Vincent Dieutre. Dagli anni settanta ai giorni nostri, tra arte e rinascimento, disgregazione e degrado
Vincent Dieutre, regista francese sperimentale, incentra la sua produzione cinematografica sulla memoria del nostro paese e sulla propria formazione individuale scaturita dal rapporto diretto con i nostri luoghi e le nostre città, creando una sorta di Grand Tour ottocentesco. I viaggi in Italia di Dieutre hanno inizio negli anni settanta, quando il giovane Vincent entra in contatto con l’arte, il rinascimento fiorentino e il barocco romano, ma anche con la violenza degli anni di Piombo. Il viaggio fornisce lo scopo non solo di formare culturalmente il regista ma di contribuire un’intensa esplorazione del sé alla sua ricerca introspettiva. Proprio a Roma e a Bologna, Dieutre stabilisce rapporti con ambienti omosessuali e con il mondo della droga. Solo negli anni ’90 il cineasta cambia radicalmente stile di vita e decide di raccontare la sua storia: riannodare la memoria culturale, storica dell’Italia e quella personale attraverso l’uso della macchina da presa con un linguaggio tra il documentario e l’auto-fiction. Ed è così che diventa regista.
In questo contesto nasce il primo lungometraggio nel 1996, Rome dèsolèe , dove un’amatoriale super8 torna nel luogo della memoria e ci mostra una Roma antitetica a quella turistica, schizofrenica, dalla doppia vita: da un lato piazze monumentali e, dall’altro, graffiti, immondizia, barboni. Il regista la definisce una Roma metafisica ed il suo film “un messaggio in una bottiglia gettato in un mare infinito”. Per quanto riguarda Bologna Centrale, girata due anni dopo l’11 settembre, Dieutre unisce messaggi radiofonici, che riportano l’episodio dell’esplosione dell’8 Agosto 1980, alla propria voce over, che tenta di ricordare i suoi soggiorni bolognesi, ed agli estenuanti peregrinaggi per le vie della città. Il regista tenta di ricostruire gli anni di piombo e la sua frequentazione con Sandro e Vittorio, la promiscuità sessuale, l’abuso di eroina. Emerge l’omertà di un’Italia schizofrenica dai personaggi che vivono una doppia identità ed il ricordo si frantuma, si mistifica, diventa interpretazione, associazione di luoghi, di nomi, perde la sua verdizione e crea forti salti temporali. L’episodio dell’esplosione della stazione centrale enunciato dalla radio, diventa uno spartiacque, il momento in cui per Dieutre si entra nella post-storia, in cui l’Italia perde se stessa, si allontana da ciò che era e precipita in una deriva post moderna caratterizzata dall’avvento del berlusconismo. Vincent Dieutre interpreta quest’ultimo momento storico come una violenza estrema, data da un capitalismo decompressato che distrugge la bellezza comune e diviene testimone della società liquida, della perdita di un’identità comune, e porta all’eccessiva privatizzazione e mercificazione dell’arte.
L’obbiettivo della sua opera cinematografica è interrogare lo spettatore sui rapporti tra arte, politica ed identità culturale. Solo attraverso la cultura è possibile costruire un’identità culturale collettiva su base europea, abbandonando l’individualismo del post-ideologico. I pellegrinaggi in Italia di Dieutre terminano con un viaggio nella post storia, con il nostalgico Orlando ferito, girato a Palermo nel 2013, dove, sebbene la disgregazione collettiva sia forte, è possibile intravedere le lucciole pasoliniane uccise dall’avvento della società dei consumi. Infatti, per Dieutre, esse possono tornare grazie alle case occupate, ai volontari che intervengono per migliorare le pessime condizioni dei migranti a Lampedusa e per l’attaccamento alla tradizione. Lucciole che possono far tornare la nostra società a vivere, a ricostruirsi. Vincent Dieutre omaggia soprattutto Roberto Rossellini, regista che ha saputo cogliere un’identità comune europea, soprattutto con Germania anno zero.
Francesca Lampredi
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