Intervista con Alberto Gabbrielli – Cinema Arsenale
Appena prima della chiusura estiva, abbiamo incontrato Alberto Gabbrielli, direttore e co-fondatore, assieme a Daniela Meucci (da poco scomparsa), del cinema d’essai e cineclub pisano per eccellenza: il cinema Arsenale. Ci siamo fatti raccontare storie ed aneddoti sul passato, sul presente e sul futuro di questa eccellenza pisana. Buona lettura.
Come prima domanda mi piacerebbe tornare al 1982, anno di fondazione della sala. Come rispose la città di Pisa all’apertura di questa attività legata saldamente al tessuto urbano del centro storico?
Quando abbiamo aperto il cinema, l’unico locale aperto a Pisa dopo le 21 era l’Amaltea. Noi abbiamo inaugurato insieme alla DABBE, pizzeria e birreria di Via San Bernardo, quindi la sera aperti c’eravamo noi, la DABBE e il ristorante. A Piazza Garibaldi si andava per parlare di politica, non per bere birra. Gli studenti, in quegli anni, non avevano da fare molto, non c’era la movida di oggi e la risposta fu favorevole. Tuttavia ci volle qualche anno per essere apprezzati in pieno, perché il nostro cinema era una novità assoluta. Nei primi anni eravamo tosti, facevamo solo film della storia del cinema, niente seconde o terze visioni; erano anni pesanti dal punto di vista dei contenuti, ma con ottime risposte. Poi, pian piano, abbiamo cominciato ad ammorbidire la programmazione, con prime visioni e seconde visioni. Quindi si, eravamo recepiti bene, ma la frequenza di pubblico non era colossale. Siamo nati così: come un gruppo di ricerca sulla storia del cinema.
Se tu dovessi riassumere i 33 anni di vita del cinema Arsenale in una manciata ricordi, flashback, incontri memorabili, cosa ne verrebbe fuori?
Sono molto fiero d’aver intercettato il buon cinema italiano privo di distribuzione prima che diventasse popolare. Abbiamo fatto lo stesso col cinema americano. Quando abbiamo proiettato Le Iene, ad esempio, Tarantino non era famoso. Avevamo capito che era un grande regista, ma vennero in pochi. Oggi sono fiero di averlo diffuso in tempi non sospetti. Per quanto riguarda le persone, mi ricordo un episodio a proposito di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet, due registi italo-franco-tedeschi, provenienti dalla Nouvelle Vague e amici di Godard. In Italia non li conosceva nessuno. Noi li abbiamo ospitati spesso, e siamo riusciti, insieme all’Università, a organizzare eventi ogniqualvolta presentavano una pellicola. Durante una loro proiezione, un signore dal pubblico disse: “in alcuni dei vostri film sembra d’intravedere alcune inquadrature di Wim Wenders.” E Straub, sorprendendo tutti, rispose: “chiedilo pure a Wim, che è seduto qui”. Era venuto apposta dalla Germania, capisci? Per assistere all’incontro in incognito. Alcune eccellenze del cinema mondiale sono passate dall’Arsenale come spettatori, e questa è una cosa di cui possiamo essere orgogliosi. All’inizio della nostra attività venne Jean Marais, un grande del cinema e del teatro francese. Quello che rivendichiamo è l’intreccio internazionale originatosi in seguito a certe nostre iniziative. Non abbiamo mai cercato l’evento mondano, però l’evento mondano si è creato automaticamente.
Prima hai citato l’Università. Ultimamente nel cartellone ci sono molti docenti che introducono ed analizzano i film che proiettate. Questa cosa è nata in anni più recenti oppure c’è sempre stato questo connubio con i docenti anche all’inizio della vostra attività?
La collaborazione c’è sempre stata. Sandra Lischi e Lorenzo Cuccu sono sempre stati nostri amici, anche prima che nascesse l’Arsenale. Con l’Università, 10-15 anni fa, abbiamo stipulato delle convenzioni e abbiamo cercato un rapporto non solo di amicizia col docente, ma anche istituzionale. Il legame adesso è più stretto: avanziamo delle proposte e a volte l’Università fa delle proposte a noi. L’ultima è stata sul Don Giovanni. Diciamo che la collaborazione l’abbiamo cercata e voluta sia per un arricchimento culturale, sia per avere maggiori conoscenze tecniche e altri approcci alla materia.
Rimaniamo sulla città di Pisa. Secondo te quali sono stati i risultati della Settimana del Cinema svoltasi in città lo scorso Aprile? Sono stati raggiunti degli accordi con i produttori presenti in città?
Secondo me l’evento è stato capito poco. Questo incontro poteva rivelarsi un’occasione importante per la città. Non per piazzarsi come location (cosa che il Comune ha provato molto a fare) perché i produttori intervenuti non erano la Warner Bros o la Paramount, quelli che ti producono James Bond e portano in città 16 milioni di dollari per girare una scena di inseguimento sul Lungarno. Erano i piccoli produttori che possono portare un grande arricchimento culturale, e conseguentemente economico. Quindi l’occasione che il Comune avrebbe dovuto sfruttare riguarda i contenuti culturali. Pisa è una città con una tale storia che potrebbe divenire un centro attrattivo per tanti piccoli produttori. Se pensi soltanto ad affittare la location hai sbagliato target, perché allora devi fare un incontro con i big. Le cose che ci siamo detti in quelle riunioni sono state di grande importanza e interesse, ma solo per gli addetti ai lavori. Se invece l’ente locale avesse costruito una scuola di cinema di alta specializzazione, allora quell’incontro sarebbe stato importantissimo, in quanto luogo dove formare nuovi produttori e cinematografari. Per ora non siamo riusciti a farlo, ma abbiamo delle speranze per il futuro.
