LUCCA – Martedì 5 aprile alle 21 al Lucca Film Festival 2016 è stato proiettato in anteprima mondiale Ballad in Blood, il nuovo film di Ruggero Deodato, il primo dopo 22 anni di assenza dagli schermi cinematografici. Ad accompagnare il regista erano presenti il giornalista Paolo Zelati e soprattutto il cast del film composto dagli attori Carlotta Morelli, Noemi Smorra, Gabriele Rossi con l’importante presenza di Claudio Simonetti, compositore e tastierista di fama mondiale.
Con la sua ballata insanguinata Deodato torna al cinema nel modo più spregiudicato e libero possibile. A distanza di 3 anni dalla prima stesura della sceneggiatura, dovuta ai mancati finanziamenti ministeriali (poi fortunatamente concessi), Ballad in Blood si presenta ai nostri occhi come una storia verosimile ma non vera, realistica ma non reale; in sintesi il modo migliore per parlare del contesto in cui viviamo evitando le loffie riletture di stampo televisivo che invadono i palinsesti dei canali generalisti. Ovvi sono i rimandi alla cronaca nera dell’ultimo lustro (primo su tutti il “caso Meredith”), ma Deodato non usa la cronaca per fare del cinema, bensì il cinema per raccontare un certo tipo di realtà e una condizione mentale, morale e fisica. Ambientato nel periodo dei festeggiamenti di Halloween, Ballad in Blood si apre con un carosello carnascialesco virato sul versante sessuale, ricalcando quello che fece Stelvio Massi con il suo z-movie Arabella l’angelo nero. I protagonisti del film sono quattro giovani studenti universitari (Jacopo, Lenka, Elizabeth e Duke) che dopo un festino a base di alcool, droga e sesso, scoprono il corpo di Elizabeth esanime. Da questo punto in poi Deodato ci mostra una realtà giovanile amorale, fatta di sesso usa e getta, abuso di droga e violenza fine a se stessa. E riesce in questa operazione molto originale, mostrandoci tutti gli aspetti del vizio ed evitando facili vie d’uscite o di redenzione.
Proseguendo diritto nella sua strada, Deodato è estremo nel suo realismo: a 76 anni torna sulle scene con uno dei suoi film più scabrosi (tralasciando ovviamente i suoi film del filone cannibalistico) che mantiene una cura dell’immagine – ottima la fotografia – e del sonoro a livelli molto alti per essere un prodotto fatto con un budget risicato. Claudio Simonetti ha composto un’ottima colonna sonora ben bilanciata tra rock d’impronta carpenteriana e soluzioni melodiche e orchestrali. Il giovane team di attori si è dimostrato all’altezza della situazione. Deodato in questo frangente è stato un vero e proprio maestro: nel dibattito che ha seguito il film, il regista ha confessato la difficoltà nel primo giorno di lavorazione di Carlotta Morelli a spogliarsi e soprattutto quella di Edward Williams di parlare a voce sostenuta. Solo grazie al suo carisma e alla sua capacità di rapportarsi con le giovani generazioni Deodato è riuscito a portare a casa un buon risultato corale e un buon film di genere.
Oggi che il genere italiano, inteso come prodotto popolare di industria cinematografica ramificata, non esiste più, Deodato aveva paura a tornare sul grande schermo, aveva paura di non sapere cosa raccontare e come raccontarlo ed è solo tramite un certo tipo di realtà, che non è quella piatta e patinata delle fiction, che è riuscito a rendere Ballad in Blood un film con scene memorabili, molto sangue, molto sesso e una riflessione critica sull’attuale stato di un certo tipo di gioventù libertina e amorale che in parte si ricollega a quello che il regista ha affermato in chiusura del dibattito: «Ai ragazzini hanno tolto la morte, non esiste la morte e poi in televisione dicono che le giovani generazioni non hanno il futuro. E allora questi che devono fare? Solo drogarsi?». In sintesi, Ballad in Blood è un’opera al nero con un buon numero di frecce avvelenate nel proprio arco.
Tomas Ticciati
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