Abbiamo chiesto a personalità cittadine di raccontarci qualcosa sul Teatro Verdi: il loro rapporto con il teatro, che cosa rappresenta oggi o che ruolo ha avuto nella loro vita. Abbiamo anche provato a chiedere se avevano ricordi particolari, aneddoti, qualcosa che è rimasto nelle loro menti o nei loro cuori, e così sono arrivati e continuano ad arrivare piccoli o grandi pensieri, in tanti hanno voluto scrivere un commento. Abbiamo fatto una scelta, non è facile però dargli un ordine perché spesso i ricordi si miscelano al presente, alcuni sono riferiti alla sfera privata, altri a quella pubblica, quindi ve li presentiamo così come sono, semplicemente.
«Nel bene o nel male, nasce lì, al Teatro Verdi, il male del teatro. Era, credo, il 1983, e stavano cercando comparse proprio a teatro, così esordii nella Gazza ladra di Rossini, avevo 19 anni, e, portavo in scena durante l’overture, la gazza in gabbia, vedendo il teatro pieno, ebbi un’esitazione… Lì però ebbi chiaro che la droga dello spettacolo dal vivo era entrata, purtroppo, in circolo. Come non ricordare, poi, l’esperienza de La città proletaria dal testo di Bigongiali e non ultimo, perché proprio non lo è, ne L’arca di Noè di Britten, l’aver dato voce a Dio. Molte altre sarebbero le esperienze e i ricordi, ma è stringente lo spazio».
Paolo Giommarelli, attore
«Il Teatro Verdi è per tanti di noi una specie di familiare. Un vecchio amico. Verrebbe voglia di dirgli “Auguri Beppe!”, se non fosse al tempo stesso un luogo così solenne.
Certamente anche io lego al teatro di Pisa tanti ricordi, anche molto personali.
Sicuramente un grande onore è stato partecipare alla presentazione del programma dei 150 anni. Considero un privilegio aver vissuto da vicino un passaggio così significativo».
Andrea Ferrante, assessore alla cultura di Pisa
«Per me l’esperienza che si fa nei teatri ha ancora molto a vedere con la magia di un percorso collettivo che si celebra in una sera, nell’arco di alcune ore e che ha sempre a che vedere con l’immateriale. Luci, costumi, registi, maestri d’orchestra, attori, cantanti, danzatori, scenografie, tecnici, tutto il mondo di persone e cose che “fanno” lo spettacolo costruisce l’emozione del patto personale e collettivo che ci porta a credere a quanto avviene in quel momento sul palcoscenico, luogo dove confluiscono pensieri, ricerche, parole che vengono dal passato e dal presente e che sono pronte a viaggiare verso il futuro, in altri luoghi rivolti ad altre persone».
Ilaria Mariotti, storica dell’arte
«Negli anni del mio mandato ho seguito molto le vicende del Teatro Verdi, in particolare per i problemi connessi al bilancio e alle risorse disponibili. Sempre meno del necessario. Tuttavia lo staff del teatro ha sempre garantito un’ottima qualità. Sul piano degli episodi gradevoli ricordo volentieri due momenti. Il primo quando in occasione di un concerto di capodanno al teatro architettarono la “sorpresa” di farmi chiamare a dirigere l’ultima suonata dell’orchestra. Ovviamente i maestri si guardarono bene da seguire la mia bacchetta. Il secondo in occasione del concerto di Ivano Fossati. Al teatro gli dissero che il sindaco era un suo fan e con lui decisero di invitarmi alla cena dopo lo spettacolo. Da quella conversazione nacque l’idea di una sua conferenza alla Scuola Normale. Cosa che si realizzò qualche mese dopo con un successo straordinario per il livello culturale del confronto con gli studenti.
