L’avamposto della Crusca all’Internet Festival 2018

Tra linguaggio e tecnologia: la Crusca al passo con i tempi 

PISA (PI) – All’interno di Internet Festival 2018 è stato organizzato un appuntamento del progetto Avamposti. Con la collaborazione di  UniCoop Firenze, si è tenuto la mattina del 13 ottobre presso il Centro Congressi Le Benedettine l’incontro tra: il presidente  dell’Accademia della Crusca, professor Claudio Marazzini, la professoressa Raffaella Setti e la ricercatrice Stefania Iannizzotto. L’incontro, diviso in due parti, ha trattato nella prima parte il vocabolario ai giorni nostri, mentre nella seconda parte il rapporto tra la Crusca in quanto istituzione e la rete, in modo particolare il rapporto con i social network.

Il professor MarazzinCrusca Avampostii ha mostrato il lavoro che sta dietro ai dizionari tecnologici, prendendo come esempi il modello inglese (Oxford Dictionary) e quello spagnolo della Real Academia Española (equiparabile alla Crusca in Spagna). Ognuno di essi dispone di un corpus, ossia un’enorme raccolta di testi di ogni tipo (parlato, narrativa, giornali, riviste, ecc.), attraverso cui si creano le combinazioni lessicali; da queste, poi, vengono elaborate tutte le possibili definizioni in relazione alla parola che verrà scritta sul motore di ricerca.

Il più grande corpus al momento esistente è quello inglese, il British National Corpus (BNC), che conta più di 100 milioni di parole di testo.

A questo punto è stato posto un problema: cosa succede quando una parola non è presente nel corpus sebbene si sappia che esista? Emergono così i limiti della meccanizzazione linguistica in quanto la nostra è una lingua viva, continuamente soggetta al cambiamento. Il problema può essere risolto con l’inserimento manuale o, meglio, cosciente di ciò che manca. Da qui l’idea per cui la tecnologia, pur nella sua forma più sofisticata, sia alla fine solo un supporto all’intelligenza umana. La differenza fondamentale con le lingue morte si basa sul fatto che quest’ultime sono immobili, oramai immutabili, e di conseguenza perfettamente organizzabili attingendo da ogni fonte disponibile in un corpus.

Citando sul finire Umberto Eco (“La lingua dell’Europa è la traduzione”), il professore ha risaltato la necessità di tradurre e saper tradurre adeguatamente per diffondere il sapere, soprattutto quello scientifico; a tal proposito, infatti, la Crusca sta collaborando con istituzioni scientifiche, consolidando così il rapporto tra discipline apparentemente inconciliabili.

Crusca presidente

Prof. Marazzini – Presidente Accademia Crusca

Crusca

Professoressa Raffaella Setti

In seguito hanno preso la parola le altre due ospiti. Partendo da alcuni dati statistici, sono stati rivelati i dubbi sintattici/grammaticali e le domande più frequenti che gli utenti hanno rivolto all’Accademia. C’è stato spazio anche per una trattazione su come una parola in un determinato contesto culturale e tempo storico possa entrare stabilmente nei vocabolari. Come esempio è stato preso in esame il termine “petaloso”, una parola nuova inventata da un bambino a cui seguì un dibattito animato e mediatico che coinvolse in causa più parti, tra cui in prima linea la Crusca stessa.

Una parola nuova non entra nel vocabolario quando qualcuno la inventa. Perché vi entri bisogna che non sia conosciuta e usata non solo da chi l’ha inventata, ma anche da tante persone e che tante persone la capiscano. Se tale parola riuscirà ad essere diffusa a tal punto che in Italia cominceranno ad usarla nel parlato e nello scritto, essa sarà diventata una parola dell’italiano. A quel punto chi compila i dizionari inserirà la nuova parola fra le altre e ne spiegherà il significato. Quindi non sono gli studiosi – come chi fa parte dell’Accademia – che fanno i vocabolari. Quando una parola nuova emerge in questo modo, allora lo studioso capisce che quella parola è diventata una parola come le altre e la mette nel vocabolario.

Come conclusione dell’incontro, la dottoressa Iannizzotto, che gestisce i canali social dell’Accademia della Crusca, ha ripercorso le varie tappe che dal 2012 ad oggi hanno portato la pagina Facebook a raggiungere il traguardo di oltre 300.000 “mi piace”. Ciò è dovuto soprattutto al tentativo di alimentare un’interazione costruttiva tra utenti e ricercatori per garantire la migliore comprensione su larga scala, senza disdegnare l’ausilio di contenuti e riferimenti alla cultura popolare.

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Davide Sereni
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