Cari fottutissimi amici (Mario Monicelli, 1994)
Cinema & Toscana: goliardia, guerra e boxe tra le colline toscane
Se nella stessa frase compaiono le parole “amici” e “Mario Monicelli”, la mente di qualsiasi appassionato di cinema si posizionerebbe, molto probabilmente, all’altezza di un vero e proprio caposaldo della settima arte tricolore chiamato Amici miei. Niente di più sbagliato, visto che il film trattato oggi sarà il poco conosciuto, Cari fottutissimi amici.
Per la realizzazione del film Monicelli si affida a un personaggio un po’ speciale, che ha qualcosa da spartire anche con gli “altri amici”: Rodolfo Angelico. Quest’uomo, fiorentino di 89 anni, che ha da sempre portato avanti l’idea che la storia di Amici miei nasca dai suoi racconti ed aneddoti (anche se ufficialmente il soggetto è firmato Pietro Germi, Benvenuti e De Bernardi), è l’autore del soggetto di Cari fottutissimi amici: una storia ambientata nel 1944 tra Firenze, le colline fiorentine e senesi. Una storia di guerra senza la guerra. Una storia di sventurati ed inesperti boxeurs, più che di soldati, alla ricerca di qualche soldo, un po’ di cibo ed una libertà che tutto il paese stava cercando di riconquistare. Siamo sempre nei dintorni della commedia picaresca monicelliana (da L’armata Brancaleone a I picari, passando per Bertoldo, Bertoldino e… Cacasenno) che lega la storia – la vicenda comica e sportiva del gruppo – alla Storia – la liberazione dell’Italia.
I personaggi descritti da Monicelli sono umanità vere, burbere, ingenue, un po’ arriviste e menefreghiste, maniache e spontanee. Attorno a un ex pugile, a metà fra il capobanda e l’impresario fallimentare, come Paolo Villaggio (che durante i primissimi anni ’90 tentava di “rifarsi la verginità” con Fellini, Wertmuller, Olmi e Nichetti), si radunano personalità come Massimo Ceccherini al primo ruolo da co-protagonista, Giuseppe Oppedisano, Vittorio Benedetti, Marco Graziani e il soldato nero Elijah Raynard Childs; mentre la parte femminile è ben rappresentata da due tipi opposti di femminilità: Antonella Ponziani e Beatrice Macola.
Nel film sono presenti alcuni rimandi diretti alla goliardia tanto presente nell’opera omnia del regista: basti pensare allo scherzo delle patate nel negozio dell’orologiaio, della finta fucilazione partigiana (forse il momento più drammatico dell’intera pellicola), del campo minato, fino al finale beffardo nel quale la compagnia perde tutto quello che aveva racimolato. Un parte interessante che ben descrive il senso di comunità e umanità di quel periodo (ancora non proprio) post-bellico è quella girata durante la festa di piazza nel borgo di Monteriggioni: tra incontri di boxe maldestri, truffe al poker e incontri di natura sessuale, Monicelli azzecca perfettamente la messa in scena e le caratterizzazioni di personaggi che non si prendono troppo sul serio.
Molti sono i film che hanno parlato della Seconda Guerra Mondiale, molti sono i registi che hanno saputo trasformare la drammatica realtà storica in immagini dallo spessore cinematografico, pochi invece sono coloro – come Mario Monicelli – che hanno saputo inglobare la drammaticità dei fatti per costruirci attorno delle piccole situazioni che non intaccano l’afflato epico della narrazione, ma lo aggiustano con tocchi di ironia, cialtroneria e sboccataggini toscane.
Il film fu presentato alla 44° edizione del Festival di Berlino e in quell’occasione Monicelli ebbe a dire che l’invito alla kermesse berlinese non lo emozionava poi più di tanto, trovava curioso che un film comico venisse accettato in un festival di quel tipo. E parlando del momento storico raccontato, il regista lo ricordava come “un momento di grande vitalità e gioia forse irripetibile. Non c’era una lira ma si andava speranzosi verso la Prima Repubblica”.
Concludendo, e restando sull’argomento politico, vi lascio con una curiosità. Salta fuori una dichiarazione di Paolo Villaggio (candidato alle elezione politiche del 1994 nelle liste dei Radicali) che durante la presentazione del film affermò le seguenti parole: “se ho accettato di candidarmi alle prossime elezioni, è perché temo che la destra, Forza Italia e compagnia, possano riportare nella società italiana il costume e i pregiudizi di cui, a partire dal 1944, ci siamo liberati con tanta fatica”. Chissà come la prese male il buon Villaggio quando scoprì che il partito di Pannella era un alleato del blocco delle destre, Forza Italia compresa, risultato vittorioso alle urne.
- “Il cinema dipinto”, l’arte pittorica e cinematografica di Enzo Sciotti - 22 Settembre 2017
- L’anarchia antifascista di Giannini e Melato nel classico della Wertmüller - 21 Agosto 2017
- I Rhapsody con il loro tour d’addio alla Festa dell’Unicorno - 22 Luglio 2017