Arrigo Boito è senza dubbio una delle figure più misteriose e affascinanti del teatro musicale italiano: lettore appassionato, onnivoro, musicista colto e infiammato, formidabile «fabbro del parlar materno», tutte queste anime si intrecciano nella personalità di Boito. Naturale, quindi, che abbia solleticato l’attenzione di molti studiosi (anche se, a onor del vero, gli studi boitiani non sono così numerosi come ci si potrebbe attendere).
In questo senso una delle voci più autorevoli – con riferimento al panorama nostrano ma anche internazionale – è indubbiamente Emanuele d’Angelo, ricercatore in italianistica e docente presso l’Accademia di Belle Arti di Bari, che ha dedicato molta parte della propria attività proprio agli studi su Arrigo Boito. Tra le sue pubblicazioni è doveroso ricordare, seppur brevemente, l’edizione critica dei libretti del Pier Luigi Farnese (Aracne, Roma 2014), della prima stesura dell’Ero e Leandro (Palomar, Bari 2004), e – soprattutto – della prima stesura del Mefistofele (Marsilio, Venezia 2013), inoltre d’Angelo è autore della voce «Arrigo Boito» nell’Encyclopedia of Italian Literary Studies (Routledge, New York, 2007) e, non per ultimo, del testo che abbiamo selezionato oggi per voi: Arrigo Boito drammaturgo per musica. Idee, visioni, forma e battaglie (Marsilio, Venezia, 2010).
Il volume, impreziosito da una gustosissima prefazione di Michele Girardi, costituisce un’attenta analisi non tanto dell’attività di Boito ma del suo universo, di come esso si sia gradatamente plasmato e sviluppato: i suoi esperimenti sulla lingua, gli studi che lo porteranno a padroneggiare completamente e definitivamente la compenetrazione tra linguaggio letterario e musicale, il tutto narrato soprattutto attraverso un “viaggio” tra cinque libretti che segnano altrettante e importanti tappe all’interno dell’iter boitiano dall’Amleto fino all’insolito Iràm, passando per Mefistofele, Otello, Gioconda e Pier Luigi Farnese.
L’aspetto che forse colpisce immediatamente il lettore, anche a una rapida e superficiale lettura, è l’estremo rigore cui d’Angelo sottopone il proprio lavoro: nulla viene dato per assunto se non è supportato da fonti, prove e fatti. La ricchezza di riferimenti testuali e bibliografici, che costellano si può ben dire ogni pagina del testo, è tale da rimanerne ammirati. Bisogna anche osservare che, in questo modo, il testo si pone come un sicuro punto di riferimento per tutti coloro che, studenti o ricercatori, desiderino porre al centro dei propri studi tanto la librettistica del secondo Ottocento italiano in generale quanto il letterato Arrigo Boito in particolare, tanto più che l’acuto occhio di Emanuele d’Angelo penetra molto in profondità nel corpus boitiano, arrivando persino a “smontare” ogni libretto pezzo per pezzo, verso per verso, parola per parola. Molto interessante, peraltro, il suo attento e francamente giusto studio della metrica in rapporto ai tempi musicali (difatti l’analisi linguistica non abbandona mai la comparazione del testo poetico in relazione con l’elemento musicale).
In conclusione, tra tutto ciò che sarebbe opportuno dire su un testo di tale pregevolezza, è necessario evidenziare un aspetto estremamente importante: nonostante il suo essere un libro di studio, da studio, colto, acuto, carico di riferimenti, dalla bibliografia più che curata, Arrigo Boito drammaturgo per musica è un libro bello, appassionante come un romanzo, che infiamma lo spirito e che in ogni pagina – anche quelle più ponderate e tecniche – riesce a trasmettere la dedizione e l’amore di Emanuele d’Angelo verso la propria professione e verso quello straordinario uomo che fu Arrigo Boito.
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