“Il Girello” di Melani: il testamento di Eugenio Monti Colla

PISA – Torna al Teatro Verdi di Pisa l’opera barocca, l’appuntamento annuale divenuto ormai consueto, proponendo al pubblico un allestimento prestigioso. Il Girello di Jacopo Melani, rappresentato domenica 3 dicembre, unisce Toscana e Lombardia in un binomio vincente: l’Orchestra Auser Musici diretta dal M° Carlo Ipata in buca e in scena le marionette della Compagnia Marionettistica Carlo Colla & Figli. L’importanza di questa produzione, fortemente voluta dal Verdi, risiede anche nel fatto che questa ha riportato in scena la più celebre opera di Melani per la prima volta in epoca moderna e la prima rappresentazione è avvenuta lo scorso 18 marzo a Pistoia, capitale italiana della cultura per il 2017 nonché città dello stesso Melani.

Nell’anno in cui Melani scrisse questa sua opera il melodramma esisteva da appena sessantotto anni, era quindi un genere ancora fortemente sperimentale e in costante mutamento: si avverte distintamente in Girello questa ricerca di nuove forme espressive e se ne colgono anche alcune debolezze a livello drammaturgico (pur risultando senza dubbio più vicino alla nostra sensibilità odierna che non una Traviata), tuttavia la squisitezza della fattura della composizione musicale, la forte caratterizzazione dei singoli personaggi e la grande intelligenza del libretto lo rendono uno spettacolo non solo godibile anche per il grande pubblico, ma anche un prodotto artisticamente rilevante e meritevole di interesse. 

Da sinista: Erminda (voce Jennifer Schettino), Odoardo (voce Riccardo Pisani) in basso da sx Jennifer Schettino, Riccardo Angelo Strano, Giorgio Marcello, Alberto Allegrezza, Riccardo Pisani

Sicuramente nel successo della rappresentazione ha giocato un ruolo determinante la lettura fornita dal M° Ipata, che ha anche curato la realizzazione orchestrale della partitura: scritta originariamente per due parti di violini e una parte di basso continuo, la versione presentata al Verdi comprendeva anche violone, violoncello, due tiorbe e clavicembalo, oltre che a un robusto rinforzo delle parti dei violini, orchestrazione che ha permesso di far emergere nettamente l’Orchestra Auser Musici, questa orchestra barocca dotata di grande eleganza nel suono, ben salda nell’intonazione e attentissima nel seguire (ed eseguire) le indicazioni di Ipata, in questa esecuzione di michelangiolesca autorevolezza, sempre attento al dettaglio, all’ornamentazione senza mai però perdere di vista la coerenza dell’insieme e – soprattutto – senza mai tradire le ragioni teatrali.

In buca era anche presente – eccezionalmente – il cast vocale, composto da cinque solisti che hanno interpretato i quattordici personaggi dell’opera. Haec tam parva manus è riuscita a compiere un vero piccolo miracolo perché, come ha detto il M° Ipata in una recente intervista, hanno dovuto fornire una “doppia interpretazione”: non solo si sono dovuti calare nei panni dei propri personaggi, ma anche nei movimenti delle marionette e senza poter vedere direttamente cosa accadeva in scena. 
Per quanto concerne il numero di panni da vestire, nessuno ne aveva di più del poderoso basso Giorgio Marcello, interprete di Girello, del Mago, di Filone e Plutone: capace di passare con nonchalance dal registro prettamente comico dell’eponimo dell’opera, a quello austero del Mago e a quello tronfio e pedante di Filone e giocando ecletticamente tra i vari piani crea un vero e proprio fil rouge che percorre l’intera opera. Ottimo il tenore Riccardo Pisani, che per l’occasione ha interpretato OrmondoOdoardo Inganno; possiede un timbro davvero interessante, non limpido e squillante come il tenore tradizionale, ma umbratile e velato, quasi mistico, molto bello e di grande effetto. A ulteriore merito, è giusto sottolineare l’intelligenza con cui si serve di questo timbro, senza mai forzare un determinato colore, ma anzi riuscendo a trovare un grande equilibrio all’interno dell’intera esecuzione.

