L’Oceano era casa sua. E quanto alla terra, be’, non ci aveva mai messo piede. L’aveva vista, dai porti, certo. Ma sceso, mai.
Sicuramente a molti di voi queste parole solleticheranno la memoria, portando a galla qualcosa che viene da lontano, un sospiro, un formicolio o un assolo di pianoforte.
Se proprio vi sfugge il nome ve lo diciamo noi: stiamo parlando del monologo Novecento, scritto da Alessandro Baricco, pubblicato nel 1994. Un testo che ha fatto la storia, nato per il teatro, approdato nel ’98 anche al cinema, con la trasposizione di Giuseppe Tornatore, dal titolo La leggenda del pianista sull’oceano, con il grande e inimitabile Tim Roth come protagonista.
La storia ha in sé qualcosa di incredibilmente unico, non solo per la trama (il neonato abbandonato sul transatlantico Virginian che diventa il più grande pianista del mondo, senza che il mondo però lo sappia mai) ma soprattutto per il protagonista, l’uomo che rimane tutta la vita sospeso tra il pianoforte e l’oceano, Danny Boodman T.D Lemon Novecento. Ciò che forse non sapete è il fatto che Baricco ha scritto questo testo perché fosse interpretato da un attore ben preciso, Eugenio Allegri, con la regia di Gabriele Vacis. Lo spettacolo ha avuto il suo debutto nel giugno del 1994 al Festival di Asti. Lo scorso anno, vent’anni dopo la prima, Allegri e Vacis hanno portato di nuovo in scena questo personaggio, divenuto ormai leggenda.
Per il numero di Tuttomondo dedicato all’acqua abbiamo pensato in grande, guardando all’oceano e a una delle storie più commoventi e appassionanti che ci siano mai scivolate sopra. E per rendere il tutto più avvincente ci siamo rivolti alla fonte: Eugenio Allegri in persona ci ha raccontato qualcosa sulla storia che lo vede protagonista da più di vent’anni.
Salve Eugenio. Il testo di Baricco è uno di quei testi che si possono amare alla follia solo sfogliandone le pagine. Che cosa ne ha pensato lei la prima volta che lo ha letto?
Io credo che le emozioni provate leggendo il testo siano le stesse per qualunque lettore. Per me c’era qualcosa in più, dato che Baricco stava scrivendo per me, ma anche perché conoscevo in anticipo la trama del racconto (già di per se sbalorditiva), perché il copione dello spettacolo mi fu consegnato in due parti, tra gennaio e marzo, e quindi dal primo al secondo momento di lettura ebbi molti pensieri che riempivano le mie giornate, mentre mi accingevo ad andare in scena con un testo che sarebbe diventato nel tempo un vero e proprio caso letterario. Mi sono letteralmente divorato le parole di Novecento e poi le ho ributtate sul palcoscenico dopo un bellissimo lavoro di cesello fatto con Gabriele Vacis, accompagnato dalla scena di Lucio Diana, e dalla colonna sonora preparata da Roberto Tarasco. Novecento è stato subito un testo da cantare e io l’ho cantato.
Che cos’ha il personaggio di Novecento in comune con lei?
L’idea stessa che la vita è qualcosa di grande che accade agli uomini e che fa paura; e che per viverla tutta, fino alla fine, la si deve vivere nella vita degli altri.
Com’è stato lavorare di nuovo su Novecento dopo vent’anni?
Come sempre; con la scoperta costante di parole da porgere al pubblico come fossero nuove, appena scritte; con l’eccitante rapporto tra parola e musica; con il conforto di uno spazio ricreato sulla scena che ancora una volta mi ha fatto viaggiare sull’oceano insieme agli spettatori incantati.
Un sentito grazie ad Eugenio Allegri per averci regalato il suo Novecento.
Lui era Novecento, e basta. Non ti veniva da pensare che c’entrasse qualcosa con la felicità, o col dolore. Sembrava al di là di tutto, sembrava intoccabile. Lui e la sua musica: il resto non contava.
Chiara Lazzeri
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