Quando si pensa alla musica – colta – italiana, in prima posizione c’è sempre il melodramma, seguito con molto distacco dalla musica sacra e da un certo tipo di repertorio sinfonico-strumentale (principalmente di epoca classica); resta fuori dal podio un genere della produzione autoctona sostanzialmente ignorato: la musica da camera.
Concettualmente parlando, il repertorio cameristico è stato a lungo considerato – dal pubblico, dalla critica e dagli esecutori – come la versione scadente e poco interessante del repertorio concertistico (per la musica strumentale) o dell’opera (per il repertorio vocale). Questo ragionamento italianamente semplicistico ha portato a scaricare nel dimenticatoio i compositori non operisti, che non hanno scritto per chitarra o per violino e che sono nati dopo il 1799. Bisogna notare anche che spesso vengono obliate anche specifiche composizioni anche dei compositori salvati dall’impietosa memoria del pubblico (in pochi, ad esempio, conoscono la produzione cameristica di Rossini o di Verdi); pertanto apprendere che una realtà locale, seppure con un nutrito seguito, come la Fondazione Villa Bertelli di Forte dei Marmi abbia deciso di scommettere proprio sulla musica da camera – strumentale e vocale – italiana è un segnale incoraggiante: forse si avvicinano tempi maturi per un “disgelo” da parte del pubblico verso il repertorio cameristico.
Il programma di domenica 12 maggio che ha scandito l’esibizione del giovanissimo tenore Riccardo Lio e del Maestro Maria Giulia Lari, presentatasi sotto il duplice profilo di solista e pianista accompagnatore, ha presentato al folto pubblico alcuni autori che è davvero insolito trovare in ambito concertistico, in primis Stefano Donaudy e Francesco Paolo Tosti. Questi due autori sono legati nell’immaginario collettivo all’ambiente accademico: chiunque abbia mai frequentato una classe di canto sa che sono due passaggi obbligati per tutti i giovani cantanti; eppure, se si lascia da parte quel contesto specifico e ci si concentra sui singoli brani, è impossibile non notare la grande raffinatezza di questo repertorio, nonché la grande difficoltà che imponga agli interpreti. È proprio sulla raffinatezza che Maria Giulia Lari e Riccardo Lio, brevemente introdotti da Enrico Tongiani, hanno puntato: niente svolazzi, niente puntature non scritte, insomma nulla che possa turbare il perfetto equilibrio formale ed espressivo di queste romanze da camera. Volendo cercare il proverbiale pelo nell’uovo, il volume della voce poteva essere ancor più contenuto dato che si tratta di musica da camera eseguita in una camera da musica, un ambiente che non necessita di una presenza vocale massiccia.
Sulle prime Riccardo Lio si è presentato un po’ rigido e con qualche incertezza soprattutto nell’intonazione delle note gravi, cosa imputabile principalmente a una forte indisposizione: peccato, perché ha comunque dimostrato intuito musicale e una buona espressività. Decisamente migliore il resto del programma, affrontato anche con maggior serenità: meritano sicuramente menzione i tostiani Chanson de l’adieu, Sogno, Non t’amo più e soprattutto le felici interpretazioni di ‘A vucchella, ancora un brano di Tosti, e la celeberrima arietta Vaga luna di Vincenzo Bellini. Lio ha dimostrato grande attitudine per il repertorio cameristico, che potrebbe rivelarsi una strada intelligente da percorrere negli anni a venire (magari guardando anche al repertorio internazionale). Le basi sono senz’altro buone, adesso sta a lui costruire qualcosa su di esse.
Il discorso cambia per quanto riguarda Maria Giulia Lari: questa giovane pianista è già una sicurezza ed è particolarmente versatile, tanto che sta ottenendo successi tanto come solista quanto in formazioni, come si è potuto constatare anche nel concerto in esame. Elegantissima e mai invadente nell’accompagnare e sostenere il canto, il Maestro Lari ha saputo individuare la cifra stilistica di queste insidiose romanze da camera (alcune di queste, in particolare quelle di Donaudy, riservano delle sorprese interessanti nella parte affidata al pianoforte). Molto audace da parte sua scegliere per i momenti da solista brani pianistici di Gioacchino Rossini e Ferruccio Busoni: tra questi merita sicuramente un plauso l’esecuzione di Une caresse à ma femme, tratto dai Péchés de vieillesse di Rossini. Da segnalare anche lo splendido Preludio fluviale del compositore contemporaneo Tiziano Bedetti, accolto con grande favore dal pubblico.
Questo recente concerto, realizzato dalla Fondazione Villa Bertelli in collaborazione con l’associazione culturale Art’È, ha reso un servizio molto prezioso al proprio pubblico, offrendo un repertorio ormai quasi ignorato, ma che rappresenta un elemento fondamentale della musica colta italiana. C’è da augurarsi che si prosegua con questo indirizzo e nel segno della qualità, senza farsi sviare da facili proposte.
Photocredit: Luca Fialdini
lfmusica@yahoo.com
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