umanità si sia mostrata capace di ridurre gli effetti peggiori del cambiamento climatico, non è credibile immaginare che abbia a disposizione risorse naturali sufficienti per un numero costantemente crescente di abitanti della Terra. Che la soluzione sia l’emigrazione umana sulla Luna e su Marte? Oppure una vita francescana da condurre su nostra sorella Terra? Non pare che tutti siano d’accordo né sulla prima né sulla seconda soluzione.
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