Tuttomondo parla principalmente di Pisa, ma occasionalmente ci occupiamo anche degli eventi delle provincie limitrofe. Per questo motivo vorrei che tu ci raccontassi della genesi della collaborazione che si è inaugurata quest’anno con il Lucca Film Festival e delle varie altre collaborazioni con i festival italiani e non.
Cerchiamo collaborazioni con tutti i festival importanti. Fra le nostre aspirazioni c’è quella di portare una sezione del Festival di Venezia a Pisa. Abbiamo alle spalle un paio d’anni di collaborazione col professor Cuccu, e una retrospettiva della Nouvelle Vague. Nei festival si vedono le cinematografie meno viste, e a volte più belle: a noi interessa molto coltivare il rapporto con questo genere di eventi. Spesso è difficilissimo, perché i film, nei festival, sono blindati. Il regista o il produttore li concedono in esclusiva perché ci vogliono guadagnare. Dato che il cinema è un’industria, non è semplice instaurare una collaborazione, però ci proviamo. Abbiamo sempre collaborato con Europacinema di Viareggio, quest’anno inglobato nel Lucca Film Festival.
Com’è noto, durante l’estate, l’attività del cinema Arsenale si sposta fuori dalle quattro mura di Vicolo Scaramucci. Quali sono le attività che state pianificando o che avete già pianificato per questa estate?
Quest’anno organizzeremo eventi all’Arena Estiva di Lucca, e questa è una novità. Per fortuna adesso i comuni fanno i bandi: spesso li vinciamo, ma il guadagno è secondario. Quindi offriamo di più, e se guadagniamo un po’ di meno, non ce ne importa. Inoltre abbiamo avanzato diverse proposte ai Comuni di Montescudaio e Cecina, e un mini-festival di sei giorni sul cinema italiano, proposto al Comune di Vicopisano: un cinema all’aperto con il nostro schermo gonfiabile. Continueremo a collaborare con Tirrenia e poi spero che il Comune di Pisa metterà a gara il Giardino Scotto. A me interessa la sua valenza culturale, non economica. Capisco che il Comune voglia mettere a frutto a livello economico un luogo, ma sarebbe per me importante che la vocazione restasse lo spettacolo.
Un altro fiore all’occhiello che il cinema Arsenale presenta nel proprio programma è la collaborazione con la Cineteca di Bologna per la proiezione di pellicole restaurate della storia del cinema italiano ed internazionale. In che modo si sono sviluppati i rapporti con questa istituzione?
Noi siamo amici della Cineteca di Bologna sin dagli esordi, perché siamo nati prima, insieme al Lumiere di Bologna, che era un cineclub come il nostro. L’Emilia Romagna ha investito molto più della Toscana nel cinema: è andata oltre, ha trasformato il Lumiere in una cineteca e in una struttura che reperisce e restaura film antichi. La collaborazione è stata automatica e spontanea.
Premettendo che la mia formazione universitaria storico-artistica mi ha sempre portato ad amare la cartellonistica cinematografica, ho visto che sul vostro sito è presente un grande archivio di locandine e manifesti cinematografici che vendete. Sarà possibile in futuro vedere mostre in spazi appositi o una riscoperta di questo stile d’illustrazione ancora poco storicizzato in Italia?
Su questo stiamo collaborando con l’Istituto d’Arte: vorrei parlare agli studenti di manifesti cinematografici nell’ambito del progetto alternanza Scuola-Lavoro. Certi manifesti sono stati realizzati da grandi artisti, all’Arsenale è venuto Jean-Michel, illustratore che ha collaborato con Polanski, Allen, Tarkovski. Ci ha regalato alcuni suoi lavori. Utilizzare il nostro archivio per allestire mostre è una delle nostre aspirazioni. Già lo facciamo: nell’ingresso dell’Arsenale, per ogni ciclo di proiezioni dedicate a un autore, esponiamo tutti i manifesti di quell’autore.
Avete qualche evento legato al calendario del Giugno Pisano?
Il Giardino Scotto, se vinciamo la gara, può essere legato al Giugno Pisano. Poi è probabile una serata in collaborazione con il Museo nazionale degli strumenti per il calcolo dedicata al cinema degli anni ’80. Comunque non abbiamo mai fatto partecipazione al Giugno Pisano, perché è una cosa che si fa per le strade e noi facciamo attività qui dentro, senza contare che a Giugno siamo chiusi.
Ci sono già nella tua testa o in quella dei tuoi collaboratori, progetti, incontri, retrospettive che avete intenzione di portare a Pisa per la prossima stagione?
Dovremmo portare tutti i lavori di Xavier Dolan, escluso Mommy. Parteciperemo all’Internet Festival. Il 14 ottobre proietteremo La bambola di carne di Ernst Lubitsch con la musica dal vivo. Continuerà la collaborazione con la clinica psichiatrica insieme alla Professoressa Dell’Osso, e vorremmo invitare Pippo Delbono, fare un ricordo di Nanni Loy, Tatti Sanguinetti, continuerà il Cinema Ritrovato e poi porteremo i film Yasujiro Ozu.
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