Da sinistra: Girello (voce Giorgio Marcello), Ormondo (voce Riccardo Pisani), Filone (voce Giorgio Marcello), Mustafà (voce Riccardo Angelo Strano), Tartaglia (voce Alberto Allegrezza)

Parlando di tenori, una menzione speciale la merita senza dubbio Alberto Allegrezza, l’esilarante interprete di Tartaglia ma anche di Pasquella, la moglie di Girello: Allegrezza ha saputo camuffare e caratterizzare tanto la propria voce in entrambi i ruoli che molti degli spettatori anche a opera terminata non hanno capito che Pasquella e Tartaglia erano figli di una stessa voce. Cristallino nel timbro, irresistibile nell’interpretazione, Allegrezza è stato il pilastro fondamentale per buona parte dei momenti comici racchiusi nell’opera. Comici sì, ma sempre eseguiti con grazia magistrale, con un rigore formidabile che ha dato ottimi frutti.

Molto apprezzato dal pubblico anche l’interprete di Mustafà e Vendetta, il controtenore Riccardo Angelo Strano, in particolare nell’aria di Mustafà Chiedo, o Numi, a voi pietà. Dotato di mezzi e tecnica eccellenti, Strano aggiunge un quid in più con un’intensità nell’interpretazione che conta davvero pochi rivali, con una grande capacità di far vibrare esattamente le corde dello spettatore che lui vuole: una cosa è sapere che effetto si vuol ottenere, un’altra è sapere come ottenerlo e riuscirci.
Ultima ma non ultima il soprano Jennifer Schittino, unica donna del cast, che presta la voce a Doralba, Erminda Proserpina. La sua voce, splendidamente “barocca”, rappresenta il concretizzarsi della luminosità che senza di lei sarebbe mancata all’equilibrio generale del cast. 
In generale, ha molto colpito la poliedricità di questo strepitoso quintetto, versatile non solo nel rappresentare una moltitudine di caratteri differenti, ma anche nel far ricorso a tecniche ed espedienti del passato (ad esempio i coni a mo’ di megafoni per la voce del Mago) e al saper partecipare attivamente all’esecuzione orchestrale, come nel caso di Alberto Allegrezza che in molti passi strumentali ha eseguito anche parti al flauto dritto, proprio come i cantanti dell’epoca di Melani.

Al di là di tutto questo, è comunque l’allestimento scenico l’elemento che ha suscitato prima,  nei giorni antecedenti alla rappresentazione, curiosità e interesse e poi meraviglia e stupore, fin dal piccolo teatrino posizionato sul boccascena del Verdi: tutto è stato curato nei minimi dettagli, anche quelli che presumibilmente si possono ammirare soltanto con una visiona ravvicinata. Lo splendore dei fondali, delle stesse meravigliose marionette, il raffinato disegno luci di Franco Citterio, in ogni cosa si scorge la mano del compianto Eugenio Monti Colla, regista di questo Girello che ormai rappresenta il suo testamento artistico. Forse è anche il ricordo di questo straordinario personaggio che ha spinto i marionettisti della Compagnia a dare veramente il massimo, e lo si è visto: i movimenti delle marionette erano tutt’altro che freddi, persino avevano perso buona parte della loro proverbiale rigidezza. Non è un caso che sia una delle maggiori compagnie marionettistiche al mondo, tuttavia in questa rappresentazione dell’opera di Melani si è percepito un calore, una partecipazione che non poteva lasciare indifferenti: Franco Citterio, Maria Grazia Citterio, Piero Corbella, Camillo Consulich, Debora Coviello, Carlo Decio, Cecilia Di Marco, Tiziano Marcoleggio, Pietro Monti, Giovanni Schiavolin e Paolo Sette hanno reso un meraviglioso omaggio alla persona e all’opera di Eugenio Monti Colla. È per questo che agli undici marionettisti è andato un lungo e sentito applauso di tutto il pubblico e dell’orchestra.

Photocredit: Imaginarium Creative Studio

lfmusica@yahoo.com

Luca Fialdini
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