PISA – La nostra città vanta il primato d’essere stata patria di illustri personaggi attraverso i secoli, da Galileo a Pacinotti, i quali hanno senza dubbio accresciuto la fama di quella che fu la Regina delle Baleari. Sebbene, nel tempo, la società sia cambiata e si sia votata alla ricerca di più ampie vedute, resta sempre indelebile il segno lasciato da chi questa città l’ha amata davvero e di chi ne ha fatta la terra delle proprie ispirazioni.
La tradizione libraria della città va, probabilmente, di pari passo con la storia dell’Università, estendendo quel motto fiero, in supremae dignitatis, anche nel suo ambito; infatti, a Pisa, sono fiorenti le librerie che trattano testi universitari. Oltre a questo, tuttavia, c’è la passione. Numerose sono le librerie che nel corso degli anni hanno chiuso i battenti, anche quella dei Vallerini, la quale però resta in pole position con ben 105 anni di attività.
Nel 1909 Augusto Vallerini fondava, in Lungarno Regio, l’azienda tipografica ed editoriale Vallerini e nel giugno dello stesso anno nasceva il figlio Fernando. Uomo di gran tempra, Augusto avrebbe infuso ai sette figli la sua medesima passione per l’editoria, la quale sarebbe stata fervente anche in Fernando, che pur si sarebbe discostato temporaneamente per accostarsi invece allo studio dell’arte. Sin da subito, il giovane Fernando, aveva mostrato un’innata predisposizione alle arti quando, in tenerissima età, aveva riprodotto una testa garibaldina in argilla perfettamente rassomigliante. Sebbene il padre non fosse sin da subito concorde alla predilezione del figlio, infine avrebbe ceduto, fatto del quale in futuro non si sarebbe pentito. Fernando, infatti, non mancò mai agli oneri familiari perché, pur essendo iscritto al Liceo Artistico di Bologna, continuò a contribuire alla conduzione della tipografia. Negli anni successivi, alternando il suo soggiorno tra Pisa e Bologna, diresse, in seno all’azienda paterna, la libreria internazionale, curando personalmente la pubblicazione di quasi tutte le più importanti dispense di lezioni dell’Università di Pisa. Continuò a seguire la sua vocazione plastica iscrivendosi, successivamente, all’Accademia di Belle Arti di Firenze, con il maestro Italo Griselli. Da allora coadiuvò editoria e arte (in particolare la scultura, la ceramica, il disegno e la litografia, i quali saranno suoi interessi per tutta la vita). Prendeva forma l’estro particolare e genuino che avrebbe caratterizzato, negli anni a venire, la figura del Fernando Vallerini quale artista e uomo di cultura.
Nel 1942, sotto le armi, prese parte alla Campagna di Russia come ufficiale di complemento del Genio, assegnato dal ministero della Cultura Popolare alla sezione Propaganda, incaricato di dirigere la Tipografia mobile campale al seguito dell’Armir (8ª armata italiana in Russia in appoggio alle forze tedesche della Wehrmacht impegnate sul fronte di Stalingrado). Ne conseguì il giornale militare “Il Fronte Russo”. Avrebbe parlato dell’esperienza russa nel 1987, dedicando all’argomento il libro “Russia delle retrovie”, illustrato con ritratti e disegni dello stesso autore ed edito dalla sua stessa casa editrice. Nel 1943, tuttavia, fu costretto al rimpatrio poiché il padre verteva in condizioni critiche, infatti morì nel febbraio dello stesso anno.
Nell’immediato dopoguerra si dedicò all’antiquariato librario e all’editoria, mantenendo i contatti con i più illustri docenti universitari e pubblicando le loro lezioni, secondo la tradizione paterna e stampando in edizione in folio le dieci litografie del “Romanzo nero” di Giuseppe Viviani. In questo periodo Vallerini, nell’intento di ravvivare la vita intellettuale in una Pisa fisicamente e moralmente distrutta dalla guerra, organizzò incontri con letterati e critici di fama internazionale. La prima sede del “salotto”, a Palazzo Franceschi, acquisì presto la denominazione di “Sala delle Stagioni” e divenne una vera e propria galleria d’arte. Dal 1949 ospiterà artisti del calibro di Bacchelli, Quasimodo, Angioletti, Flora, Vieillefond e Gabriel Marcel. Nello stesso anno Vallerini si sposerà con Adriana Mortara, che curerà le sezioni Libreria Universitaria ed Estera nel mentre lui sarà intento a inaugurare, con la collaborazione dei fratelli Carlo e Alberto, le nuovissime librerie Vallerini di Roma e Viareggio col nome di “Stabilimenti Tipografici Vallerini”. Questo avvenimento costituirà la massima espansione dell’impero editoriale italiano Vallerini, che nell’arco di cent’anni vedrà avvicendarsi migliaia di clienti.