Paolo Fontanelli, deputato
«Il Teatro Verdi di Pisa per me è Il Teatro con tanto di articolo maiuscolo. Alla fine degli anni Settanta, inizio anni Ottanta, non c’era in città e in provincia tutta l’offerta culturale che c’è oggi. Ma a casa due erano le cose irrinunciabili nonostante lo stipendio risicato da professoressa di mia madre: i viaggi e l’abbonamento studenti al Verdi per la prosa. Ho avuto così la fortuna di una educazione teatrale di buon livello: le sperimentazioni di Carmelo Bene che mi ricordavano, nella tarda adolescenza passata alla consolle di Radio Ulisse, i vocalizzi di Demetrios Stratos, i volteggi onirici di Lindsay Kemp che amavo anche per la sua collaborazione con David Bowie, ma anche i testi di Pirandello interpretati da Giorgio Albertazzi e Mariangela Melato. Certo, gli spettacoli “sperimentali” non erano all’altezza, mancava un vero interscambio con la scene off italiana, spazio di produzione poi occupato dal Teatro di Pontedera. Ma i lisi velluti rossi dei palchetti erano un elemento scenico per il palco dei ragazzi di allora, di ogni colore politico, forse l’unico palco comune, e oggi sono una quinta di ricordi che formano ciò che sono».
Rachele Gonnelli, giornalista Il Manifesto
«Nel 1986 il sindaco Granchi e la sua giunta, di cui facevo parte, si trovarono davanti ad un bivio: chiudere a tempo indeterminato il teatro oppure dare inizio ad una sua radicale opera di restauro. L’obsolescenza degli impianti tecnologici e l’inadeguatezza degli apparati di sicurezza ne rendevano ormai pericolosa la sua utilizzazione. La decisione non era facile. Per alcuni membri della giunta non era quella la priorità per la città anche in ragione dell’ingente somma necessaria. Fu scelta la prima strada. La città non poteva fare a meno del suo teatro. Ed era tanta la passione in città che – per non interrompere la programmazione annuale – fu montato in poco tempo un teatro tenda in via Rindi a Porta a Lucca. Il teatro fu restaurato in tre anni su progetto dell’architetto Massimo Carmassi e del suo staff, facenti parte dell’Ufficio Progetti del Comune».
Carlo Scaramuzzino, ex assessore
«Del Teatro Verdi mi piace ricordare due episodi tratti dal mio recente libro, perché sicuramente saranno sconosciuti ai più e sicuramente esulano dalla visione che abbiamo oggi del nostro teatro. Nel mese di luglio del 1920 si è tenuto al Teatro Verdi il secondo congresso provinciale della Camera del lavoro Confederale. Alla fine della Seconda guerra mondiale, invece, prima che il teatro riprendesse la programmazione (sospesa durante la guerra) fu scelto come sede per un evento significativo: Anche le forze armate occupanti che, nel brutto gioco della guerra, avevano fino a pochi mesi prima più volte bombardato e cannoneggiato, intervengono sulla questione alimentare e nello stesso tempo provano a risollevare l’animo dei bambini pisani e, il giorno di Natale del 1944, il Comando delle forze armate aeree degli Stati Uniti di stanza a Pisa organizza, presso il teatro Verdi, una festa natalizia per la distribuzione di doni a bambini di famiglie bisognose” M. Bacchiet Riglione. Questa centrale e laboriosa borgata. Vita sociale e politica 1861-1948, BFS Edizioni, Pisa, 2017, pp. 206-207».
Massimiliano Bacchiet, autore
«Ovviamente la grande importanza del teatro sta nel suo insostituibile ruolo di motore culturale della città, potrebbe esserlo molto di più e dare lavoro a molte più persone se vi fossero maggiori investimenti ed un coordinamento delle politiche culturali cittadine e delle varie realtà che fanno spettacolo. Per me il Verdi è stato ed è importante per molti motivi: è innanzitutto un luogo di cari ricordi… familiari, perché fin da piccolo ci sono andato coi miei genitori, amicali, per la frequentazione durante il liceo e l’università coi compagni di corso e con quelli di vita politica, lavorativi perché c’ho lavorato a lungo come comparsa, figurante, attrezzista, e poi quando, come legale, ho tutelato il teatro nelle sedi giudiziali. Il Verdi ha veramente accompagnato la mia infanzia, la mia adolescenza e la mia gioventù… 2) Ricorda un episodio curioso, o in incontro importante, o qualcosa di significativo della sua esperienza legato al Teatro Verdi? Come ho detto prima i ricordi sono molti: Proietti e la sua compagnia per lo spettacolo del Cyrano de Bergerac negli anni ’80, Lodoletta Pini ed il suo amore per la lirica, Renato Bruson e Rolando Pamerai, indimenticati Baritoni di molte opere, Carmelo Bene e Eduardo de Filippo… nonché i lavoratori del teatro, primo fra tutti Riccardo, il capo elettricista. E’ difficile fare una selezione».
