Intervista all’Assessore Ferrante: Cinema, Musica, Arte e Cucina
Che cosa pensa del volontariato nei beni culturali?
«Ha alcuni aspetti positivi, il volontariato in generale ha sempre i aspetti positivi e va sostenuto, ma non deve essere sostitutivo del lavoro, vale a dire che la vedo valida su progetti straordinari e su eventi speciali, ma le cose ordinarie devono avere un loro funzionamento e qui servono i lavoratori».
Passiamo al cinema. Film Commission esiste sempre?
«Ne esiste una mini versione guidata da Sergio Piane: un effetto lo produce, cerca di facilitare i contatti tra la città, l’amministrazione e chi produce film e video. Qualche piccolo risultato si comincia a vedere. Adesso c’è un progetto su cui stiamo lavorando con la Regione e la Fondazione Sistema Toscana: si chiama Sensi Contemporanei e servirà per creare un centro di formazione per le professioni “video”, dovrebbe insediarsi nei nuovi locali dei Vecchi Macelli».
Come procede il progetto per ricordare gli anniversari del 1966, 1967 e 1968?
«Ci stiamo lavorando con l’Università, abbiamo un po’ frenato perché con le risorse economiche non ce la facevamo a tenere aperti troppi fronti. Abbiamo iniziato con l’evento al Teatro Nuovo di dicembre ricordando la nascita del Canzoniere Pisano (1966), poi abbiamo collaborato all’iniziativa che c’è già stata sulla ricorrenza dei cinquant’anni dalle Tesi della Sapienza a febbraio alla Gipsoteca. Vorremmo fare nell’autunno un piccolo festival su alcune figure come Don Milani, De Felice, Feltrinelli, ci stiamo lavorando. Poi una cosa un po’ più grande, sempre in collaborazione con l’Università, sull’anniversario del 1968, finendo con qualcosa nel 2019 ricordando le lotte operaie che sfociarono tutte nel 1969».
TuttoMondo ha lanciato un appello per instaurare Ada Lovelace Day. Cosa ne pensa?
«Ho visto l’appello e lo sottoscrivo».
Abbiamo inserito nella rivista una sezione cibo e cucina perché riteniamo che il cibo sia un aspetto della cultura. Qual è la sua opinione?
«Sono assolutamente d’accordo. Nel mio caso io ho anche la delega alle attività produttive, partecipo a moltissime iniziative sulla filiera corta, ci lavoro abitualmente, ho contatti con le associazioni di categoria. Amministrativamente parlando sono due deleghe diverse ma personalmente non riesco a distinguere la cultura dal cibo, che è cultura a tutti gli effetti».
Parlando di arte, ci viene in mente anche il Centro Sms. A che punto siamo, e quali sono le prossime iniziative?
«I lavori si sono conclusi a maggio e a giugno saranno installati i pannelli di nespolo dentro l’ala nuova. Era prevista una mostra piuttosto grossa a giugno e luglio, ma è saltata per problemi dell’artista. Stiamo comunque ragionando su uno schema di gestione: problemi tecnici e d’identità del luogo. Va superata anche la discontinuità amministrativa. Stiamo ragionando su convenzioni o bando di gestione. Abbiamo in mente una sperimentazione a ottobre con un soggetto importante della vita culturale cittadina, ma ancora non è certo. Sull’arte contemporanea il ragionamento di fondo è: valorizzare questo ciclo programmato alla Santa Maria della Spina e nel frattempo capire se possa esistere un modello di gestione in grado di tenere insieme più spazi, anche col sostegno di altri enti. Su questi spazi è in corso da qualche settimana una riflessione strategica».
Perché non è stata fatta prima?
«Perché è rimasto in piedi l’equivoco che l’amministrazione comunale possa essere il gestore diretto di certe iniziative. Con l’assottigliarsi della struttura non siamo in grado per legge di ricostruirla: già in passato non era sufficiente, figuriamoci ora. Di lì l’idea di modelli di cooperazione con soggetti. Intanto abbiamo riaperto degli spazi, come la Spina, che ora ha orari da museo. Con risorse limitate stiamo riuscendo a sperimentare il prototipo di un modello: se saremo in grado di farlo crescere, sarà utile anche per altri spazi. La Regione sta apprezzando questo modo di operare, vedremo in futuro una sempre crescente sostenibilità anche economica, in linea con le ambizioni della città».
L’idea di fondo è far entrare la gente in città. Oltre alla Torre è stata pensata una integrazione tra monumenti. Può essere la strada?
«Penso di sì. Alla Regione interessa questo, credo che il prossimo bando regionale sull’arte contemporanea andrà proprio in questa direzione».
E che ruolo può avere Pisa con tutti i suoi gioielli a regime?
«Un ruolo molto importante. Tra Fortilizio e Torre Guelfa c’è un programma, ma la logistica non è semplice, il problema è lì».
Capitolo bandi: Mura medievali e Giardino Scotto.
«Per fortuna sono stati scorporati. Il bando delle Mura ha avuto un vincitore. Per lo Scotto c’è l’ipotesi di gestione diretta del Comune. È un giardino pubblico, non deve diventare un ristorante. Forse in bando non si farà».
Sulle complicazioni nel portare a regime le risorse artistiche di Pisa ci sono in Italia gestioni che funzionano?
«Il problema è il regolamento del patrimonio, che deve essere modificato a livello di consiglio comunale con il contributo di tutti. Così com’è penalizza e basta. Ho sollecitato tutti, vedremo. Se alcuni spazi non saranno gestibili è bene dismetterli».
Capitolo musica. Oltre Metarock esiste musica a Pisa?
«Sto lavorando da sette mesi per un cartellone musicale unico in piazza dei Cavalieri. Stiamo lavorando a una stagione importante: ci sono volontà politica, risorse e programmazione. Può essere un nucleo per riunire tutte le risorse musicali della città».
Se vanno in porto piazza dei Cavalieri e spazi come largo Ciro Menotti, può esserci una Estate pisana?
«Sì, già lo scorso anno tentammo un esperimento in Bagni di Nerone. È un’idea di città che proviamo a concretizzare».
Quanto stanzia il Comune per la cultura a Pisa?
«Un milione e mezzo per il Teatro Verdi, 250mila euro per le attività con convenzione (incluso bando per le associazioni) e 50 mila euro per servizi vari e il personale».
A proposito, il bando per le associazioni a che punto è?
«Non è ancora stato fatto, ci lavoreremo, va chiuso rapidamente».
Perché c’è questa distanza tra idea e successiva realizzazione, al di là della facile polemica sulla burocrazia lenta?
«Sono estremamente scontento. C’è incoerenza tra intenzioni politiche e capacità di attuazione. A volte è complicato capire dove ci si perde: si dà un indirizzo, si inizia il percorso e improvvisamente tutto diventa complicato. E non è solo un problema di soldi».
È un peccato. E come si risolve?
«Lasciamo perdere».
A Pisa manca un divertimento “di mezzo”: si passa dal caos di Vettovaglie a una specie di “coprifuoco”. Un modello possibile è l’ex piazza la Pera, oggi piazza Gambacorti, dove i commercianti si stanno organizzando. Cosa si può fare a livello istituzionale?
«Sono un frequentatore della piazza, adattissima per le famiglie. Qualcosa abbiamo cominciato a fare. Servono iniziative culturali popolari – si veda Dante. La fruizione deve essere larga e le iniziative divulgative in sinergia con soggetti di qualità, che potrebbero aprirsi alle piazze».
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