PISA – mercoledì 7 dicembre presso il Teatro Cinema Lumiére si è tenuta la quinta edizione di Elettronica Alla Spina, manifestazione promossa dall’Associazione universitaria New Grass / EAS. Una serata volta alla presentazione e alla discussione dei rapporti tra musica, ambiente e architettura coordinata da Massimo Magrini (ricercatore del CNR), con il Professor Vincenzo Riso e il critico musicale Vittore Baroni. Insieme a loro il celebre musicista e artista multimediale britannico Robin Rimbaud (alias Scanner), che ha presentato per la prima volta dal vivo il suo ultimo progetto, Vex, opera che indaga sonorizzazione elettronica degli spazi architettonici.
Ma come dialogano realmente musica e architettura? Lo spazio ha dei suoni che appartengono ad esso? Attraverso queste domande gli ospiti della serata hanno spiegato con esempi concreti come queste due discipline sono sempre riuscite magicamente ad unirsi e confondersi, per dare vita a opere d’arte decisamente intriganti e straordinarie. Il Prof. Riso (citando le parole del musicista e leader dei Talking Heads, David Byrne) ha detto: L’architettura suona? Si può ascoltare? E la risposta l’ha trovata dentro il testo scritto dallo stesso Byrne, Come funziona la musica. In questo testo il musicista spiega come la musica sia il prodotto di circostanze sociali e mentali, e di come l’architettura ha accompagnato il suo sviluppo in un rapporto di stimolo biunivoco. Musica e architettura sono sempre state legate, e ancora oggi la musica può venire incontro all’architettura per far uscire questa disciplina dalla semplice visione della sola percezione dello spazio, dall’aspetto visivo estetico impattante che spesso ha nella nostra contemporaneità.
Come ha spiegato Vittore Baroni nel suo intervento, le due discipline sono spesso state coese nella realizzazione di ambiziosi progetti artistici. Il suono è una componente sempre presente nello spazio architettonico e cittadino, e spesso riesce ad evocare sensazioni perdute, sensazioni uditive nascoste, riportandole alla memoria, come accade nelle opere di Max Neuhaus e Sambolec che sono state portate come esempi. Nell’opera di Sambolec L’albero che sogna il canto dell’Uirapuru, dei registratori sostituiscono il canto degli uccelli che si azionano solo quando il sole li colpisce, e cambiano sonorità a seconda delle ore del giorno, andando a rievocare un suono perso da tempo a causa dei cambiamenti dell’assetto urbano.
Altri cenni sono andati a Le Corbusier, al compositore Xenakis e all’architetto Varese, e alle loro collaborazioni reciproche che hanno sondato il rapporto tra musica e architettura, studiando come dalle composizioni musicali possano nascere rapporti ed equazioni numeriche che poi saranno usate per concepire spazi ed edifici (opere come Persepolis, Dyatopes e polytopes).
In un contesto del genere non poteva mancare la citazione di un artista e musicista come Brian Eno, con la sua Musica per ambienti. Nata nel 1975 questo tipo di musica (che ha alle spalle le composizioni classiche), si genera dalla necessità che Eno aveva di trovare una coerenza tra spazio e sonorità evocativa dello stesso. Music for airports, l’esempio migliore, è stata concepita da Eno con l’idea che uno spazio pubblico come l’aeroporto dovesse avere una musica legata a quello che accedeva in quel luogo. Una musica tesa, che incarnasse l’attesa del volo, l’ansia del viaggio, ma che allo stesso tempo non interferisse con le voci e con l’udito degli ospiti del luogo. Lontanissima dai jingle pubblicitari (ritenuti superficiali) o dalla musica pop che invece spesso passava negli aeroporti.
Si è analizzato inoltre come la musica colleghi gli spazi urbani e di come generi essa stessa architetture reali o immaginate. Baroni e il Prof. Riso hanno portato numerosissimi esempi a riguardo, spaziando tra sound art e architettura nuda e cruda, presentando diverse opere, dal gruppo P16D4 con le sue istallazioni sonore e luminose negli edifici cittadini azionate dai movimenti delle persone e dalle loro voci; fino a Bill Fontana, che usava i ponti per creare musica architettonica all’aperto e collegare punti e città diverse attraverso il suono. Da Brandon LaBelle che registrando tutti i giorni i suoni della sua stanza ha invitato degli architetti a costruirne modello partendo solamente da essi; fino a Oliver Laric che ha provato a costruire i modelli di abitazioni descritte all’interno di diverse canzoni (dai Van der Graaf Generator, passando per Tom Waits e Crosby Stills & Nash).
Durante la conferenza si è affrontato anche il tema del suono come veicolo di appartenenza e riscoperta ad e di uno spazio pubblico: attraverso l’opera Sonic Vista di Bruce Odland si è potuto riscoprire il suono della cintura verde di Francoforte, il suono della natura che attraverso dei tuning tubes è stato registrato e riprodotto all’interno della città; mentre nell’opera Concerto per campane, una cittadina nei pressi di Salamanca ha potuto riscoprire una forte coesione identitaria ascoltando le campane di tutte le chiese suonare una melodia composta da un compositore del luogo. Il suono così riesce a rendere identitario e vissuto lo spazio urbano e pubblico, qualificandolo e rendendolo ancora più vitale alle orecchie delle persone che lo abitano, e che spesso ne percepiscono i suoni caratteristici solo come rumore di fondo abitudinario.
Barone ha infine intervistato Scanner, che ha parlato del suo ultimo progetto, Vex. L’opera (a cui ha lavorato per quattro anni) è nata dalla volontà di costruire una casa sulla composizione Vexations di Erik Satie’s (1893), un pezzo di pianoforte che durava 18h e si ripeteva all’inifinito. Scanner ha usato i suoni della costruzione della casa per sonorizzare il tutto e ha scoperto sonorità anche all’interno dei materiali (dalle gettate di cemento si creavano particolari armonici). Questo ambizioso progetto di sonorizzazione ambientale è stato poi presentato quella sera stessa, e ha visto Scanner unire l’elettronica ai suoni di costruzioni, usando particolari devices per avviare suoni campionati. Una pratica tipica dell’artista che cerca sempre di dare corpo alla musica e al suono che ne sono privi, giocando con essi e associandoli sia all’architettura sia al tessile.
Virginia Villo Monteverdi
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