Conosciamo l’Associazione L’alba
Dalle buone pratiche del volontariato a promozione sociale e a impresa sociale
“Fa che il cibo sia la tua medicina”
Ippocrate
Forse, fuori Pisa, non tutti troverebbero immediato il collegamento tra Problemi Mentali e Cucina. E forse, anche a Pisa, non tutti sanno quanto questo collegamento sia diffuso e rintracciabile: esso è ormai una realtà consolidata sul nostro territorio.
Per coloro che non hanno ancora indovinato a cosa alludo, questo mese, ho intervistato la presidente dell’Associazione L’Alba Diana Gallo.
Visitando i locali dell’associazione (e testandone più volte la cucina) ho colto a pennello l’apertura recente del nuovo locale “Il ristorante Del Cuore”, nell’omonima via in centro storico di Pisa.
Personalmente, come capirete anche dall’ultima domanda, soffro di un disturbo della personalità e quindi sono molto vicino a questa tematica, ma trovo davvero interessantissimo e geniale la compenetrazione di questi due ambiti (disturbi e cucina). Entrando nel ristorante, parlando e venendo a contatto con molti lavoratori, tra cui anche la cuoca del ristorante Valeriana, ho costato che il lavoro, la possibilità di avere una vita attiva, sono le componenti fondamentali per riuscire nel superamento la malattia e reinserirsi nella società.
Valeriana, ad esempio, grazie ai gruppi di auto-aiuto, inventati e consigliati dal professor Lenzi, è riuscita a superare una sindrome di depressione cronica maggiore e, dopo aver tentato il suicidio, è tornata ora alla libertà, ad amare la vita, e a cucinare per tutti i clienti gli ottimi, a mio avviso, piatti che spero anche voi vorrete assaggiare al circolo.
Entro da una piccola porta ad arco, in quello che sembra un antico chiostro, davanti c’è un piccolo spazio verde ben curato, e poi, attraverso porte a vetri, mi appare il ristorante del Cuore.
Alle pareti moltissimi quadri astratti.
Dopo aver mangiato una gustosa “Pasta con radicchio, gorgonzola e noci” incontro Diana Gallo.
Innanzitutto vorrei sapere come è nata l’idea di passare da un circolo come il vostro con l’attività di auto-aiuto, ad un’attività commerciale vera e propria come quella di gestire un ristorante. Perchè avete scelto l’ambito della ristorazione come possibile lavoro per i vostri membri ?
L’idea era quella di creare uno spazio in cui socializzare, creare eventi, portate avanti una buona cultura e buone pratiche di lavoro in salute mentale, a partire dalla promozione e diffusione dei gruppi di auto-aiuto e della cultura dell’auto-aiuto. Gli utenti non sono persone passive, che ricevono e subiscono un servizio, delegando ad altri la loro cura e responsabilità di guarire, ma persone attive, che prendono in mano il loro progetto di cura collaborando con i professionisti, attivando al meglio le loro potenzialità per tornare a svolgere una vita il più normale possibile.
L’apertura di un Circolo in pieno centro storico gestito da facilitatori sociali ( ex-utenti che sono stati formati ad operatori grazie a fondi FSE – Fondo Sociale Europeo) aperto a tutta la cittadinanza, rappresentava per noi la normalizzazione del “folle” in una persona con particolarità e fragilità da includere in società, non da nascondere e ghettizzare, ma da inserire. Con la convinzione che la riabilitazione si fa non nei luoghi di cura, ma nei luoghi di vita. In sintesi, quindi, il lavoro dei ristoranti nasce dalla necessità di aggregare intorno alla buona tavola tutti, chi dal disagio ci era passato e chi no, in un clima di convivialità e di buon cibo, di amore per il cibo, di cura per le menti e per i corpi, con la convinzione (ed io concordo) che non ci sia miglior spazio conviviale e di socialità se non quello di un buon pranzo o una buona cena. Attorno alla buona tavola si sono prese le decisioni più importanti di questo mondo, si sono appianate divergenze, risolti conflitti internazionali. Sedersi e mangiare insieme è un atto sacro, che unisce, che sana: il cibo è la nostra migliore medicina.
Con Valeriana inoltre si è deciso di aprire un vero ristorante scommettendo sulla qualità dei cibi, facendo sì che le persone ci scegliessero per l’alto valore sociale, ma anche per quello che eravamo capaci di fare alla pari di altri ottimi ristoranti sul territorio. Così col tempo siamo arrivati da essere solo un’associazione di volontariato all’impresa sociale Rubedo Srl, che non ha divisione di utili e dove tutto viene reinvestito nella creazione di nuovi posti di lavoro e nuove prospettive ( vedi rimessa in piedi del BIG FISH fatto tutto a nostro carico). Il lavoro della ristorazione è vario e complesso, carico di responsabilità, ma anche molto creativo e socializzante: spazia dal lavoro di sala – che ha vari livelli di competenze – a quello in cucina, che è più faticoso e ha un margine di tourn-over più alto. Il tutto offre un’ampia opportunità per creare percorsi di inserimento al lavoro, che in alcuni casi portano all’assunzione vera e propria.
