Camera con vista (A Room With A View, James Ivory, 1985)
Cinema & Toscana: una nuova rubrica nella quale per connettere il territorio toscano al grande cinema cercheremo di recensire alcuni film che hanno avuto come ambientazione i paesaggi, i panorami e le città toscane. Primo tra questi abbiamo scelto Camera con vista del regista americano James Ivory. Il soggetto del film è tratto dall’omonimo romanzo di E. M. Forster del 1908 mentre la sceneggiatura è stata adattata da Ruth Prawer Jhabvala, vincitrice del premio Oscar 1987 per la miglior sceneggiatura non originale.
Camera con vista è un film che si può dividere in tre parti: la prima e l’ultima girate a Firenze, quella centrale in Inghilterra, nella regione del Surrey. Protagonisti principali della vicenda, ambientata nel 1907, sono Lucy Honeychurch (Helena Bonham Carter) e George Emerson (Julian Sands). Lucy – con la cugina Charlotte – e George – con il padre – si trovano in vacanza a Firenze e alloggiano nel medesimo hotel, la pensione Bartolini. Il primo approccio con Firenze per la coppia di donne non è dei migliori, visto che si trovano in una camera che non ha una vista diretta sull’Arno. Fortunatamente, durante un pasto collettivo, la famiglia Emerson propone uno scambio di camere e così Lucy può ammirare per la prima volta il panorama rinascimentale di Firenze.
Questo scambio di camere è anche uno sguardo incrociato sulle estrazioni sociali delle due famiglie: Honeychurch di stampo conservatore, Emerson più libertaria. L’intreccio tra le due famiglie è soprattutto focalizzato sulla storia d’amore tra Lucy e George, che nasce, fa finta di morire e infine si eterna nei confini del capoluogo toscano, cristallizzata dal bacio finale degno di un’antica favola, ma che è ostacolata, durante il ritorno in Inghilterra, dalla presenza di Cecil (Daniel Day Lewis), il nuovo fidanzato di Lucy, letterato ed imbranato.
È giusto chiarirlo in anticipo; James Ivory – nonostante una brillantissima carriera – non è Peter Greenaway e neanche Stanley Kubrick o Ridley Scott; l’utilizzo che lui fa della storia dell’arte nella pellicola è un utilizzo a puri fini narrativi ed emotivi. Ma le modalità cinematografiche con cui indaga Firenze (entrando in Santa Croce, aprendo la panoramica su Piazza della Signoria, inquadrando le statue della Loggia dei Lanzi) sono assolutamente perfette per il tipo di film – commerciale, romantico, ironico – in questione. Grazie ad una fotografia luminosa e realista ma mai troppo spinta verso l’estetismo, Ivory riesce a far convivere istanze medieval-rinascimentali con i primi anni del ‘900, tenendo comunque in secondo piano la modernità. Ecco, Camera con vista è una commedia classica che riesce a far passare in secondo piano i vari focus del soggetto originale (differenza tra classi sociali di due famiglie reduci dalle contraddizioni dell’età vittoriana, la vita quotidiana nel Surrey all’alba del XX secolo, il perpetuarsi del rito del grand-tour fuori tempo massimo) per amplificare al massimo una storia romantica – a lieto fine – che riesce a scardinare barriere personali ed ostacoli creati da una società lontana “soltanto” cento anni dalla nostra.
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