Debbo confessare che il passaparola di amici entusiasti mi ha convinto ad andare a vedere Napoli velata, il film di Ferzan Ozpetek. Anche perché sono stato da poco a Napoli, che mi è parsa bellissima, e volevo conferma delle mie sensazioni urbane. Ebbene l’ho avuta la conferma che Napoli è bella, ma ho avuto anche conferma che a me Ozpetek non mi piace: così mi sono tolto subito il pensiero. Però, se mi chiedete se vale la pena di vedere Napoli velata la risposta è certamente sì. E il motivo è Napoli stessa.
I vicoli e le piazzette del centro storico di Napoli sono uno spettacolo di vita e di architettura, di palazzi nobili, di facciate barocche, di corti plebee e vivaci sulle quali si affacciano balconi e finestre, da cui qualcuno – stanne certo -ti guarda più o meno discretamente. Certo gli intonaci sono sbrecciati, i muri imbrattati di scritte e graffiti, ma l’atmosfera è avvolgente, l’aria stordente. Specialmente la sera la luce gioca con le ombre, e nei palazzi si aggirano certi fantasmi. E poi oggi andare dove è stato girato un film fa tanto cineturismo…
Ebbene, Ozpetek aggiunge luci tagliate ed ombre scure alle inquadrature dei vicoli, cercando e ricreando un’aria di mistero, di magia e di magarìa pagana. L’atmosfera sessualmente ambigua e di mistero malavitoso si addice a Napoli, e il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino è molto di più di un pretesto per la trama del film. Il corpo del Cristo traspare da sotto il velo scolpito. Se il film di Ozpetek avesse anche solo il merito di fare conoscere questa meraviglia sarebbe da vedere.
http://www.museosansevero.it/it/cristo-velato/la-statua
La verità è velata, non sta in superficie. E quello che sta sotto il tuo vissuto non sempre corrisponde ai tuoi ricordi. E va bene, ma come ce lo racconta questo film?
Dicevo che mi ero lasciato convincere, superando i pregiudizi che avevo verso il cinema di Ozpetek, un felicissimo turco in Italia, che confeziona pasticci. Uscito dal cinema la pensavo come prima, forse peggio.
Le donne sono tutte belle, Giovanna Mezzogiorno, la spaesata protagonista, Anna Bonaiuto, Isabella Fearrari, scura di capelli e ambigua fino nelle pieghe delle labbra, Maria Pia Calzone, Luisa Ranieri, Lina Sastri, tutte all’altezza di fama e capacità. Il maschio, Alessandro Borghi, è bellissimo e pure bravo nelle due parti di Andrea, il morto ammazzato e di Luca, il doppio fantasma. Peppe Barra è perfetto nello stereotipo dell’omosessuale napoletano, sincero, affettuoso con femmine e femminelli, appassionato, colorato e depositario di una cultura antica, che trae forza da riti pagani di nascita e morte. Insomma Napoli velata sarebbe un bel film, a meno di un’imperdonabile mancanza di tatto verso lo spettatore, che viene ingannato subito, fin dalla prima sequenza. E l’inganno narrativo si scopre solo all’ultimo.
Ozpetek propone un’intreccio tutto sommato divertente e coinvolgente, confezionando un film che passa da una storia d’amore a forte contenuto erotico, al giallo con misterioso assassinio, per diventare thriller psicologico, cha tratta pure il tema del doppio, il tutto dentro l’affascinante scenario della città di Napoli.
Il plot è questo. Adriana (Giovanna Mezzogiorno) è un medico legale che nasconde un dolore passato. Incontra Andrea, seduttore impenitente e sciupafemmine che la seduce d’un botto. Fanno l’amore una notte intera, appassionatamente, torbidamente. Adriana ricomincia a vivere, accetta il prossimo appuntamento ma Andrea non si vede. Se lo ritrova morto e accecato sul lettino dell’autopsia. Qui inizia il giallo, il thriller, il noir e quant’altro genere cinematofrafico si voglia mescolare, fino all’epilogo che dovrebbe essere misterioso e inquietante.
Ma è proprio qui che vedo una mancanza di tatto del regista verso chi paga il biglietto. Il film inizia con una scena che si rivede nel finale ma col proprio epilogo tragico e vero. All’inizio, Giovanna Mezzogiorno (si presume Adriana), tenendo per mano una bambina piccola, spara a un uomo, che si vede appena, e lo ammazza. Nel finale del film si assiste alla stessa scena, ma allungata fino a farci capire che la giovane donna che spara è Isabella, madre tradita di Adriana, che invece è la piccola tenuta per mano. La quale, poverina, deve anche vedere la mamma che si butta dal terrazzo uccidenosi.
Confesso, mi sono inquietato: ma non come voleva il regista, ma perché lui mi ha confuso con un mezzuccio narrativo. I giocatori delle tre carte sono più abili con l’inganno: per tutto il film ho cercato di spiegarmi l’intreccio pensando che Adriana fosse un’assassina che avesse rimosso il ricordo e, invece… E invece Ozpetek mi stava fregando facedomi vedere platealmente una cosa per un’altra.
Lo avete mai visto Alfred Hitchcock fare un tale trucchetto? Io no.
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