Andrea Callaioli, avvocato
«Il Teatro Verdi lo considero quasi come una seconda casa. L’ho cominciato a frequentare subito, da quando sono arrivata a Pisa e, come studentessa potevo ascoltare gratuitamente i concerti della Normale mentre mi sottoponevo a lunghe file, quando era in programma un’opera lirica, per i posti in alto. In quel periodo era ancora in servizio il bar del loggione che, tra un atto e l’altro, serviva la zuppa pisana con tanto di cipolla cruda. A nessuno sembrava irriverente, dopo averla mangiata e accompagnata con del vino rosso, tornare a piangere sulla sorte di Traviata, di Butterfly o di Mimì. Negli anni sono sempre stata un’assidua frequentatrice di tutte le stagioni, ma in particolare della prosa e della lirica e il rientro autunnale dalla vacanze significa ancora oggi, per me, che il teatro riapre le sue porte e ci accoglie di nuovo, scintillante di luci, di suoni e di storie».
Maria Antonella Galanti, docente universitaria
«Lui è l’anima del mare profondo, la voce del vento, la profondità della notte e la ferita della luna. Ha dedicato il suo spettacolo a Sandro Pertini. La poesia prende forma nel suo modo di sillabare i versi e guardarci dentro. E’ come assistere ad un rito… dalla polvere del teatro sgorgano Blok, Majakowskij, Esenin, Pasternak. Lui è le nostre viscere, l’ombra e il sole. Percuote la sala con quei versi per il cinquantenario della morte di Majakowskij e il centenario della nascita di Alexander Blok. Neanche un respiro deve disturbare il Maestro…che diviene direttore d’orchestra di ombre e vita futura. La parola allora diviene linfa, rugiada, gemiti di piacere, morte. Scirocco che fa del teatro la verità e la libertà di esserci. Carmelo Bene sa che un bisbiglio di luce basta per esistere e freme dell’antica sapienza degli alchimisti con la sua anarchia vitale. L’arte esiste e può rendere la vita un orgasmo da sentire con i sensi e col cuore. La morte? Un inciampo…».
Alessandro Scarpellini, poeta e scrittore
«Nella mia vita, fin da quando venni a studiare a Pisa, il Teatro Verdi è stato sempre presente, sia pure sotto diverse forme: all’inizio come un grande e prestigioso teatro dove, quasi per magia, si realizzavano capolavori, poi come un filo rosso che mi ha accompagnato nel lavoro e non solo.
Ricordo gli anni Ottanta, allora noi giovani studenti universitari venivamo chiamati a fare le comparse nelle opere liriche, capitani dal mitico Pasquale. Ancora oggi, con leggero disappunto, non mi va giù che i costumi più belli, quelli con tanti veli e lustrini da danzatrice o principesse fossero di taglia “mini” (o quasi ) per cui a me toccavano ruoli di fattoressa, campagnola o damigella di second’ordine, ma mi divertivo tanto lo stesso. Poi per me è iniziato il lavoro vero in comune, alla cultura, e da lì le varie collaborazioni, gli atti e non solo, continuativamente anno dopo anno. Il ricordo e l’esperienza più forte riguarda gli anni in cui abbiamo lavorato insieme per le varie edizioni di Strada facendo, una specie di festival estivo in varie piazze della città, tra cui il cortile della Sapienza. Erano gli anni Novanta, non esisteva ancora la movida né organizzata né spontanea e quegli spettacoli, spesso realizzati dalle associazioni locali, erano una buona risposta alle esigenze di cittadini rimasti in città e forse anche di turisti. Si era creato davvero un bel clima di collaborazione tra noi ufficio del Comune e i vari staff del teatro, non più solo nomi e ruoli ma persone (Alda, Beatrice, Manuela, Piero, Silvano, Valeria). Ricordo mia figlia ancora piccola fatta addormentare nel passeggino, la voglia di fare al di là degli schemi e dei ruoli. Mi sembrava quasi di essere in vacanza pur lavorando. Ovviamene anche le solite noie, contrattempi, ma davvero belle estati, belle persone e talvolta anche qualche buona cenetta».