Vorrei sapere quando e perché vi siete avvicinati alle malattie mentali. Raccontateci la genesi del gruppo. Ci sono iniziative simili in Italia?
Il primo gruppo di auto-aiuto a Pisa nasce nel 1993 in Clinica Psichiatrica grazie al Prof. Lenzi Alessandro che da allora ci ha sostenuto e accompagnato nella nostra crescita organizzativa, come professionista esterno e membro del Comitato Tecnico Scientifico, responsabile della attività di ricerca scientifica che abbiamo svolto e supervisore della stessa nonché curante di alcuni membri.
I gruppi al tempo erano misti con utenti, familiari, medici, infermieri e inizialmente passavamo il tempo a discutere su cosa funzionava per la cura e cosa no… Fino a che gli utenti si emanciparono, chiedendo di fare gruppi da soli e così nacque il vero auto-aiuto quello svolto da membri con stesse problematiche.
Nel 1997 entrai in gioco io come allora studentessa di Riabilitazione psichiatrica, e mi innamorai dei gruppi. Nel 1999 uscimmo dai locali della Clinica per andare a fare il primo gruppo esterno in Corso Italia nell’allora sede del Comitato Arci Pisa che ci ospitò in una stanza per una volta la settimana. Nel 28 Gennaio del 2000 si fondò l’Associazione L’Alba con un organismo direttivo e una struttura interna che nel tempo è cresciuta e si è sviluppata dando vita a tutto quello che oggi esiste.
Il Nome L’Alba è un acronimo e significa Luce, aiuto, libertà, bisogno, amicizia: è stato inventato da Valeriana e da allora ci battiamo per portare avanti valori di solidarietà, di bene comune, di trasformazione di vissuti dolorosi in esperienze di vita ecc… Il gruppo per me era l’unica esperienza di riabilitazione che vedevo in clinica e per questo mi ci innamorai: da futura riabilitatrice, vedevo che le persone di settimana in settimana cambiavano, pensavano, condividevano, erano tutte sulla stessa barca e cercavano di aiutarsi.
Di strada ne abbiamo fatta: abbiamo professionalizzato la conduzione dei gruppi, creato un metodo di lavoro con il servizio pubblico, implementato i gruppi che adesso sono 9 e che ospitano una media di 8-10 persone a gruppo. Abbiamo visto passare migliaia di persone che hanno giovato del nostro lavoro e fatto ricerca .
Ci sono altre esperienze in Italia di gruppi di auto-aiuto e non solo in salute mentale perché la tecnica del self-help si può utilizzare per ogni problematica.
Di associazioni ombrello che hanno utilizzato la forza dei gruppi di auto-aiuto e dato vita a servizi di ristorazione e turismo sociale cogestiti dagli utenti sinceramente non ne conosciamo
L’iniziativa ha avuto sicuramente molto successo, tant’è che adesso avete aperto un nuovo locale, ma qual’è stato secondo voi l’elemento che l’ha determinato? La storia che ci sta dietro? La cucina? L’ambiente e il clima conviviale?
Sicuramente tutti questi fattori, la verità delle storie e delle esperienze che ci stanno dietro, il clima conviviale, il condividere con le persone che vengono a mangiare le nostre storie, la buona cucina, la bellezza degli ambienti che abbiamo ristrutturato con gusto e sobria dignità, il continuo voler crescere e mettersi in discussione, la realtà dinamica, fluida e vivace in sintonia con la contemporaneità, costruire, credere ed investire su un sogno condiviso nonostante i tempi di crisi economica e emotiva, sperando che altre realtà ci imitino, diventando così un modello.
Come molti ristoranti, avete deciso di faremenù e prezzi differenti tra pranzo e cena: il pranzo è caratterizzato da un menù a prezzo fisso, molto economico, e invece che impronta avete dato alla cena?
Il pranzo è il classico menù da lavoro economico e veloce, buono e di qualità e con ampia scelta, sia al ristorante del Cuore sia al Big Fish, dove è attivo un self-service per il pranzo, la sera abbiamo dato un’impronta di cucina antica al Cuore, naturale al Circolo e al Big Fish pesce, in prevalenza, ma anche piatti vegetariani, spesso con verdure del nostro campo. I nostri due chef sono Valeriana Ammannati al ristorante del Cuore e Giampiero Buttafuoco al Ristorante del Big Fish e al Circolo.
