La pittura, come ogni forma d’arte, è libertà di espressione, è una possibilità per comunicare, uno strumento per interpretare, scoprire e mostrare prospettive diverse.
Frida Kahlo, considerata una delle più grandi pittrici messicane del Novecento e simbolo del movimento femminista, scelse proprio questo linguaggio fatto di forme e colori come mezzo per raccontarsi.
A sessant’anni dalla sua morte è stata organizzata una mostra proprio qui in Italia, precisamente a Roma nelle Scuderie del Quirinale dal 20 marzo al 31 agosto 2014.
Una preziosa raccolta che tra dipinti, fotografie e disegni mette in luce la visione del mondo di Frida, nata nello spirito della rivoluzione messicana e legata fortemente alla cultura del suo popolo, contraria ai comportamenti convenzionali, alle regole sociali, all’imperialismo straniero.
Una mostra che coglie una sua intimità così profonda che nell’osservare i suoi quadri si ha quasi la sensazione di violare. Il suo sguardo è talmente intenso che per un momento è possibile immaginarsi non più davanti, ma dietro la tela, ritrovarsi sullo sfondo e ricordarsi che oltre quelle pennellate cariche di simboli e continui riferimenti religiosi e politici, si nasconde un essere umano.
Una donna sopravvissuta alla vita, una vita segnata da un incidente che le ha cambiato l’esistenza, accompagnata costantemente dall’ombra della morte, sempre a passeggio col dolore, devastata dalla perdita di un figlio che non riuscirà mai ad avere e tormentata da un amore infedele, ma infinito verso uno dei più grandi muralisti messicani, il suo Diego Rivera:”Ho subito due gravi incidenti nella mia vita…il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego.”
Una donna prigioniera del suo corpo, intrappolata in un busto ingessato, legata ad un letto, ma in qualche modo legata sempre alla vita e determinata a trasformare la sua sofferenza in arte, a far emergere il suo spirito, a ritrarsi continuamente non per vanità ma per cercare un posto giusto in quel suo mondo sfinito senza mai arrendersi. E’ attraverso le ali dell’immaginazione e grazie alla pittura che è riuscita a sopravvivere alla vita e proprio con questo messaggio nell’ultima sala ci lascia la mostra:
“A che mi servono i piedi se ho ali per volare?“
Luciana De Luca
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