Antonella Riacci, ex dirigente Ufficio cultura
«Dopo la mia esperienza di assessore, mi piace ricordare due aneddoti che sono rimasti impressi nella mia mente relativi al Teatro Verdi: Edoardo De Filippo era a Pisa per ritirare la cittadinanza onoraria. Dopo la cerimonia in Comune avrebbe donato alla città uno spettacolo di poesie al Teatro Verdi. Era un martedì 13 di un mese di primavera dei primi anni Ottanta. Il Consiglio Comunale era riunito in pompa magna, ma Edoardo non arrivava. Il sindaco Bulleri ed io andammo all’hotel Mediterraneo per capire cosa stava succedendo. Edoardo era nella sua camera, a letto. Alla nostra preoccupazione rispose: “ma voi sapete che giorno è oggi?”. Noi non capivamo. “E’ martedì 13, io dal letto non mi muovo; trovate voi una scusa; rimandiamo tutto a domani”. Toccò spostare tutto all’indomani, parlando di una indisposizione del maestro. Il mercoledì Edoardo fu salutato con una ovazione dal pubblico del teatro, che comunque non ha mai conosciuto la ragione vera del rinvio.
Nel lontano 1965 l’Unione Goliardica Italiana (UGI, L’organizzazione studentesca di sinistra) vinse le elezioni per il parlamentino studentesco (ORIUP) ed io ero tra gli eletti. L’Oriup – che godeva di autonomia finanziaria – penso di portare finalmente gli studenti dentro al teatro della città, affidando ad un salottiero “uomo di mondo” pisano il compito di organizzare uno spettacolo teatrale di “alta qualità”. Questi si fece pagare in anticipo ( un milione di lire) e sparì dalla circolazione; rimediò parzialmente un anno dopo organizzando, sempre al Verdi, uno spettacolo del Nuovo Canzoniere Italiano (pagato 150mila lire). Dei numerosi componenti del gruppo a Pisa ne vennero solo due, Paolo Ciarchi e Ivan Della Mea, che conquistarono il pubblico del Verdi con le loro canzoni di lotta (“O cara moglie”, “Gettiamo a mare le basi americane”…). Secondo me è proprio da quel concerto che furono gettate le basi per la nascita a Pisa della passione per il canto popolare e di lotta».
Carlo Scaramuzzino, ex assessore
«Uno dei luoghi speciali del Teatro Verdi, per me, è il sottotetto del teatro, quello che una volta era il grande ambiente dove si dipingevano le scenografie. Nel 1993 lo spazio ha ospitato la mostra da me curata dei dipinti di un artista, Tobia Ercolino, che ha firmato scenografie per il Palcoscenico del Teatro (La cenerentola nel 1992, Una città proletaria nel 1994, Orfeo ed Euridice nel 1996, Norma nel 1997, Simon Boccanegra nel 1999). Nella grande cupola si apre una porticina, un occhio da cui si vede, a decine di metri di distanza, l’interno del teatro sottostante. Una “bocca magica” che mette in subbuglio tutta la conoscenza dello spazio come normalmente lo viviamo. Il teatro è ricco di queste prospettive inattese».
Ilaria Mariotti, storica dell’arte
«Il Teatro Verdi oggi è, e non potrebbe essere altrimenti, il “Teatro della Città”, considerando il ruolo e non ultimo anche il cospicuo finanziamento da parte del Comune di Pisa, finanziamento tale da restringere abbastanza altri filoni di intervento culturale. E il teatro questo lo fa in maniera egregia e puntuale, non solo e soltanto con la programmazione di spettacoli, ampia ed articolata, ma anche nel supportare, mettere a disposizione le proprie competenze e la propria agilità amministrativo-gestionale per vari progetti dell’amministrazione comunale e di altri enti. Ricordo, tra gli altri, Marenia, il Progetto Dante, le mostre di Luporini, la mostra e gli eventi sull’Ariosto. Ma, forse, nel corso degli anni al Teatro (e non solo a lui, alle istituzioni soprattutto) sono venute meno, “scappate” alcune occasioni di aprirsi del tutto , di fare proprie e dare continuità ad alcune iniziative di punta della nostra città (dalla Ragione Insidiata al Festival Jazz allo Scotto) che avrebbero caratterizzato il panorama culturale e avrebbero fatto di Pisa un polo di riferimento nazionale . Oggi il teatro è rimasto, come del resto è nella propria mission statuaria, un eccellente teatro di tradizione, che fa ancora di più e molto, in mezzo a mille difficoltà. Dato questo per acquisito, sarebbe davvero bello avere un teatro, o più teatri anche, con programmazioni articolate, diversificate, capaci di rispondere e far condividere le proprie scelte anche dai giovani, dagli studenti …un teatro in cui si ritrovi anche quella parte di città forse un po’ “alternativa “ che segue i piccoli circuiti, ama la sperimentazione, vorrebbe crescere anche grazie al confronto e magari fa i chilometri per seguire un concerto o un evento fuori Pisa. Un sogno forse, ma Pisa è anche questo e forse anche molto altro».
