Leonardo da Vinci si aggira intorno al Grande Museo dell’Eternità. Marcel Duchamp lo avvivina. I due si guardano riconoscendosi. Non sembra però che scorra buon sangue. Ma la conversazione deve cominciare. Non sarà un duello, si presume, ma senza dubbio uno scontro tra personalità forti.
DV: Dicono che voi mi somigliate.
MD: Chi io? a Voi? e chi lo dice?
DV: Molti, in ispecie oltre Oceano. Critici, collezionisti, gente danarosa, che compra oper d’arte, ma solo capolavori. Ma sapete, si dicono tante cose, del tipo… Leonardo e Marcel sono come i maggiori statisti dell’arte, per il fatto che io Voi avremmo una stessa mentalità.
MD: Lei mi da del Voi?
DV: Ovvio, che altro? Che ognuno parli come gli pare, anzi.
MD: Lei, Leonardo, non crede che tutti e due siamo stati più interessati al pensare che al fare? a me, poi, che mi ci voleva per fare? Bastava prendere…
DV: Una cosa bell’e pronta… Un orinatoio, mi si dice, e per Voi l’opera era fatta. Pensate, Signore, che io invece ci mettevo anni a fare una cosa, e spesso non la finivo nemmeno. Ma son calunnie, è che favevo tanti mestieri insieme e ricevevo altri e maggiori incarichi. E pagati bene, poi.
MD: Appunto, che importa fare? Occorre pensare. A fare c’è sempre tempo. Ieri come oggi. Oggi come ieri.
DV: Io ho quasi dipinto nulla, quelli di oggi ne contano una quindicina di quadri miei, saranno magari una ventina, ma di fatto ho pitturato poco. Poi, anche quelli di cui non ricordo se li ho fatti io o qualche allievo, Voi moderni li perdeste, li avete dispersi o nascosti, magari fingendo che siano falsi o copie. Dov’è che volevano mettere il mio Salvator Mundi? al caldo in Abu Dabi? Ma che idee avete voi moderni? e poi non lo so nemmeno io se è vero o finto.
MD: Nemmeno a me piaceva lavorare troppo. Giocavo a scacchi, era meglio, con il mio amico Man Ray… Guardi Da Vinci, lei dovrebbe sapere che molto del suo ricorrente successo si deve a un filmuccio americano, che gli attribuisce un sacco di segreti, di cospirazioni esoteriche e messe in campo dalla Chiesa, di avere nascosto una specie di Codice nelle sue opere.
DV: Non parlatemi di Chiesa, mi pare che anche oggi con la questione del sesso tra uomini siete messi male. A me, mi misero in galera, per questo, pensate un po’. Ma sono morto tra le braccia di un Re.
MD: E io no?
DV: Ditelo Voi. Che ne so io?
MD: Io no. Però che soddisfazione. Pensi lei che non ho nemmeno firmato la mia opera più famosa, la Fontana. L’ho firmata R. Mutt, un personaggio inventato, un pupazzo da cartoon. Ironia, ironia pura..
DV: Piuttosto, caro Marcel, c’è una questione di peli che non so se mi diverte o mi fa montare su tutte le furie.
MD: Baffi, intende o ciocca di capelli?
DV: Ambedue.
MD: Dei baffi mi sento orgogliosamente responsabile.
DV: Già, ma perché non li ha messi, che so… alla venere di Botticelli, quell’imbianchino…
MD: Leo, mi permette di chiamarla Leo, vero? Leo… che mi dice? non si vorrà mica paragonare a quel Sandro, disegnatore di poster con le donnine seminude?
DV: Quindi Voi, scarabocchiando la cartolina della Gioconda, mi avreste omaggiato?
MD: Di più: venerato, come un padre, come un Maestro. L’oltraggio, lo sberleffo… si fa alle icone, non ai mediocri. Le ho dato più forza e più potere. Lei per quanto grande sia, non finiva nulla, il tocco finale ce l’ho messo io!
DV: Messa così mi tocca dire OK, va bene… se non fosse il mio parlare antecedente all’americano.
MD: Quindi siamo amici?
DV: Non saprei, ancora. Ho come la sensazione… mi vede, così da vecchio, senza capelli, e con la barba lunga… ho come la sensazione che Voi mi abbiate strappato una ciocca di peli dal mento e un ciuffo di capelli dalla zucca…
MD: Ebbene…
DV: Si sente in colpa vero? E’ come se lei mi avesse tratto una ciocca di peli per farne i baffi da mettere alla mia bella Gioconda.
MD: Pensi Leo, che si celebrano i suoi 500 anni, e una cosa che fa molto discutere è che a Vinci, al suo museo, è esposta una ciocca dei suoi capelli. Molti dicono che sia un falso.
DV: E che conta per la nostra conversazione?
MD: Non so. Dica lei.
DV: Quando metteranno in mostra anche una ciocca dei vostri peli… allora sì che potrà dirsi mio amico e mio pari. Non prima, non prima…
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