Visto che siamo all’inizio dell’estate parliamo anche dell’altra vostra attività, lo stabilimento balneare Big Fish: quand’è nata l’idea? Come sta andando? Fate anche dei campi solari? Come al ristorante, abbinate varie iniziative culturali: ce ne vorreste raccontare qualcuna?
L’idea sta andando molto bene, ci vengono a trovare da tutta Italia per imitarci e prendere ispirazione e da tutta la Regione per fare un po’ di mare. Poi dall’apertura facciamo anche i campi solari lavorare con i bambini è un altra bella opportunità per fare integrazione, cultura, prevenzione, informazione. Un’altra attività importante è il nostro bel laboratorio di ceramica. Molte altre iniziative potete vederle nel programma di giugno.
Che progetti avete per il futuro?
Intanto per il futuro abbiamo il progetto di far funzionare bene e sempre meglio tutto quello che abbiamo costruito, compreso il servizio del Catering del Cuore che ha potenzialità altissime e che ancora non è sfruttato come potrebbe. Poi quello di far lavorare in contemporanea tutti e tre le attività poichè quest’ estate 2014 non siamo riusciti ad aprire il Circolo se non per eventi programmati dato che i costi di gestione sono comunque molto alti e dovevamo rientrare degli investimenti fatti. Il progetto del Circolo L’Alba che era già partito è quello di fare una cucina naturale, puntando sul vegetariano. vegano, ma non solo, sul cibo che cura e su piatti particolari di cui si spiegheranno le proprietà con eventi culinari appositi e corsi di cucina e di educazione alimentare. Per lo Stabilimento Balneare vorremmo continuare la gestione negli anni e riqualificare l’area Il bagno ha grandi potenzialità e potremmo farne una struttura che lavora per l’intera annualità ma occorre continuare gli investimenti e lo faremo solo dopo aver condiviso la certezza di una assegnazione più lunga e duratura. Abbiamo altre idee che ci piacerebbe realizzare per completare la filiera dei servizi e delle strutture ricettive, ma non le sveliamo per mantenere il mistero e la curiosità e per un pizzico di scaramanzia che ci vuole sempre.
Per concludere, dato che anche io ho un disturbo ossessivo-compulsivo e quindi sono molto attento ai disturbi mentali, vorrei che spiegaste ai nostri lettori, l’importanza che può avere per un persona che soffre di tali disturbi l’integrazione con la società, l’occupazione della mente (che deriva dall’avere una vita attiva), ma soprattutto il sapere di avere molte persone vicino?
La malattia mentale crea isolamento, i sintomi obbligano la persona ad una gabbia dorata in cui si ha l’illusione di sentirsi sicuri, ma in cui si soffre moltissimo, si soffre perchè non si riesce più a vivere una vita fatta di imprevisti, di rischi, di opportunità, di successi, ma anche di batoste, di amori, di amicizie, di bene, ma anche di momenti tristi, non si riesce più a vivere. La malattia è una “prigione del corpo e dell’anima”, è bio-psico-sociale ovvero ha radici biologiche, psicologiche, ambientali e le sue cause sono sempre complesse così come è complesso il processo che porta alla guarigione. Spesso la persona scivola nella patologia mentale senza rendersene conto. Ed entra in un subdolo vortice fatto di sintomi che interferiscono con la normale vita di ogni giorno, rendendo la vita della persona grigia e fatta di emozioni e pensieri negativi. Anche per un familiare stare accanto, aiutare senza strumenti è molto difficile. Per questo è importantissimo che la persona sofferente di disturbi mentali non si isoli, per non farla scivolare ancor più nei suoi sintomi, per non permettere alla malattia di cronicizzarsi.
Per cui guarire è possibile, si può guarire ma non da soli e la vicinanza di persone che vogliono il nostro bene e l’esempio di chi ci è passato prima sono quanto mai preziosissimi poiché si basano sull’assunto” lui ce l’ha fatta ce la posso fare anche io” (la logica dell’auto-aiuto). Ma tutto questo non si fa da soli, è molto poco probabile che una persona colpita da una patologia conclamata riesca ad uscire da questa sofferenza da sola, certamente è la persona stessa che deve compiere il percorso di uscita dalla malattia e questo richiede una dose di impegno, di volontà e di collaborazione con i curanti, con il percorso condiviso.
Per tutti questi e molti altri motivi ritengo sia fondamentale aiutare e integrare queste persone, che spesso ancora oggi ricevono molta poca considerazione dalla società
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