GIORNATA INTERNAZIONALE DEL TEATRO – un ricordo legato al teatro e al nostro territorio
VERSILIA – La Versilia degli anni a cavallo fra Ottocento e Novecento era, per chi iniziava a frequentarla in quegli anni lontani, una sorta di Paradiso Terrestre, non lontano, irraggiungibile, ma un paradiso vicino, familiare e sicuro, al quale però non mancavano molte delle attrattive di un Eden. Solo Viareggio aveva l’aria di una piccola cittadina con teatri e caffè, negozi colmi delle ultime novità della moda, belle donne, fantastiche strutture di legno lungo una passeggiata incantata che le davano un’aria da Eldorado, una specie di frontiera dove tutto era possibile. I dintorni erano, invece, semidisabitati, con dune, spiagge deserte, pinete, falaschi, fiumi e un lago unico, il tutto abbracciato da colline e da monti dalle vette impervie, e benedetto da una luce particolare, vibrante e unica che tutto esalta, migliora e addolcisce.
La spiaggia e la pineta erano interrotte dalla foce del fiume Camaiore che delimitava naturalmente il territorio di Viareggio e quello di Camaiore, denominato solo negli anni ‘20 del ‘900 Lido di Camaiore, ma conosciuto fino ad allora come Fossa dell’Abate. Ben presto, semplicità e libertà di modi iniziarono ad attrarre anche gli animi sensibili di quegli artisti e poeti che, all’inizio del secolo, sentivano Viareggio già troppo mondana, fra i tanti che arrivarono ci fu anche il mito assoluto del teatro dell’epoca la grande Eleonora Duse.
La Duse aveva trovato il suo buen retiro vicino alla Fossa dell’Abate, un villino in via Roma, allora sterrata e circondata dalla pineta, dove si rifugiava quando aveva bisogno di serenità e dove a volte incontrava D’Annunzio che aveva conosciuto a Venezia nel 1894 e con cui aveva intessuto un’agitata relazione amorosa che durò per diversi anni pur tormentata dai continui tradimenti del poeta. Nei ricordi degli abitanti la Duse era una persona molto riservata, che le donne del luogo aiutavano tenendole la casa e facendole commissioni. Nel 1909 la Duse si ritirò dalle scene, e quando non era a Roma, Firenze, Venezia o in Inghilterra dalla figlia Enrichetta, trascorreva ancora più tempo in Versilia.
Nel 1913, Eleonora Duse apprese la tremenda notizia della morte dei due figli della grande ballerina Isadora Duncan, caduti nella Senna a bordo di un’automobile assieme alla bambinaia. Le due artiste si conoscevano e si ammiravano vicendevolmente, e nel settembre dello stesso anno la Duse inviò alla Duncan un telegramma per invitarla nella sua casa alla Fossa dell’Abate: “Isadora, so che stai viaggiando per l’Italia. Vieni da me, ti prego, farò tutto quello che posso per confortarti”.
Isadora arrivò a metà settembre, e avrebbe poi scritto: “da allora vissi a Viareggio (sic), attingendo coraggio dagli occhi radiosi di Eleonora. Quando mi cullava nelle sue braccia non voleva soltanto consolarmi ma sembrava accogliere nel suo petto il mio dolore…”.
Facevano lunghe passeggiate sulla spiaggia, descritte da Eleonora Duse come “le tragiche passeggiate-danze con la tragica musa”. Alcune commoventi foto ritraggono la Duncan scalza, leggera, coperta solo da veli fluttuanti, mentre danza sulla battigia sullo sfondo delle onde mosse del Tirreno.
Il pittore Plinio Nomellini , che viveva anche lui in Via Roma, quando la conobbe ne rimase così colpito che la ritrasse in disegni di grande freschezza, e nello stupendo dipinto Gioia Tirrena, sorridente mentre danza avvolta da un velo rosso sullo sfondo baluginante delle onde spumose del mare.
Nel frattempo la Duncan aveva conosciuto sulla spiaggia Romano Romanelli, un giovane e avvenente scultore fiorentino. Isadora nelle sue memorie avrebbe così descritto il primo incontro: “… Passammo la notte insieme sul tetto della mia villa. Il sole finiva di tramontare nel mare, la luna sorgeva inondando di luce il fianco di marmo della montagna, e, quando le sue forti braccia mi strinsero ed ebbi sulle labbra le sue labbra, quando tutta la sua passione italiana mi avviluppò, mi sentii salvata dal dolore e dalla morte, riportata alla luce e all’amore.”
Da questa passione intensa ma breve (dopo soli pochi mesi Isadora avrebbe infatti deciso di spostarsi a Roma e poi a Parigi) sarebbe nato nell’agosto del 1914 un bambino. La grande felicità di Isadora fu però presto cancellata dalla prematura morte del piccolo. La Duncan, ripiombata in una tragica depressione, non sarebbe più tornata in Versilia, dove per poco aveva creduto di poter dimenticare il suo grande dolore. Isadora morirà tragicamente nel 1927 strangolata dalla sua lunghissima sciarpa finita nelle ruote della Bugatti su cui viaggiava.
Anche Eleonora Duse lasciò la sua casa alla Fossa dell’Abate e ritornò sulle scene, morendo in America durante una tournè, D’Annunzio l’aveva già lasciata da tempo, ma il ricordo di questa terra non l’abbandonerà mai, tanto che al fine della sua vita scrisse: “Profumo della Versilia. Fatto di pini, d’acque incanalate, di ginepri, di cuora, di alghe, qual profondità tu davi al mio respiro!
Oggi è la Giornata internazionale del Teatro istituita nel 1961, questo ricordo è un omaggio a due grandi artiste che hanno amato la Versilia.
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