PISA – Nell’aula magna della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa si è svolto uno degli incontri organizzati in occasione di Danteprima, curato daL Prof. Marco Santagata e che ha coinvolto l’intera città, la Scuola Superiore Sant’Anna come in questo caso, ma anche Fondazione Teatro di Pisa, Regione Toscana, Fondazione Palazzo Blu, Museo della Grafica, Opera della Primaziale Pisana e Cineclub Arsenale.
In questa occasione sono state invitate illustri figure sia in campo letterario, Franziska Meier, che in quello giuridico, Mario Montorzi e Diego Quaglioni, per trattare di un tema che potremmo definire un po’ insolito: la poesia e gli scritti di Dante collegati al diritto. Perciò è significativa anche la scelta del titolo, suggerita dallo stesso Quaglioni, per comprendere meglio il taglio che si è voluto dare a questo seminario: non più Dante “e” la cultura giuridica del suo tempo, ma Dante “nella” cultura giuridica del suo tempo. Ciò significa, come ha sottolineato Quaglioni nel suo intervento, che Dante può essere considerato sotto un duplice aspetto: da una parte come “iper-personaggio” (citando la terminologia usata da Santagata) immerso nella vita del suo tempo, dall’altra come figura che circola tra i giuristi, cioè citato come fonte giuridica dagli stessi studiosi del diritto.
Gli interventi di Franziska Meier e di Diego Quaglioni sono stati presentati e diretti dall’intermediazione di Mario Montorzi, che ha lasciato la parola ai due esperti dopo una breve introduzione: ha spiegato come la Divina Commedia possa essere considerata come strumento di comprensione della società e della realtà del tempo e come a Dante, nonostante non sia appropriato dire che avesse già una consapevolezza giuridica, possiamo riconoscere delle intuizioni brillanti, ad esempio una prima tipizzazione di comportamenti nel momento in cui parla di contrappasso (cioè punire le singole illiceità per contrario).
I due esperti trattano poi il rapporto tra studi poetico-letterari e giuridici, da due punti di vista quasi opposti: Meier si sofferma, rivolgendosi prevalentemente alla Scuola Siciliana e alla lirica provenzale, su un “amore non corrisposto”, per cui la poesia è considerata diametralmente opposta al diritto e, di conseguenza, i giuristi non sono all’altezza della verità poetica. Invece Quaglioni fa notare come è molto probabile che Dante fosse a conoscenza di alcuni aspetti del diritto, sia perché nella Commedia ne usa spesso il linguaggio ma anche perché è possibile leggere dietro ad alcune immagini dei riferimenti a specifici contesti giudiziari. Per quest’ultimo aspetto Quarglioni fa un esempio citando alcuni versi rivolti da Virgilio a Caronte:
«Caron, non ti crucciare: Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare». (Inf. III 95-96)
Viene fatta notare la somiglianza al caso reale in cui il giudice può domandare al legislatore la sua reale intenzione solo una volta, poi non gli è più concesso “dimandare”.
L’incontro ha messo dunque in luce come il diritto possa essere inteso come mezzo di comunicazione spirituale: ciò significa che la lingua giuridica è una lingua spirituale che si occupa di giustizia. Per questo studiosi di lettere come Franziska Meier si sono ritrovati ad avere a che fare con il diritto, così come i giuristi non hanno potuto fare a meno che tenere in considerazione la letteratura e la poesia.
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