Intervista al regista Diego Bonuccelli
Lo spazio che Tuttomondo dedicata ai giovani cineasti, autori e videomakers toscani è destinato a crescere mese dopo mese. La rubrica Cinema & Toscana, che nei mesi scorsi ha dedicato i suoi spazi a recensioni di film girati nella nostra Toscana, sta cominciando a diventare una finestra aperta su quello che si sta muovendo nell’underground. Questo mese abbiamo interpellato Diego Bonuccelli, giovane regista proveniente dalla Versilia, fresco dell’uscita del suo secondo lungometraggio intitolato Cinque maschere. Sentiamo cosa ci ha raccontato…
Ciao Diego e benvenuto su Tuttomondo. Come prima domanda vorrei chiederti cosa ti ha spinto ad intraprendere questa carriera e quali sono stati i primi passi che hai percorso nel mondo del cinema “low-cost”?
Ho avuto una grande passione per il cinema fin da bambino, in particolare quello di Tarantino, John Woo, Robert Rodriguez, Michael Mann, Martin Scorsese. Giravo per gioco con mia sorella e mia nonna piccoli video, fin da quando avevo 12 anni. Dopo la maturità con una piccola telecamera ho cominciato a provare a fare qualcosa di meglio e dal gennaio del 2013 con amici e familiari è iniziato il percorso che ha portato alla realizzare un corto grottesco (13 min.), un medio western (42 min), un lungometraggio carcerario (83 min.). In tutti questi lavori ho curato, sceneggiatura, regia, montaggio, audio e parte delle musiche.
Il tuo primo lungometraggio, Welcome To Elderstorm, ha riscontrato un buon successo di pubblico. Puoi raccontarci come si è concretizzato questo lungometraggio? Quali sono stati i metodi produttivi, distributivi e di casting?
I metodi produttivi, partendo da un bilancio complessivo di soli 400 euro, si racchiudono in un solo concetto, “arte di arrangiarsi”; con l’aiuto della mia famiglia e di alcuni amici abbiamo cercato e trovato il necessario, luoghi, costumi, scenografie, affinché il film, ambientato in una colonia penale americana del 1913, fosse credibile. Per il cast ha funzionato il passaparola oltre al solito gruppo di amici, in totale tra attori e comparse eravamo in centoventicinque. Nota dolente la distribuzione, abbiamo fatto 717 spettatori paganti in una sola serata a Pietrasanta ma non riusciamo a trovare nessuno che ci garantisca uscite fuori dalla Versilia. Sembra quasi che per avere aiuto devi essere un “carrozzone mangiasoldi”, noi abbiamo realizzato un film di un ora e 23 minuti a costo zero ma con tantissima voglia e passione e questo evidentemente non piace o non interessa il mondo del cinema italiano.
Sei un regista che opera nei generi. Quali sono i tuoi punti di riferimento per girare le scene d’azione e quelle horror?
Come dicevo sono cresciuto vedendo film d’azione ma di grande qualità ma alla fine penso, e spero si noti, di avere uno stile tutto mio. Ho girato film (anche nel western e nel carcerario) dove l’azione è molto presente ma in futuro può darsi che mi dedichi anche ad altri generi. L’horror va molto di moda ma al momento non ho mai provato a confrontarmici, in futuro vedremo.
Cinque maschere è il tuo nuovo lungometraggio che sarà proiettato per la prima volta il 4 giugno al Cinema Comunale di Pietrasanta. L’utilizzo delle maschere – anche se questo caso sono maschere tipiche del carnevale – mi ha fatto subito pensare a Point Break. Il tuo film si inserisce in quel filone di action-movie americano?
In parte ricorda quel tipo di cinema ma la storia, i luoghi e i personaggi sono naturalmente italiani e ne scaturisce un qualcosa di unico che in Italia non si fa, tranne rare eccezioni, In Cinque Maschere ci sono molte scene d’azione adrenaliniche ma mai fini a se stesse, intervallate da scene in cui escono le varie personalità dei protagonisti e i contrasti che emergono tra di essi. Il film che narra le vicende di una banda di rapinatori seriali non si esaurisce nell’azione o nel genere “polizziottesco” anni ’70 ma assume e vira, soprattutto nel finale, anche nel thriller.
La scelta di avere nel film i brani della Strana Officina, una delle più famose band Heavy Metal italiane, da cosa è derivata? Sei un fan della band (come il sottoscritto), oppure è stata una scelta dettata dall’esigenza di una musica potente, energica, dinamica e quindi perfetta per scene dal montaggio veloce?
Entrambe le cose, anche se devo dire che ho conosciuto la Strana grazie a mio padre e ai Suoi amici che la seguivano fin dalle origini. Non penso che sia una delle migliori band italiane di heavy metal ma in assoluto la migliore e con un passato glorioso e unico.
Nella “sfarinatura” che Corrado Farina – in Nocturno N°145 – ha dedicato al tuo film, si sostiene che con l’avvento del digitale si è cambiato il modo non solo di realizzare il film ma di pensarlo, rivoluzionando proprio il senso stesso di montaggio. Sei d’accordo con lui?
Corrado Farina ha sicuramente ragione anche se io conosco solo l’era del digitale essendo nato nel 1993. Non credo si possa dire che oggi è più facile del passato, direi che soprattutto (e noi lo abbiamo dimostrato) si può fare cinema ad un costo inferiore (volendo) ma soprattutto direi che sono due mondi completamente diversi sia nel girare che nel montare.
C’è un’attrice e un attore che vorresti come protagonista assoluto del tuo prossimo lavoro?
Se fossero italiani Violante Placido e Fabrizio Timi, se fossero europei Jean Dujardin e Noomi Rapace, se fossero americani Brad Pitt e Uma Thurman e infine se fossero asiatici vorrei Chow Yun Fat e Zhang Ziyi.
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