Antonella Riacci, ex dirigente Ufficio cultura
«La sala era buia, solo una tiepida luce e la gente era in attesa del folletto di Nostra Signora dei Fiori e di Sogno di una notte di Mezza estate. Poi un canto flebile, una cantilena religiosa, e incappucciati a torso nudo che si frustano sanguinando… sono entrati dal fondo della platea, sorprendendoci. Tepori ed odori che invadono la Sala, forse incenso o altri oli profumati. E alcuni penitenti portano lentamente sulle spalle la statua della Madonna fino al palco illuminato da candele sgorgate dal buio. La posano dolcemente e si allontanano, flagellanti e altri credenti si dileguano all’improvviso come inghiottiti dall’ombra. Ora c’è solo la statua di Santa Maria de la Alhambra, immobile sul palco, davanti ai nostri occhi. Lunghi momenti che entrano dentro come spille luminose, ma niente pare accadere. Silenzio.
Poi la statua della Madonna muove le ciglia, piccoli movimenti delle dita, impercettibili vibrazioni del suo corpo che pareva inanimato. Vive, la Madonna vive, e si spoglia dei suoi veli. Esce dal suo corpo Garcia Lorca in un volo di bianche colombe che vanno verso palchi e palchetti. Lindsay Kemp è il poeta bisessuale di Fonte Vaqueros che declama i suoi versi e noi diventiamo parole sulle sue labbra umide di passione e malinconia. Duende… la magia della Spagna entra i noi e si mischia al nostro sangue mutandolo in flamenco e in sangria, eros e poesia, corpi che si amano e il Dauro che scorre fra rossi gerani. Il poeta dei Sonetti Oscuri e delle Nozze di Sangue è stato partorito gaio e sensuale dalla Madonna di Granada.»
Alessandro Scarpellini, poeta e scrittore
Riportiamo anche un breve ricordo tra il vero e il faceto, arrivatoci insieme agli altri
«Eravamo 3 ragazzini di 2^ Liceo ed un sabato pomeriggio, sul tardi, andammo a mangiare un trancio di pizza dalla signora bionda all’inizio di via San Martino, pizza e spuma..! Lì trovammo 3 ragazzine, un po’ più grandi di noi… ma che differenza faceva? Erano simpatiche! E poi la spuma venne immediatamente sostituita dalla birra che risolse ogni cosa..
Finito di mangiare, noi eravamo tutti ringalluzziti… c’era andata bene… s’era beccato!
– Andiamo di qui, andiamo di là… dai su’, o venite co’ noi, no?…
Macché: andavano a teatro…
– A teatro?!? …maddaiii…
– Eh, sì… e siamo anche di molto in ritardo… ciaoooo…. Si va, venite?
– Magari vi s’accompagna un pezzo…
Ridendo e scherzando arrivammo al Verdi… e loro ci salutano: noi entriamo… ci si rivede…e via…
Guardammo il cartellone:
Sergio Fantoni
ZIO VANJA
di Anton Cechov
regia di G. De Lullo
Ci guardammo, perplessi…
– O ragazzi… matonna, de’…
– de’…
Entrammo…
– Signora quanto costa? Studenti…
– sì, sì, si vede… vi consiglio il loggione… ma muovetevi ragazzi, …comincia!
