Una sedia e una poltrona.
Nient’altro sul palcoscenico, oltre a Martina (Marina Romondia – ndr) che passa dall’una all’altra raccontando la sua storia. Martina ha 17 anni, poi, attraverso i ricordi la vediamo bambina e poi di nuovo grande. Gli anni passano e Martina diventa adulta, ma le uniche costanti della sua vita rimangono sempre quelle, le stesse: il gioco e la nonna.
Martina è una giocatrice compulsiva, soffre di ludopatia e l’unica persona presente all’evolversi della tragedia è la nonna.
Sabato 24 ottobre alle 19 è andato in scena in Prima Nazionale alla Città del Teatro di Cascina ” RienNeVaPlus ” di e con Marina Romondia regia di Nicoletta Roberto Braccitorti.
Lo spettacolo ben costruito attraversa con maestria tutte le varie fasi del gioco: vincite, perdite si alternano indifferentemente. Ma che cos’è il gioco? “Martina sembra non aver dubbi; è il brivido. La straziante tensione verso il piacere, il momento di sospensione che precede l’appagamento del desiderio. Questo è ciò che Martina ricerca su tutto e al quale tutto è pronta a sacrificare” dice la regista Nicoletta Roberto Braccitorti, e così via fino alla catarsi finale, l’unica possibile: RienNeVaPlus.
Alla fine dello spettacolo abbiamo incontrato Marina Romondia e le abbiamo rivolto qualche domanda.
Ciao Marina, questo spettacolo, RienNeVaPlus, è il tuo primo spettacolo? Prima di parlare dello spettacolo raccontaci chi è Marina Romondia, pisana, poco più che trentenne, come e quando è iniziato il tuo rapporto con il teatro e quando hai deciso di trasformare la tua passione in una professione?
Si, RienNeVaPlus è il mio primo bambino….ed io sono una poco più che trentenne che ha appena iniziato una nuova vita! Il mio rapporto col teatro comincia quando avevo otto anni: mamma mi portò a vedere uno spettacolo e da quel momento qualcosa è cambiato. La mia cameretta diventò il mio palco segreto. Ho dovuto aspettare il liceo per praticare quello vero; qui, ho avuto la fortuna di incontrare un eccezionale pedagogo, un professionista come Franco Farina che è riuscito a trasmettermi tutta la sua passione. A rincarare la dose durante l’università ci hanno pensato Alessio Pizzech, Lorenzo Mucci e poi seminari su seminari…ma il coraggio di fare il salto non lo trovavo. Dovevo laurearmi e “sistemarmi”. Così da un giorno all’altro interrompo il mio rapporto con il mio grande amore, mi laureo e inizio a lavorare come ingegnere. Passano quattro anni ma lui è sempre li, nei miei pensieri, nei miei sogni. Avevo trent’anni, il mio lavoro non mi piaceva e neanche il verso che aveva preso la mia vita. Ecco che una mattina mi svegliai, mi guardai allo specchio e capii che era giunto il momento di fare quel salto. Decisi di trasformare la mia più grande passione nella mia professione. Mi licenziai, togliendomi non poche soddisfazioni, ma questa è un’altra storia, e mi trasferii a Venezia per frequentare l’Accademia Teatrale Veneta, dove mi sono diplomata attrice lo scorso anno…
Parliamo adesso di RienNeVaPlus. Come nasce? Anche il testo è tuo e frutto di una lunga ricerca. Racconta ai nostri lettori perchè hai scelto di scrivere e interpretare una storia così difficile, particolare. Perchè hai deciso di trattare uno dei maggiori problemi sociali della nostra società ma che comunque raramente viene argomentato sia dalla stampa e ancor meno dai media
Tre anni fa mi ritrovo a lavorare quasi ogni notte, come moderatore di chat nelle sale bingo on-line. Un lavoro insolito che mi ha permesso di sopravvivere a Venezia, di frequentare l’Accademia ma, soprattutto, di aprire una finestra su un mondo parallelo.
Una realtà virtuale fatta però di uomini e donne veri, con nomignoli bizzarri ma con storie normali come quelle di chi nel mondo reale ci vive; incontro madri, casalinghe, pensionati, giovani donne in carriera, disoccupati, studenti. In questo mondo si gioca, in questo mondo il brivido dell’incertezza, le scariche di adrenalina, le grandi soddisfazioni e le piccole delusioni si vivono, si godono e si superano al ritmo di una manciata di secondi, quando, con un’altra partita un’altra speranza si riaccende.
