Acqua, acquasanta e acquasantiere
Talvolta nascoste in atteggiamento quasi umile, talaltra esibiscono fiere i proprio “riccioli” di marmo rievocando orgogliosamente il nome delle mani che le scolpì. Parliamo delle acquasantiere, che spesso collocate in un angolo o immediatamente alle spalle di chi entra in chiesa, restano un po’ dimenticate e con esse anche il loro grande pregio storico-artistico.
Da segnacolo tombale etrusco ad acquasantiera. Non è stato così per la celebre acquasantiera conservata poco fuori da Pisa, nella Badia di San Savino di Montione (Cascina), che agli occhi degli studiosi rivelò da subito la sua antichità e particolarità. Si tratta infatti di un caso di riutilizzo di due segnacoli funerari a forma di clava (o pisani) di epoca etrusca. L’unione del fusto marmoreo del primo cippo (decorato con un ormai quasi svanito motivo a onde correnti al limite in cui questo si congiunge alla calotta) e la calotta in alabastro del secondo, scanalata e decorata con un motivo a fiore di loto che corre lungo tutto il perimetro, ci ha lasciato davvero un unicum nel suo genere.
Acquasantiere “griffate”. Ma di preziosi gioielli come questo non se ne trovano molti. E’ più comune che le acquasantiere siano state realizzate in armonia stilistica con la chiesa che le ospita, o che siano state aggiunte a posteriori, magari durante i restauri, seguendo il gusto predominante del tempo. Il produttivissimo Vasari, nonostante fosse immerso nella mole immensa di lavoro del cantiere di restauro della Piazza dei Cavalieri e del Palazzo della Carovana prima, e nella progettazione della Chiesa di Santo Stefano poi, non volle perdere d’occhio proprio niente, tanto meno la progettazione dell’arredo liturgico. Non potendo far tutto, si dovette accontentare di disegnare gli abbozzi dei candelabri sacri, degli altari di marmo (oggi perduti), dell’incorniciatura lignea delle tela da lui dipinta (la Lapidazione di Santo Stefano), e non ultimo, anche delle acquasantiere, scolpite dal Giovanni Fancelli nel 1568. Il complesso virtuosismo cui il progetto del maestro aspirava, venne smorzato per la difficoltà di esecuzione. Nonostante ciò, quel che è rimasto è sempre degno di nota già osservando la base dell’acquasantiera, ornata di stemmi stefaniani alternati da arieti alati, sulla quale si imposta un fusto molto elaborato si ed una vasca di dimensioni generose in mischio di Seravezza.
Una costellazione di piccoli tesori. Oltre a queste più famose acquasantiere, ricordiamo la grande “costellazione” in Pisa e nella sua provincia, di vasche per l’acqua benedetta rimaste anonime ma di indiscusso valore storico. Per citarne alcune ricordiamo quella conservata nella Prepositura di Santa Maria e San Giovanni a Cascina, ornata da arieti angolari e da un curioso animale a quattro zampe posto al centro e non ben definito, risalente all’XI o XII secolo, oppure quella più o meno coeva a forma di mortaio, custodita nella chiesa di San Miniato di Marcianella decorata sia internamente che esternamente da palmette dal fusto a torciglione e rosette entro piccole archeggiature. Girovagando per il territorio è possibile trovarne davvero di tutte le fatture e di tutte le epoche. Ma le più curiose e simpatiche le abbiamo “scovate” fuori Pisa.
Acquasantiere che strappano un sorriso. Le acquasantiere, si mostrano alle volte seriose, dei veri biblia pauperum di marmo (come quelle che adornano il duomo di Siena realizzate da Antonio Federighi nel XVI secolo) e stracolme di significati allegorici; ma altre volte sembrano invece essere state create proprio per strappare un sorriso in un luogo sacro ed austero. Nella chiesa di Sant’Anastasia a Verona sono stati condannati a portare sulle spalle le due acquasantiere della chiesa due simpatici telamoni; uno, detto “il Pasquino” con la testa poggiata sul braccio, giace condannato al suo destino, stremato sotto il peso della pila di destra; il secondo sulla sinistra, piegato come un punto di domanda, sembra voler lasciare cadere la pila dalla sua schiena da un momento all’altro. C’è poi chi ha deciso di farsi più furbo mollando il peso e schiacciandoci un pisolino sopra, come ad Aversa (CE) nella Real Casa dell’Annunziata.
Angeli gentili e puttini scherzosi. Più frequenti anche nelle nostre chiese di quartiere, sono gli angeli di marmo, lieti di porgere l’acqua dentro a un catino con la quale segnarti, sempre sorridenti e ad ali spiegate; più giocosi invece i puttini, la cui testa sembra pronta a sparire dopo la piccola marachella di aver messo un “pesciolino” nell’acqua, come accade nella chiesa dei Santi Cajetan and Maximillian a Salzburg in Austria. Ci auguriamo che non scapperete come diavoli di fronte tutti questi contenitori di acqua santa, come vorrebbero fare i diavoli di Rennes le Chateau, costretti a sorreggere sul capo vasche ricolme di acqua benedetta. Piuttosto, mandateci le vostre foto e testimonianze se anche nella vostra più vicina chiesa si nasconde qualche prezioso gioiello.
Acquasantiere da capezzale. Una tradizione secolare, diffusa specialmente nel sud Italia, vede addirittura la presenza sopra ogni capezzale o all’ingresso di ogni abitazione (un po’ come in chiesa) di una piccola acquasantiera in ceramica piena di acqua benedetta a protezione della casa e dell’unità familiare. A Caltagirone, in provincia di Catania, della produzione di questi oggetti di uso privato e non, se ne fece una vera e propria industria artistica, raggiungendo l’apice dell’esuberanza decorativa nel Settecento arricchendo le “scenette” di santi ed angeli (all’ inizio molto scarne) poste sopra la piccola vasca, con brillanti policromie e ricche composizioni di frutta, simbolo di abbondanza e benedizione per l’intera famiglia.
Daniela Farina
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