L’avevamo già incontrato in un precedente numero di TuttoMondo. Lui si chiama Nico Bruchi – in arte Lopez – e questo mese ci parla del suo ultimo progetto: una ricerca fotografica sul cangiante universo dell’acqua.
Bruchi si è appassionato all’elemento tanto da dedicargli mesi e mesi di appassionato studio, allo scopo di approfondirne le infinite possibilità estetiche, simboliche e metafisiche. Un percorso che l’ha portato a sperimentare tecniche fotografiche sempre diverse, sviluppando una capacità di adattamento non dissimile a quella del soggetto immortalato. Gli scatti convoglieranno in un libro di prossima pubblicazione.
Come un frutto alchemico nato dalla collisione fra l’interiorità e il fluido molecolare, le immagini di ACCUA – questo il titolo del progetto – ci parlano di mare e di fiume, di lago e piscina, mettendo il liquido a confronto con l’uomo o mostrandocelo cristallizzato nella purezza dell’istante.
A volte la contempliamo pacifica e intrisa di luce dorata. In altri scatti è aperta a guisa di vagina in gorghi spaventosi là dove il mare si frange sulle rocce. Altrove stentiamo a riconoscerla, perché Bruchi ha rovesciato la prospettiva, oppure ha allungato l’esposizione, come per proiettarci nell’eterno divenire che la anima, illuminando un microcosmo nascosto.
Ma che il soggetto sia il suo cane, fissato in un momento di spasmodica felicità durante un gioco d’acqua, o la sfrenata potenza di un’onda, le foto sembrano accomunate da una luce che osiamo definire mistica, e che sembra alludere, sfiorandola, alla misteriosa capacità generativa e rigenerativa in grado di creare la vita. Infinite le sue possibilità. Centinaia gli scatti che hanno cercato di afferrarne l’essenza.
Come è nato il progetto ACCUA?
Per puro caso, la scorsa estate. Ero in vacanza in Trentino, in camper, con dei miei carissimi amici e i nostri meravigliosi cani. Fotografavo una cascata con un teleobiettivo: non avevo mai provato a farlo prima e le immagini che ne uscirono mi colpirono moltissimo. Non mancando sorgenti d’acqua in Trentino passai il periodo a fotografare acqua in diverse situazioni. Fu un bellissimo momento, del quale conservo un importante ricordo. Oggi è circa un anno che lavoro a questo progetto. Sento che manca ancora tantissimo e penso continuerà a ossessionarmi a lungo. Più che un progetto, direi che si tratta di una ricerca. Non solo fotografica: dentro ci sono disegni, studi, parole, esperienze, intuizioni…
Perché hai deciso di misurarti proprio con questo elemento naturale?
Perché è l’elemento a cui da sempre sono più legato. Perché è bellezza. Perché approfondendolo nascono percorsi introspettivi che portano a scoprire legami tra sé stessi e la natura: è come una continua crescita, o un risveglio alla nostra vera natura.
Nasciamo immersi in acqua e passiamo i nostri primi 9 mesi nella “piscina” che i nostri genitori, con amore, realizzano nel ventre della donna che da qual momento prende il nome di madre. Compone per più del 70% ogni essere umano. Aiuta a trasmettere le informazioni necessarie alla vita. Decide il destino di tutti noi. La domanda che mi sto ponendo sempre più è “Come ho fatto a non sentire prima il desiderio di approfondire questo elemento indispensabile?”
Cosa cercavi? Come ti sei mosso per raggiungere il traguardo?
Come dicevo, vedo ancora lontane le conclusioni. Sto cercando me stesso. Voglio riuscire a vedere chiaro su quanto l’acqua smuova in noi sensazioni, rifletta sentimenti e regali psichedelica fantasia e creatività.
Mi spiego meglio: Esamoto, un ricercatore giapponese, studiando l’acqua affermò che essa contiene la memoria più pura e storica dell’evoluzione della terra. Vide che questa rispondeva a tutta una serie di input e aveva reazioni differenti a seconda dei casi. Noi tutti sappiamo che questo elemento ha caratteristiche incredibili. Assume le forme che vuole, reagisce ai cambi di temperatura, alla luce, a qualsiasi cosa. Grazie alla sua caratteristiche riflettente l’essere umano è riuscito a vedersi specchiato e a prendere consapevolezza delle proprie sembianze. Ci regala benessere, ci permette di vivere.
Dove lei manca, la vita scarseggia. Non è certo l’unico elemento fondamentale alla vita, ma assolutamente, dal mio punto di vista, è il più affascinante e necessario al cambiamento. Voglio ascoltare, leggere l’acqua per ispirarmi e dare una direzione alla mia vita. Credo fortemente che riusciamo ad adeguarci e a cambiare noi stessi soprattutto grazie alle caratteristiche insite nell’acqua che ci portiamo dentro.
Quali luoghi hai scelto per gli scatti?
Tutto va secondo il momento e la necessità di approfondire certi aspetti. Alcune scatti sono stati fatti in studio o in laboratorio, altri in piscine, mari, fiumi, laghi. Amici e supporter mi stanno aiutando a trovare nuove location dove l’acqua si è comportata in maniera straordinaria. Non cerco uno sfondo, quanto una condizione che riveli l’influenza dell’elemento su ciò che lo circonda. Tra non molto lascerò la parte naturalistica e mi dedicherò ad un aspetto meno felice: lo sfruttamento di tale risorsa da parte dell’essere umano. Girerò per fabbriche, acquedotti e situazioni in cui si utilizza l’acqua a fini commerciali. Non che io creda di trovare molte ispirazioni… ma vorrei mostrare una differenza: quella tra l’ambiente naturale e la sua denaturazione. Per il momento, il posto più bello in cui mi sono imbattuto, oltre al mare (che adoro) è Tremptower Park a Berlino, un posto meraviglioso che nasconde una poesia incredibile.