Il tema, quello del gioco, tocca mie corde profonde, mi affascina. Inizio a raccogliere materiale in chat, intervisto giocatori e giocatori patologici, leggo tutta la letteratura possibile da Goldoni a Balzac, Dostoevskij, Schnitzler; Poi il confronto con Alberto Di Lupo, un amico e incredibile scrittore pisano, che in due giorni scrive un racconto sul tema regalandomi un sacco di immagini. Con tutto questo materiale, entro in sala, inizio ad improvvisare e a scrivere una storia. Quella di Martina.
Quali sono le maggiori difficoltà che incontra una giovane artista, quelle di mettere in piedi lo spettacolo, o una volta terminato, quelle di riuscire a portarlo in scena? Quale è stato il tuo personale percorso per arrivare al debutto di stasera?
Le difficoltà sono infinite. In un paese che non riconosce più al teatro la sua funzione pubblica non potrebbe essere diversamente. Quello che vorrebbe ogni giovane artista che ha scelto, dopo avere studiato, di intraprende questa strada, è lavorare al riparo dei compromessi del mercato e raggiungere il grande pubblico.
Poi ci si trova a fare i conti con la realtà…ed è tutto molto complicato. Se ti autoproduci, com’è stato inizialmente per me con RienNeVaPlus, devi trovare uno spazio per provare, devi riuscire a sostenerti durante il processo creativo (quindi continui a lavorare la notte come moderatrice del bingo o come cameriera o chi più ne ha più ne metta, d’altronde l’attore deve essere multitasking) devi trovare e pagare un tecnico professionista che progetti il tuo piano luci, l’audio, devi costruire la scene i costumi…dopodiché una volta terminato lo spettacolo, devi distribuirlo.
Questa, la difficoltà maggiore: devi crearti una rete di contatti, andare a bussare alle porte dei direttori artistici, imparare a vendere, insomma imparare un altro mestiere. Nel mio percorso ad un certo punto si è aperta una porta, quella della Città del Teatro di Cascina. Mi hanno offerto uno spazio e dato la possibilità di presentare al un pubblico un secondo studio di Rien Ne Va Plus. Il lavoro è piaciuto e la direttrice, Donatella Diamanti, ha deciso di produrre lo spettacolo.
Nel frattempo avevo iniziato una collaborazione meravigliosa con la regista Nicoletta Bracciforti Robello a cui ho affidato la regia del monologo; in dieci giorni di residenza al Teatro Francesco di Bartolo di Buti, Nicoletta ha fatto si che il monologo crescesse e fosse pronto per il debutto!
Poi di nuovo alla Citta del Teatro, per l’allestimento e la creazione del piano luci. Ed eccoci arrivati al debutto. Una serata speciale, pubblico meraviglioso, i riscontri sono stati davvero positivi e noi siamo soddisfatte al 100%; adesso però dobbiamo metterci a lavoro perché RienNeVaPlus possa iniziare la sua prima tournèe
Speriamo che adesso la strada sia meno irta e difficoltosa, che cosa hai in programma? Hai già qualche altra rappresentazione in calendario per Rien va plus? Hai anche nuovi spettacoli in mente, quali sono i tuoi progetti futuri?
Si, lo spero tanto anch’io! Adesso l’obiettivo è distribuire Rien Ne Va Plus, vorremmo farlo girare il più possibile. Per il momento saremo di nuovo alla Città del Teatro il 12 e 13 Gennaio alle ore 10h all’interno della rassegna La scuola va a Teatro rivolta agli studenti delle scuole secondarie di 2° grado, e Il 7 Febbraio a Padova nella rassegna teatrale dei Carichi Sospesi.
Con la compagnia Archipelagos teatro di Padova stiamo portando in scena uno spettacolo con la regia di Marco Sgrosso “Nozze di sangue“
I progetti in mente sono mille; In concreto, tra pochi giorni partirò per Toulouse dove sto collaborando alla nuova creazione della Compagnia Mattatoio Sospeso, lo spettacolo “Tu Mais Fais Tournee la Tete”; e proprio in questi giorni la mia collega Annalisa Cima ed io stiamo iniziando a lavorare sulla nostra prossima creazione!
Che dire, l’intervista si commenta da sola: le fatiche, i sogni, le difficoltà, i progetti, le rinunce, e poi ancora di nuovo in cammino… Ringraziamo Marina Romondia e le auguriamo un enorme in bocca al lupo!!
Maf
credits : Alice Casarosa (per la copertina)
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