«Emozioni autentiche e non banali imitazioni». Federico Cammarata tiene subito a precisarlo: nel cuore del suo progetto-tributo a Renato Zero c’è un’anima genuina e originale.
Pianeta Zero sbarca a Pisa sabato 18 marzo al Palazzo dei Congressi. Nel bel mezzo dei preparativi, scambiamo due parole con l’ideatore dell’iniziativa nonché frontman del gruppo.
Federico, come presentiamo al pubblico lo spettacolo di Pisa?
«Si tratta di un format originale che intendiamo riproporre in tante altre città. La sua caratteristica è di adattarsi a ogni realtà che incontriamo (e a cui dedichiamo un hashtag, nel nostro caso: #pianetazerocatturapisa)» e coinvolgere all’interno dello spettacolo alcuni soggetti del luogo, come nel nostro caso la scuola di danza Ghezzi».
Di dove sei e come hai iniziato?
«Sono nato in Toscana ma ho origini siciliane. Ho sempre sentito la vocazione artistica, soprattutto nel ballo, nel canto e nella recitazione. Fortunatamente ho incontrato persone che hanno creduto in me e che mi hanno sostenuto tanto. Quest’avventura, iniziata sette anni fa, sta portando molte soddisfazioni».
Perché ispirarsi proprio Renato Zero?
«Renato mi è entrato nell’anima fin dall’adolescenza e anche quando ho iniziato a studiare danza, canto e recitazione – perché ritengo si debba essere il più completi possibile –. I miei insegnanti di canto mi dissero: attento, hai un’arma pericolosa. Ovvero una vocalità molto simile a quella di Renato Zero. Ero chiamato a decidere se usarla come imitazione, e quindi banalizzarla, o farla diventare un lavoro. Ho scelto la seconda strada. Anche perché il pubblico deve applaudire Federico, non Renato».
Perché la scelta di non volerlo incontrare?
«Ci tengo a chiarire questo equivoco: mi piacerebbe tantissimo, ma si rischia di passare una linea molto sottile: il rischio è di fraintendere ai suoi occhi il nostro progetto, che non va derubricato assieme ai mille tributi-imitazioni esistenti in Italia».
Cosa gli diresti se te lo trovassi davanti?
«“Salve maestro” e lo ringrazierei per avermi fatto conoscere la sua arte e per essere entrato in contatto con molte persone a lui vicine. Se riuscissi a parlare, naturalmente».
Qual è la tua canzone preferita del suo repertorio?
«Forse La favola mia, dove racconta in tre minuti la sua storia, tra maschere, trucco e momenti brutti. Mi ci rivedo molto».
E la canzone che più di tutte ti piace cantare?
«Amico, perché crea un’intensità pazzesca nel mio rapporto col pubblico in quei pochi minuti».
Ci sono altri artisti che ti hanno ispirato?
«Ti devo dare una risposta un po’ fredda: nessuno. Non riesco a prendere altri spunti».
Dove ti vedi tra cinque anni? O se preferisci, cosa speri per il tuo futuro?
«Se si parlasse di sogni… Direi poter calcare palcoscenici sempre più importanti. Le emozioni di Federico, quelle vere, sarebbero arrivate al pubblico».
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