Perché ACCUA e non ACQUA?
Quel “CQ” caratteristico ed esclusivo della parola non mi è mai piaciuto. Più che altro è una questione grafica ed estetica. Anche questo per me è importantissimo. Dovendo partire da zero mi sono permesso di fornire il mio punto di vista anche sul nome. Così è più semplice… e si ricorda molto bene!
Quanti scatti hai collezionato finora?
Oltre 150. Quelli che si trovano online sono solo delle anteprime. Alcune, forse, verranno inserite nel volume, perché hanno ispirato citazioni e pensieri di persone a me care che voglio elogiare. Mi sono accorto che l’acqua fa viaggiare chiunque. Ci sono infine riflessioni e disegni da aggiungere.
Quali sono i tuoi preferiti e perché?
Li adoro tutti, perché tutti fanno parte di esperienze bellissime e momenti di condivisione con amici e natura che porterò nel cuore fino alla morte.
Alcune foto sembrano voler fissare in una particolare forma l’elemento in divenire. In altre, pare di scorgere il tentativo di usarlo per distorcere o confondere la prospettiva dell’osservatore. Che ruolo hai, come fotografo, al momento dello scatto? Pensi già a chi osserverà la foto mentre la scatti?
Che bella domanda! No, non penso all’osservatore, mai. In quel momento io cerco di ascoltare il momento e di entrare nella situazione, distaccandomi da tutto. Come quando si prende fiato per immergerci sotto un onda, cerco di dissociarmi dalla tecnica: so che tutte le conoscenze fotografiche acquisite verranno da sé e che l’unica cosa giusta su cui concentrarsi è il momento. Poi il cervello, inconsciamente, elabora modalità di scatto. L’inquadratura è fondamentale. La luce pure. La consapevolezza che quel momento sarà irripetibile mi accende il desiderio di viverlo profondamente. Spesso ci sono intorno a me amici, ma quando capito in bei posti, dove si può fare il bagno… be’ diciamo che non risulto proprio di compagnia. Il ruolo del fotografo è sempre quello di osservare e trasmettere il proprio punto di vista. Questo è il tipo di fotografia che piace a me. Se escono scatti bizzarri è perché in quei momenti ho ritenuto interessante esaltare le distorsioni della realtà o la confusione.
Che tecnica usi per scattare? Quale procedimento segui?
Le tecniche variano caso per caso. Certe volte uso tecniche di still life con supporto di luci e flash. Altre volte, le tecniche base della fotografia. Ripeto: non sono mai tenute di conto. Cerco lo scatto e, di conseguenza, il più velocemente possibile sfrutto la tecnica migliore per ottenere il risultato sperato: come nel basket, quando una squadra riprende possesso di palla, ogni mossa viene calibrata a seconda delle circostanze che si presentano di fronte ai giocatori. Non è che ogni schema funziona sempre allo stesso modo, ma se ne abbiamo memorizzati una moltitudine, una via per far canestro la si trova anche senza cercarla.
Che tipo di macchina fotografica usi?
La mia macchina (che adoro) è una reflex Canon rinominata ANO (ho tolto la C e la N, dopo che in tanti mi avevano fatto questa domanda…). Non credo sia la macchina che fa la foto. Oggi giorno poi…
Ti sei ispirato al lavoro di altri fotografi?
No. Non lo faccio mai, in quanto perderebbe di unicità. Mi ispiro alla natura, come sempre. Quando non so come andare avanti, vado nella natura, la ascolto, e lì trovo ogni risposta per sbloccare la situazione.
Che cosa ti ha trasmesso l’attenta osservazione dell’elemento acqua?
Sto capendo molte cose. Ad esempio, quanto tutti le siamo poco riconoscenti. Quanto ci regali, senza mai chiedere niente in cambio. Sai quando ti tuffi al mare in estate per la prima volta, dopo un inverno freddo e riesci a rilassarti, rinfrescarti e nascono sentimenti emozionanti? Be’, ogni volta vivo momenti del genere. A noi è consentito galleggiare per natura, questa è una metafora che porto nel mio cuore e mi dà speranza. Comunque, leggete il libro e ne verrete a conoscenza! La finalità del progetto è la condivisione di questi miei – e non solo miei – punti di vista.
Esibirai le foto in una mostra o le metterai in vendita?
Farò la mia prima mostra personale.
Metterò stampe fine art in vendita per riprendere un po’ di soldi investiti e ripagare le spese di stampa. Vorrei fare tutto in maniera indipendente per poterlo curare al meglio.
Come intendi sviluppare il progetto?
La risposta è: in freestyle!
Non voglio mettere paletti, andrò dove la corrente mi porta e poi arriverà un momento in cui sentirò di aver risposte a sufficienza, qualcosa da poter raccontare.
Da quando hai iniziato è cambiato qualcosa nel tuo rapporto con l’acqua?
Tanto. Giorno dopo giorno provo sempre più amore e riconoscenza verso l’elemento. Godo nel berla, godo nel lavarmi, nell’immergermi, nel galleggiarci, nel permetterle di rinfrescarmi, di piovermi addosso. Capisco che mi regala sempre infinite emozioni e che è sinonimo di poesia anche quando provoca tragedie. Mi sta insegnando quanto la natura sia l’unica grande madre e quanto noi dovremmo rispettarla. Sempre più mi accorgo che devo tutto all’acqua.
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