Moltissime le notizie che ci pervengono dal mondo antico in fatto di pietanze. Possiamo ritrovare, infatti, una variegata quantità di cibi impiegati in differenti cerimonie, da quelle regali a quelle funebri. Alcuni cibi però venivano utilizzati al fine della buona riuscita di una performance sessuale. Tutto quanto concerne i cibi afrodisiaci è frutto di una vera e propria cultura dell’erotismo, basti pensare che se ne hanno notizie a partire dal mondo classico.
Tutti i più grandi poeti greci e romani di quel periodo cantarono, nei loro versi, le lodi di un gran numero di alimenti dei quali se ne ritenevano portentose le proprietà afrodisiache.
Nel mondo greco erano molto utilizzati a questo scopo cipolle, tartufo, uova e miele ma, più di ogni altro, ostriche, storione, pesce e crostacei. Questi ultimi in particolare meritano un attimo di riflessione. Il mondo ellenico è, per definizione, la culla della metafora che, negli ambienti artistico-culturali, veniva utilizzata in ogni sua forma, basti pensare alla letteratura e ai miti. Poiché il mare aveva dato i natali ad Afrodite, la Dea dell’amore, si riteneva che i cibi derivanti da questi fossero intinti della sua essenza e quindi degli ottimi afrodisiaci. In quel periodo, in Grecia, erano tanti coloro che frequentavano i luoghi della sfrenatezza, ossia locali adibiti al sesso, anche di gruppo ed ovviamente in queste occasioni è confermata la presenza del cibo. In particolare, durante queste pratiche, erano di primo consumo uva e peperoncino.
Più tardi, nel mondo romano, furono prediletti alcuni altri cibi che si andarono ad aggiungere ai precedenti, senza tuttavia prenderne il posto. Sotto la protezione della Dea della caccia Diana, i romani eviravano le carcasse degli animali uccisi per poi mangiarne i genitali. Il lupo, l’asino e il cervo erano quelli ritenuti più possenti degli altri sotto il profilo sessuale, dunque mangiarne l’apparato riproduttivo avrebbe trasferito una parte della dote.Infine, nel medioevo, fu introdotto nella lista degli afrodisiaci il cervello di piccione. Non se ne conoscono le ragioni, pur essendo confermata l’attendibilità della fonte.
In oriente, intanto, stavano prendendo piede oltre alla varietà di spezie che da sempre sono ritenute un ottimo eccipiente, le pinne di pescecane, i testicoli di tigre ed il prelibato corno di rinnoceronte. Questi ultimi accompagnati con puree di estratti vegetali.
È interessante analizzare come delle pietanze potessero diventare un passpartout per il desiderio. Requisito fondamentale, da quanto abbiamo capito, era la potenza. Il gusto amaricante di alcune spezie, non certamente adatto a tutti i palati, pietanze consumate crude che alcune bocche disdegnano, organi di animali che al sol pensiero fanno accapponare la pelle.
Con l’avvento e la diffusione delle religioni molti degli alimenti sopracitati, nel corso dei secoli, divennero sacri, e come tali non commestibili.
In particolare, le tre grandi religioni monoteiste sancirono una divisione netta per quanto riguarda la sacralità del cibo.
Il pesce, ad esempio, con l’avvento del cristianesimo assunse un significato religioso e ne vennero quindi tralasciate le proprietà afrodisiache.
L’ebraismo, in particolare il chassidismo, fornisce un regolamento per la cucina e l’assunzione di cibi. Il latte, ad esempio, viene utilizzato per nutrire i neonati sancendo quindi l’inizio della vita, mentre le carni costituiscono l’esatto contrario derivando dalla morte degli animali. Carne e derivati del latte per questo motivo non possono essere assunti contemporaneamente.
L’islamismo, invece, pone dei limiti per quanto concerne la pratica di macellazione della carne. Favorita è la pratica halal che, dopo determinate fasi, garantisce il completo dissanguamento dell’animale, poiché in questa religione nutrirsi del sangue costituisce un peccato tra i più gravi.
Con l’avvento delle religioni, dunque, alcune pratiche divennero eretiche, ossia non affini alle convenzioni che esse ponevano. Si abbandonò quasi del tutto la pratica culturale sebbene, come già detto, una parte ne rimase invariata.
In altre, non mancano curiose contraddizioni; nell’induismo, ad esempio, rimase praticata la caccia alla tigre ad uso afrodisiaco, ma fu riconosciuta la sacralità della mucca, perché in essa venivano viste personificate alcune divinità, quasi a connubiare nella religione stessa rito sacro e profanità del sesso.Già menzionato, il peperoncino assunse, e in vero assume ancor oggi, un primato nel mondo dell’erotismo, rimanendo estraneo all’influenza delle religioni e delle norme culinarie. Dal mediterraneo all’habanero, dal capezzolo di scimmia allo scorpion, il peperoncino è considerato, a tutti gli effetti, l’alimento più afrodisiaco del mondo.In un modo o nell’altro i cibi hanno sempre influenzato l’uomo e la sua cultura, continuando a farlo anche oggi. Questo Natale, dunque, non vi è che l’imbarazzo della scelta: cimentarsi in un banchetto classico, come la tradizione vuole, oppure una fantasia di cibi afrodisiaci , magari un banchetto di ostriche, crostacei ed una buona dose di peperoncino che, dal primo al dessert, di certo non guasta mai.
Nicola Di Nardo
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