Datemi un olivo e vi solleverò il mondo

I materiali in cucina sono infiniti: gli ingredienti che si usano, gli innumerevoli attrezzi (alcuni indispensabili e popolari come l’apribottiglie, altri invece decisamente più snob, come l’affetta tartufi o il cucchiaino forato per tirare su i sottaceti) e poi piatti, bottiglie, posate, arricciaburro, setacci, pentole, piccoli robot ormai indispensabili, carte da cucina, portauovo, forchettoni, raviere, guantiere, piatti da pesce, piatti da arrosti, pinze da insalata, da spaghetti, colini, macinapepe, mattarelli, mezzelune, ramaioli, pelapatate, guanti da ostriche, siringhe, spremiagrumi, schiumarole e… insomma un catalogo infinito degno dell’aria del Don Giovanni di Mozart: “Madamina il catalogo è questo, degli attrezzi che comprò il padron mio.” Tanto ora è in uso cambiar le opere!

Se poi ci mettiamo a elencare gli ingredienti che si possono usare per creare i piatti non finiremo più. Ingredienti magari in voga nei secoli passati, che oggi non oseremmo neanche assaggiare, come il famoso Garum romano (anche se l’attuale Colatura di Alici di Cetara gli assomiglia, pur con un gusto decisamente meno intenso) oppure pavoni, pappagalli, gru e fenicotteri: chi avrebbe oggi il coraggio di mangiarli, e chi vorrebbe bere l’idromele che furoreggiava al tempo dei romani?

Purtroppo fra non molto ci toccherà ingoiare insetti e vermi, facendo buon viso a cattiva sorte per il bene dell’umanità e del pianeta, inventando nuove ricette e disquisendo sulla bontà del verme di Ceylon rispetto a quello brianzolo, o viceversa! Io non mi sento ancora pronta, non sono riuscita ad assaggiare le cavallette fritte che mi sono state offerte durante un viaggio in Thailandia, ma neppure le zampette di rana che furoreggiavano in una famosa sagra toscana. Mi dà un po’ noia anche mangiare la carne di canguro e di struzzo, saranno stati troppi cartoni animati? Per me lo struzzo infatti ha le scarpine da ballo, e danza al suono delle note di Ponchielli in Fantasia di Walt Disney.

Ho deciso, quindi, che più che di un vero materiale vi parlerò di un ingrediente basilare della cucina, che mette d’accordo tutti, anche i vegani: l’olio d’oliva.

Olive appena raccolte

Prezioso elemento dai molteplici usi e significati, di cui abbiamo testimonianze antichissime, ha praticamente attraversato la storia della civiltà. Dai papiri ci viene notizia di ettari ed ettari di terre piantati a olivo, era l’olio infatti la base dei meravigliosi unguenti egiziani, e le lucerne erano alimentate con olio di oliva. Nel Vecchio Testamento si narra dell’unzione sacra di re e sacerdoti, mentre nel Nuovo l’olio ritorna nei sacramenti: dal Battesimo alla Cresima fino all’Estrema Unzione. La sacralità ha sempre accompagnato la storia di questa pianta: chi anticamente sradicava una pianta d’olivo commetteva un atto sacrilego punibile con l’esilio, la confisca dei beni e in alcuni casi la morte.

Alberi di olivo

Plinio il Vecchio ne parla nel suo Naturalis Historia, indicandola come indispensabile all’uomo. Dell’olivo si usa tutto: dal suo legno si ricavano mobili e utensili dalle belle venature, le foglie sono sempre state usate in erboristeria per combattere la gotta e i reumatismi e come rimedio per la febbre, i frutti si mangiano e sono stati per secoli una delle basi del sostentamento di pastori e agricoltori, e l’olio è sempre stato un alimento e un unguento mirabile per la pelle del corpo, mescolato a sostanze profumate come la rosa, lo zafferano, il miele e il cardamomo. Cleopatra usava gli oli profumati per aumentare il suo fascino, e ampio uso ne facevano le classi alte egizie, greche e romane. Inoltre l’olio curava le irritazioni cutanee e copriva il corpo degli atleti prima delle gare per tonificarne i muscoli. Si pensava che l’olivo avesse anche proprietà magiche, e che un ramo di olivo sulla porta di casa proteggesse chi vi abitava, un po’ come l’olivo benedetto della Domenica delle Palme (come si vede la sacralità dell’olivo è arrivata fino ai nostri giorni). Last but not least, cosa sarebbe la cucina mediterranea senza l’olio? Apicio, nel suo famoso ricettario De re coquinaria, lo usa per friggere, preparare salse, condire pesci, carni e verdure, nei purè e persino nelle torte di frutta. La sovranità incontrastata dell’olio nella cucina di tutta l’area Mediterranea dura fino alle prime influenze germaniche intorno al III secolo D.C., quando l’uso del lardo e del burro prende lentamente il sopravvento soprattutto nelle classi umili, ma l’olio resterà indispensabile per certe ricette e nei lunghi periodo di digiuno dalle carni, imposti dagli stretti precetti cattolici del Medioevo. L’olio era comunque indispensabile per condire verdure e insalate e per friggere, in una cucina più delicata, come si direbbe oggi più rispettosa degli ingredienti. Il lardo infatti soffoca con la sua forte carica olfattiva ogni altro aroma, talora anche voluttuosamente, basti pensare all’arrosto lardellato.

