Intervista ai Gatti Mezzi: il vernacolo cantato
Roba da gatti mézzi, dicevano i nostri padri.
La peggior cosa che possa capitare ad un gatto è essere sorpreso da un diluvio in un vicolo di notte o una piena del fiume in città..
Due gatti infradiciati scorazzanti in un vicolo notturno alla ricerca di una lisca o di una compagna in calore è l’idea che ci ha affascinato per raccontare una Pisa borghese, globalizzata e tecnologica che si sta dimenticando dei propri vicoli bui e puzzolenti, dei suoni e dei rumori che li animano e dei loro abitanti secchi e spelacchiati che vivono fra un miagolio d’amore e uno di disperazione.
I Gatti Mézzi
Per il numero di giugno dedicato a Pisa abbiamo come protagonisti i Gatti Mezzi, nati nel 2005 dal connubio di due pisani doc: Tommaso Novi, pianista, compositore, cantante e fischiatore d’eccellenza, e Francesco Bottai, chitarrista, compositore, cantante e armonicista.
Tra ironia, vernacolo pisano, personaggi folcloristici, modi di dire litoranei, ricordi d’infanzia, jazz, cabaret, swing, blues e cantautorato, i Gatti Mezzi si presentano come un ruspante prodotto della nostra terra, un DOP gastronomico-musicale, imbevuto di quella cultura popolare e di quel sapere colto e anti-accademico che ha conferito loro la licenza poetica di cantori del pisano.
Nelle loro canzoni si viene a conoscenza di quella vita toscana che va anche oltre i confini di Pisa, ci si sente dentro un mondo lontano ma vicinissimo nei nostri ricordi, un mondo che racconta Pisa, Lucca, Livorno e i suoi personaggi, insieme a situazioni familiari e divertenti, con il tono scanzonato, immaginifico, gestuale e grottesco del vernacolo. Band pittoresca e figlia del tirreno e dei vicoli bui pisani, i Gatti Mezzi hanno realizzato ben cinque album, tra autoproduzioni e pubblicazioni con case discografiche, per regalarci momenti di vita antica e moderna che spesso tendiamo a dimenticare.
I Gatti Mezzi ci invitano a richiamare alla memoria la pisanità che c’è in noi, senza aver paura di essere “ghiozzi”, “scarmanati”, “sudicioni”, “briai”, “gonfi” e “piagnu’oloni”, ricordandoci che almeno una volta ciascuno di noi si è riconosciuto in qualche assurdo personaggio delle loro canzoni, o almeno ha ricordato qualche evento e qualche “sagoma” della cultura popolare toscana che ama molto giocare con i soprannomi.
Con un lessico basso, comico e aulico allo stesso tempo, che tra un sorriso e una bella risata grassa ci ricorda il tono enciclopedico del Nuovissimo Dizionario Borzacchini, i nostri Gatti sono capaci di trasformare situazioni comunissime in momenti poetici nostrani, grazie al registro linguistico che si flette agilmente tra il basso greve e il letterario da canzoniere.
Coi Gatti Mezzi la sincerità e la schiettezza che fungono da critica al mondo d’oggi “super tecnologioh”, si fanno musica: si piscia a’ muri, si sbuzzano areniole d’allamare, s’incontrano l’ameriani der Tirreno (i livornesi), si osservano gli stinchi secchi dei vecchi ringalluzziti alle balere, si mangia ir porpo ar mare e d’inverno si zizzola in quel freddo pipone, si scoppiano i cicchini e s’abbracciano i pini, si pensa a fà figlioli anco se un ci s’ha sordi, si ride dei pottaioni che vanno a bè ‘r caffè alla Borsa, e si ci sfonda di baccalà co’ porri. Insomma chi è pisano, livornese, lucchese e delle zone limitrofe si sentirà a casa ad ascoltare questi cantautori. Vi lascio ora all’ intervista. E fate ammodino, leggetela artrimenti vi si ‘ancella da feisbuccche!
Per chi non vi conosce: da dove viene il nome e come è nato il gruppo?
Il gruppo nasce nel 2005 da un’idea mia e di Tommaso. Il tutto è cominciato un po’ per caso quando abbiamo pensato di fare delle letture in vernacolo accompagnate da degli accordi, accompagnando dei sonetti che avevamo scelto. Il nome invece nasce da una situazione assurda, legata al modo di dire “roba da gatti fradici”, espressione che una situazione che ha in sé il paradosso.
Voi usate lo strumento del vernacolo nelle vostre canzoni: come ha reagito il pubblico a questa scelta? E in particolare il pubblico pisano, si è sentito più vicino a voi?
Non in tutti i testi usiamo il vernacolo. Il pubblico pisano ha reagito benissimo perché ha sentito tanto senso di appartenenza, grazie al cielo noi stiamo girando l’Italia, abbiamo suonato all’estero in Francia e in Canada, e anche in luoghi diversi dalla Toscana hanno saputo apprezzare la nostra musica e i nostri testi. Sicuramente in Toscana il vernacolo è stato un viatico per rendere evidente il senso di appartenenza. Il vernacolo è come un codice di appartenenza, unisce tutti quelli che lo hanno usato, evoca tante cose vissute, evoca ricordi della gioventù, anche ricordi dei nostri genitori.
Chi sono i protagonisti delle vostre canzoni? Si tratta di personaggi che avete conosciuto, che hanno fatto parte della vostra vita o ci sono anche situazioni da voi inventate?
Diciamo un po’ di tutte queste cose che hai detto, c’è una parte di rielaborazione storica e una di fantasia pura che però poggia su un suo strato culturale importante e coerente. In questo senso è facile immaginarsi delle situazioni che vorresti aver vissuto!
Cosa ne pensate dell’attuale scena musicale pisana e anche toscana?
Mi verrebbe da rifare questa domanda a te! Ma c’è una scena musicale pisana/toscana?? A parte i soliti noti c’è un gruppo che mi piace molto, sono i Parvenu capeggiati da Francesco Quatraro, di Orbetello, fanno genere cantautoriale, mi piacciono.
Chi sono stati precisamente i vostri maggiori mentori musicali?
Guarda è difficile dirtelo perché siamo persone in evoluzione. Ti potrei dire che all’inizio ci sono stati dei riferimenti, e adesso altri ancora, non ci focalizziamo su singoli artisti. Una cosa che per noi è stata molto importante è il cantautorato italiano, la musica francese, il Jazz e la musica nera in generale. Chiaramente c’è poi un bagaglio di musica classica, d’altra parte siamo italiani e figli dell’operetta e di altre forme che sono ormai parte del nostro modo di essere.
Vestiti Leggeri è il vostro ultimo lavoro del 2013. Avete altri progetti nel cassetto?
Si siamo in studio ora! Uscirà un album a novembre, sarà un album completamente in italiano, un album cantautoriale, molto sentito, sarà una fotografia di quello che siamo noi ora, influenzato da tantissime cose che scoprirete quando lo ascolterete. Noi siamo molto contenti, è un album che si configura come un interesse a qualcosa di nuovo.
Grazie mille per la disponibilità, saluti da Tuttomondo!
Virginia Villo Monteverdi
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