Negli anni a seguire Fernando Vallerini sarà protagonista di numerose esposizioni d’arte tra Roma, Pisa, Parigi, Strasburgo ed altre città d’arte europee, in collaborazione con l’Art Club, associazione internazionale della cui sezione pisana (che Vallerini fonda con Mino Rosi), ne è il segretario. Esporrà opere importanti alla Quadriennale di Roma diretta da Fortunato Bellonzi, frequentatore assiduo degli Stabilimenti Vallerini. Tra il 1951 e il 1953, grazie ad una borsa di studio concessagli dall’Istituto Italiano di Cultura sarà a Parigi, dove tornerà poi nel 1955 inaugurando una quarta libreria in Rue de Seine, che chiamerà “Aux Saisons d’Art” e che diverrà centro di scambio culturale ed artistico con l’Italia. In questo periodo organizzerà una serie di mostre del Libro Italiano d’Arte, non solo a Parigi, ma anche a Strasburgo e a Grenoble. Nel frattempo aveva intrapreso, su invito dell’illustre fisiologo Moruzzi dell’Università di Pisa, le pubblicazioni degli “Archives Italiens de Biologie”, le quali erano state interrotte nel 1935; da quest’evenienza deriveranno a Vallerini prestigio e riconoscimenti, dei quali il più ambito (e ultimo in ordine di tempo) sarà il Premio Editoriale Marzotto 1959.
Gli anni Sessanta, poi, costituirono per Fernando Vallerini l’ultimo decennio di attività mondana di editore, durante il quale intraprese conferenze all’estero e si dedicò al suo mestiere di esperto di stampe antiche e moderne, antiquariato e, naturalmente, di artista.
Negli anni Settanta abbandonerà l’esercizio diretto della professione di libraio e antiquario, affidandolo nelle mani dei figli Simone e Andrea i quali, successivamente, intraprenderanno strade diverse: l’uno quella dell’arte, l’altro quella dell’editoria. Nel frattempo Fernando si cimenterà in ricerche storiche fruttuose ed elaborazioni creative intorno a Pisa, oggi molto rinomate, dalle quali ne scaturiranno i volumi: “Pisa come Pisano” (1973), “Il territorio pisano” (1975), “Monte Sant’Angelo sul Gargano” (1977), tutti riccamente illustrati con i suoi disegni originali, e “Pisa come una fiaba” (1979), dedicato alla memoria del padre nel centenario della sua nascita. Seguiranno altri volumi importanti come: “Pisa e Lucca: cinque giornate in villa” (1984), “I mostri di San Rossore” (1986), ovvero una serie di visioni grafiche riguardo la vegetazione del Parco Naturale. Nel 1987 uscirà “Russia delle retrovie”, nel quale racconterà la sua esperienza di soldato in Unione Sovietica e, in ultimo, nel 1993, anno della sua morte, pubblicherà “Chiese Romaniche del Casentino e del Valdarno Superiore, fino al mare”, anche questi illustrati coi suoi disegni. Vallerini morirà nel dicembre del 1993.
Nel 2009 è stato celebrato il Centenario delle Librerie Vallerini e, per l’occasione, sono state dedicate alla memoria di Fernando Vallerini la piazza adiacente Piazza dei Cavalieri, già Piazzetta Ulisse Dini, e una tiratura di medaglie bronzee coniate dai Fratelli Pazzaglia, rinomati incisori pisani.
Nel 2014, dopo la morte prematura di Andrea Vallerini, si è conclusa questa storia fatta di magia che a cavallo di un secolo ha reso orgogliosi migliaia di pisani, sia nativi che d’adozione. Resta soltanto il lascito di una famiglia che ha votato la vita al servizio della cultura ma, di fatto, gli Stabilimenti Vallerini restano un meraviglioso ricordo, così come le gesta artistiche del loro fondatore.
I libri sono rotondi, perciò ruzzolano. Fernando Vallerini.
Nicola Di Nardo
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