In occasione del live al The Cage Theatre di Livorno del 26 marzo di Nada Malanima, abbiamo intervistato la rock band toscana tutta al femminile che ha aperto il concerto della grande artista italiana, le Missteryke. Il gruppo è nato nel 2005 ed è attualmente composto da Greta Merli, (chitarra), Stefania Brugnoni (basso), Simona Tarantino (batteria) e Monia Mosti (voce). Nel 2011 esce il primo disco Tempismi imperfetti, edito da Videoradio, e alla fine del 2015 il secondo, Effettivamente, lanciato dal singolo La Mente Non Ha Idee. Le Missteryke raccontano la loro storia di musiciste e di donne in musica, i loro sogni e il loro percorso, e ci guidano nella conoscenza del loro ultimo lavoro inedito.
Siete arrivate al secondo album, Effettivamente. Come vi sentite cambiate?
«Il salto sia di qualità tecnica che di ricerca del suono tra il primo album ed Effettivamente è enorme, quasi sostanziale. Il primo album fu quasi del tutto registrato in casa, seppur con strumentazione semi-professionale. Solo il passaggio dell’editing e mastering ha visto l’intervento di uno studio di registrazione vero e proprio. Nel nostro ultimo album invece il lavoro è stato del tutto professionale, registrato nello studio di Percorsi Musicali a Livorno, (grazie al fonico Daniele Pistocchi). Tra il primo e il secondo album vi è stato un cambio di line-up che ha visto l’ingresso di Greta Merli alla chitarra. Questo ha portato il gruppo verso uno stile meno metal e più rock».
Quali sono gli argomenti che affrontate nel vostro nuovo disco?
«Spaziamo dalla difficoltà/speranza di trovare un lavoro, alla violenza sia mentale che fisica. Parliamo di pedofilia, della perdita di persone care, parliamo anche di amore, quello viscerale e non necessariamente amore di coppia, ma anche materno. Nel secondo album siamo cresciute sia musicalmente che nelle performance live. Il sentirsi addosso un vestito adatto, il sound, ci ha portate a una sperimentazione musicale che il primo album, per inesperienza, non aveva».
Il mondo della musica rock indipendente italiana è fatto prevalentemente di musicisti uomini. Come si sentono le Missteryke all’interno di questo contesto?
«Purtroppo in Italia, per molti, vige ancora il pensiero che la musica, soprattutto quella delle rock band, sia più adatta ad un universo maschile. Inizialmente, abbiamo riscontrato tante difficoltà, soprattutto nell’affermarci e nell’ispirare quella fiducia musicale che tra artisti è fondamentale. Ad oggi, dopo quasi dieci anni, qualcosa è cambiato, forse perché iniziano a conoscerci meglio, ma quando si esce dai confini regionali le difficoltà sono ancora molte. Questo ci fa sorridere e allo stesso tempo a volte ci abbatte, poi però teniamo duro e andiamo avanti cercando ogni giorno di fare del nostro meglio, a prescindere dai consensi dei nostri colleghi maschietti».
Quante situazioni prettamente femminili risiedono nei testi delle Missteryke?
«Le nostre canzoni sono tutte autobiografiche e parlano di storie, situazioni ed emozioni che in qualche modo ci hanno sfiorate, segnate. Per questo motivo non abbiamo canzoni, ad eccezione di EDI, in cui vengono trattate situazioni prettamente femminili, perché sia uomini che donne possono vivere quello di cui parliamo. Nei nostri testi è molto più facile trovare circostanze in cui il punto di vista o la protagonista è femminile, ma non la situazione, come in Ti lascio andare, dove si parla di una donna che prova dolore. EDI invece parla di una donna vissuta negli anni ’40, e che ha vissuto la discriminazione, la difficoltà di affermarsi e di farsi valere. La voglia di dimostrare che anche le donne possono».
Nel numero di aprile di TuttoMondo affronteremo il delicato tema delle “etichette” e di come possiamo andare oltre esse. Vi è mai capitato di sentirvi etichettare o sminuire per il fatto di essere una rock band femminile?
«Si! Anche negli ultimi mesi. Non è molto educato sentirsi dire che l’importante è che ci siano quattro donne sul palco (per utilizzare termini consoni alla pubblicazione dell’intervista). Agli esordi quando sentivamo certe cose ci sentivamo ferite, e oggi è deludente vedere che, a volte, solo l’appartenenza a un genere possa diventare il limite che non consente una conoscenza e una possibilità. Dobbiamo però anche riconoscere che le persone che sono andate oltre hanno poi trovato semplicemente delle colleghe con cui condividere la passione per la musica e anche lo stesso palco. Tantissime persone sono ormai andate oltre al genere e ci trattano semplicemente da musiciste. L’essere donne non deve essere una penalizzazione ma nemmeno un vantaggio. A noi interessa che la gente ascolti, e se proprio deve giudicare, che lo faccia perché possiamo non piacere per come suoniamo o per quello che scriviamo».
Come siete arrivate ad aprire il concerto di Nada Malanima del 26 marzo?Emozioni?
«Il 26 marzo per noi rimarrà una data indimenticabile, un traguardo che abbiamo voluto raggiungere con tutte le nostre forze. Avevamo già suonato nel 2013 al The Cage Theatre di Livorno per l’apertura del concerto di Tonino Carotone. Quando abbiamo saputo che Nada avrebbe fatto un concerto in quello stesso posto, abbiamo immediatamente contattato il direttore artistico del locale chiedendogli di poter aprire il suo concerto. Quando è arrivata la risposta positiva l’emozione ha raggiunto i massimi livelli. Per noi Nada è sempre stata un riferimento, sia per il suo modo profondo di raccontarsi che per quello che trasmette. Dopo la nostra performance abbiamo avuto modo di conoscerla e questo ci ha confermato quello che già pensavamo di lei. Ci ritroviamo molto nel suo modo di pensare la musica e lei si è dimostrata incuriosita nei nostri confronti».
Come lavorano le Missteryke per creare brani nuovi?
«L’idea nasce sempre da una di noi e non necessariamente sempre dalla stessa persona. In questo ultimo album principalmente le idee di partenza per i brani le hanno avute Greta Merli (chitarra) e Stefania Brugnoni (basso). Nell’album precedente vi sono idee anche di Monia Mosti (voce) e Simona Tarantino (batteria). Ovviamente questo se rimaniamo sul concetto di idea. Infatti esse vengono poi sviluppate all’interno del gruppo, vengono arricchite e definite da tutte noi. Ognuna con il proprio strumento e il proprio “sentire”. E’ in sala prove che poi il tutto prende vita. Nel nuovo album c’è però una canzone che è nata interamente a otto mani, ovvero Part-time, una sperimentazione, un orizzonte nuovo che ci ha soddisfatte a pieno».
Lasciate un messaggio ai nostri lettori.
«Ringraziamo innanzitutto Tuttomondo e Virginia Monteverdi. Vorremmo invitare i lettori a venirci a conoscere, a contattarci e a venire a trovarci in qualche live. La conoscenza per noi è fondamentale come lo è il punto di vista dei lettori/ascoltatori. Se abbiamo intitolato il nostro album Effettivamente qualcosa vorrà pur dire no?».
Virginia Villo Monteverdi
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