In Toscana dal XV secolo speciali statuti proteggevano le piante d’olivo, incentivandone la messa a dimora, e nel periodo rinascimentale con l’uso sempre più diffuso di insalate d’erbe e fiori, di carni e verdure, l’olio d’oliva ritrovò il suo ruolo principe, anche se per secoli la cucina in Europa alternò l’uso dell’olio con quello di lardo e burro.

L’oro liquido

Solo nel XX secolo, con i nuovi studi scientifici, si arrivò al definitivo trionfo dell’olio d’oliva, e alla valutazione delle varie sensazioni organolettiche che variano a seconda del tipo di spremitura, delle zone di coltivazione e delle cultivar delle olive usate. L’olio d’oliva si classifica in tre categorie: fruttato lieve, fruttato medio e fruttato intenso. Il fruttato intenso si accompagna bene ai mangiari toscani come bruschetta, ribollita e pasta e fagioli, il fruttato lieve, più simile all’olio ligure, va usato nella preparazione di maionesi e salse, mentre al pesce si sposa il fruttato medio, perfetto anche per verdure e ortaggi.

Dopo questa piccola storia dell’oro liquido, come lo chiamava Omero, passiamo a due ricette, anche se ne potremmo scrivere centinaia, tanta è la varietà e la ricchezza dei piatti che hanno l’olio e le olive come protagonisti.

Olive cunzàte

Sono una meravigliosa ricetta siciliana, piena di profumi e aromi. Bisogna però trovare delle olive di grossa pezzatura, come la Nocellara del Belice, mentre quelle toscane, piccole e ovali, non vanno bene.

Prendete delle olive verdi fresche e mettetele in bagno per almeno tre giorni, cambiando l’acqua ogni giorno. Appena diventano più dolci scolatele e schiacciatele gentilmente con un batticarne, e togliete il nocciolo cercando di non romperlo. Mettete le olive così pulite in un recipiente, e conditele con aglio tritato grossolanamente, peperoncino fresco, sedano croccante a piccoli tocchi, origano, sale e abbondante olio di oliva extravergine. Lasciate le olive a prendere sapore per alcune ore o anche un giorno. Se le volete più saporite, potete aggiungere rondelle di cipolla rossa. Nello stesso modo si possono cunzàre anche le olive nere.

 

Ora una ricetta che esalta il sapore tipicamente intenso dell’olio toscano:

Fagioli bianchi al fiasco

Ingredienti: fagioli cannellini secchi 400 gr, salvia fresca, aglio, sale, pepe nero, olio extravergine di oliva.

Mettete a bagno nell’acqua fredda i fagioli per almeno otto ore, eliminando quelli che vengono a galla. Prendete poi l’apposito recipiente in vetro da fuoco per la cottura al fiasco e metteteci dentro i fagioli, 4 cucchiai di olio, le foglie della salvia e due spicchi d’aglio schiacciati gentilmente, poi versate tanta acqua quanta ne serve a ricoprire i fagioli e tappate la bottiglia lasciando un piccolo sfiato per il vapore. Lo sfiato è importante, perché sennò la bottiglia potrebbe rompersi. Mettete la bottiglia sul fuoco e fate prendere il bollore, quindi lasciate a fuoco dolcissimo da due a tre ore. Quando i fagioli saranno cotti trasferiteli in una bella ciotola da portata, conditeli con un filo d’olio e tanto pepe fresco in grani macinato al momento.

Claudia Menichini
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2 comments to “Datemi un olivo e vi solleverò il mondo”
  1. Ringrazio per questo bell’articolo: “…lo sfiato è importante…” Trovo i dettagli tutt’altro che tediosi, testimoniano amorevolezza e competenza, favoriscono una cultura non astratta. Alla prossima!
    Un old-old lettore, in gioventù cuoco salutista.

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