Bent: un lungo applauso come unica risposta

PISA – Una scenografia minimale per uno spettacolo potente. Tutto ciò che non riguarda il plot è minimale: scenografia, luci, musica e nonostante questo o, forse, proprio grazie a questo lo spettacolo ha una forza naturale a cui contribuiscono gli interpreti e indubbiamente la drammaturgia.

Bent narra la vicenda, tratta da una storia vera, di tre omosessuali, e sopratutto del loro viaggio e della loro prigionia a Dacau.

Il sipario si apre su un palcoscenico che vede solo pochi mattoni, una doccia e una pedana di legno. Questi pochi oggetti scenici, abilmente usati dagli attori – diretti da Lorenzo Tarocchi in maniera preciso e puntuale – sono sufficienti a evocare tutti i diversi ambienti in cui si svolge la storia: l’interno della casa di Max e Rudy a Berlino, il treno per Dacau e il campo di concentramento.

Max, un giovane tedesco, convive con il ballerino Rudy in una Berlino dei primi anni trenta dove l’omosessualità, pur vietata, è tollerata anche in ambiti insospettabili.

Ma dopo la notte dei lunghi coltelli e l’arresto di Ernst Rohm, Max e Rudy vengono arrestati e mandati a Dacau. Sul treno, Max riesce a sopravvivere negando la propria omosessualità mentre Rudy viene ucciso.

Dacau è un’inferno tanto che «riuscire ad avere solo una stella gialla è una conquista» e «dopo gli omosessuali, nessuno è trattato male come gli ebrei».

Max qui conosce Horst, un prigioniero fiero del proprio triangolo rosa (riconoscimento imposto agli omosessuali). Max riuscirà a far cambiare lavoro a Horst e i due si trovano così in uno spiazzo limitato davanti da un reticolato elettrificato e dietro da una fossa comune di cadaveri. Max e Horst devono spostare pietre da un lato all’altro del piazzale e, alla fine, ricominciare nel verso opposto, per tutto il giorno e tutti i giorni. «Uno dei lavori migliori del campo – dice Max – l’unico rischio è quello di impazzire». E’ così, che tra i due, pian piano, nasce una folle e intensa storia d’amore. L’amore, come unico viatico contro la pazzia, la fame, il freddo, il caldo.

La musica sottolinea i passaggi da uno stato all’altro e i momenti più significativi. Gli interpreti (Henrj Bartolini, Gabriele Giaffreda, Alessio Nieddu, Alessandro Novolissi, Francesco Tasselli e Davide Arena) sono magistrali e riescono a trasmettere molto di più delle parole che pronunciano, lo spettatore si trova, così, coinvolto nel profondo. “Bent” muove emozioni intense e viscerali ma nonostante il forte coinvolgimento emotivo emergono chiaramente gli importanti rimandi storiografici: la notte dei lunghi coltelli, la petizione del 1922 per non criminalizzare l’omosessualità, il locale gay Eldorado chiuso dai nazisti nel 1933.

Il protagonista Max riesce, innamorandosi di Horst, a riacquistare la propria dignità a non lasciarsi annullare dalla tortura e dalla prigionia e alla fine rivendicherà la propria libertà e la propria personalità indossando la giacca con il triangolo rosa e scegliendo di morire con quella in dosso.

Come molti sapranno a Pisa lo spettacolo è stato preceduto da incomprensibili polemiche che invocavano addirittura la sospensione dello stesso e invitavano i genitori a non far partecipare i propri figli alla visione di Bent, nel merito di ciò, pur essendo d’accordo con il direttore artistico del teatro Silvano Patacca che ha deciso di non rispondere a tali provocazioni ci limitiamo a ricordare che chiedere la sospensione di una forma d’arte come uno spettacolo teatrale evoca tristi e passate censure che non vogliamo dimenticare. Pensiamo anche che i genitori che tanto si preoccupano dei loro figli non sempre conoscono il mondo e la realtà in cui questi vivono e l’applauso spontaneo a scena aperta partito proprio dalla platea dei ragazzi a fine di una bellissima e commovente scena di amore tra Max e Horst è indubbiamente l’unica e la più bella risposta a tutti i comunicati e le polemiche che hanno preceduto lo spettacolo.

Bent

da Martin Sherman
regia Lorenzo Tarocchi
aiuto regia Cristiana Ionda
con Henrj Bartolini, Gabriele Giaffreda, Alessio Nieddu, Alessandro Novolissi,  Francesco Tasselli, Davide Arena
scene e luci Eva Sgrò 
costumi Tedavì ‘98
produzione Associazione Culturale Masaccio
con la collaborazione di Amnesty International Italia

visto giovedì 26/01/17 al Teatro Verdi di Pisa 

 

 

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