E c’avviammo per gli sconosciuti corridoi e le scale del Verdi, così tristi prima del restauro. Erano anche vuoti: stava per cominciare e smorzarono le luci.
Poi le spensero – BUIO – ed eravamo ancora in corridoio… si prese la prima porta e ci trovammo in piccionaia… BUIO
– boh… oddove si va?
– Sssstt…
– de’ i’unci vedo na sega…
– SSSSSSSTTTTT
– SILENZIO!
Avevamo davanti un muro di teste, o meglio, di silhouettes di teste… oltre, laggiù infondonfondo, la luce del palcoscenico… e la Russia… e lo Zio Vanja, vestito di bianco…
– Maiijale de’, o ragazzi, un c’è posto..!!
– e si starà mpiedi…
– no no no… bada… lì c’è da sedessi…
Tra tutte quelle silhouette c’era uno spazio vuoto, proprio in prima fila, alla balaustra!
– GRANDE….
– Ssssssssttt
– Scusi, scusi, permesso…
– SSSSSSSTTTT..!
– giovani fate silenzio!
Finalmente ci trovammo davanti alla panca libera (c’erano le panche in legno grezzo) e ci mettemmo a sedere, tutti e tre nello stesso momento….
– AAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHH!!!!!!!
…un urlo bestiale…
– Omammma..! – occosé..???
C’era una persona sdraiata a dormire sulla panca… poi uno dice andare a teatro…Da schiantà..! Fu tutto un parapiglia: L’uomo sdraiato che urlava tutto incazzato, il pubblico del loggione che ci urlava contro, Sergio Fantoni che tuonava dal palco, le luci del teatro che s’accesero, spettacolo sospeso…
E noi…? Ovviamente ci venne da ridere, da sentirsi male, piegati in due, lacrime agli occhi…Ma ci si rese conto che il pubblico era minaccioso e quello del loggione era pronto a prenderci a nocchini…
– sarà mia meglio levassi di giro?
– de’ no…
E via di filata per il corridoio, urlando e ridendo… ma sentimmo la corsa delle maschere risuonare sulle tavole di legno del pavimento… e allora noi giù per la prima porta e poi dentro quella dopo e così via, entrando ed uscendo, salendo e scendendo… a perdifiato, lesti lesti… e quelli dietro…
Poi, finalmente, si trovò un portone e… uscimmo a riveder le stelle…
anzi, no… pioveva che dio la mandava… bagnati fradici, soldi finiti e fie mai più riviste…»
Maurizio Piegaja, Royal Victoria Hotel
Terminiamo con l’ultimo poetico ricordo di Alessandro Scarpellini:
«E’ il debutto di “Cronaca di una battaglia” al Teatro Verdi, regista Claudio Neri e coreografa Cielo Zoppi, Giovanni Balzaretti è l’attore protagonista… un pisano prigioniero a Genova dopo la battaglia della Meloria. Ci sono 8 danzatori…. Teatro / danza, forse. Mio è il testo, scritto in notti di visioni dopo letture di fatti storici e sogni. Novecento persone, il Teatro è pieno. Le luci si spengono. Il Teatro è oscuro, aspetta una scintilla di luce. Silenzio.
Si sente poi una flebile voce, qualche spettatore dice di tacere, ma poi guizza un fascio di luna sul primo palchetto. Qualcuno è là in piedi e rischia di cadere giù. Bisbiglia alcune semplici ed enigmatiche parole: “Il mio continuo esilio / fatto di stelle appena sfiorate / cercate in pugno di polvere”. Il sipario non si è ancora aperto, ma il palco comincia a respirare di memorie e vita.
Il Teatro, forse, è ovunque.
Giovanni Balzaretti, giullare in catene in campo pisano a Genova nell’Agosto del 1287, salta rabbioso ed agile come un gatto nero fra la gente che si scansa e ha paura che sia un folle. Tutto inizia: “Svegliatevi, svegliatevi da questo sonno il sole è appena sorto dal mare calmo dalla culla di una notte come le altre e io posso solo narrare di un sogno….
- Camere Penali, Avvocati e Giuristi sul DdL Sicurezza - 22 Ottobre 2024
- Domenica a teatro 2024-2025 - 20 Ottobre 2024
- Ecco la Festa d’Autunno domenica 20 ottobre - 18 Ottobre 2024