PISA – Ogni anno, l’ultimo sabato di giugno, la città di Pisa si anima di festa e colori per accogliere sullo storico Ponte di Mezzo il Gioco del Ponte.
Il Gioco del Ponte è una competizione che coinvolge i quartieri pisani ormai da secoli e che continua a vivere nel folclore della città coinvolgendo le persone di ogni età e di ogni parte del mondo.
Sappiamo poco sulle origini di questo gioco: le poche ipotesi che sono state avanzate sono fondate su leggende e tradizioni; alcuni azzardano nel dire che sarebbero stati i Greci, probabili fondatori di Pisa, ad aver istituito questo gioco; altri danno il merito a Nerone o Adriano; alcuni, collegano il gioco a un antico episodio d’armi avvenuto a Pisa nel 1005. Ma, l’ipotesi più seguita dagli storici è che la festa sia stata istituita per finalità politiche dai governanti della repubblica pisana, per combattere l’ozio dei cittadini, in epoca medievale.
Come ogni cosa, il Gioco del Ponte, ha subito diverse trasformazioni nel corso dei secoli.
Nacque con il nome di “Mazza Scudo”, gioco che vedeva coinvolte le due parti della città divise dall’Arno chiamate Borea (la parte a nord del fiume) e Austro (la parte a sud) e che si svolgeva nel periodo tra Natale e Carnevale. La popolazione era divisa in due parti: la fazione del Gallo (Borea) e quella della Gazza (Austro), le quali combattevano tra di loro per contendersi la supremazia sul territorio. Le due parti erano divise a loro volta in squadre e la battaglia si svolgeva in una delle principali piazze della città di Pisa: l’antica Piazza degli Anziani, l’attuale Piazza dei Cavalieri. I combattimenti erano delle vere e proprie risse: i giocatori armati di una mazza e di uno scudo (da qui il nome del gioco) dovevano cacciare gli avversari dal campo di gara, scagliandosi gli uni contro gli altri. Il gioco del Mazza Scudo ebbe vita fino al 1406; cadde nell’oblio per 160 anni, per poi risorgere nel 1568, quando Cosimo I, granduca di Toscana, volle far rivivere questa antica tradizione alla sua corte, in occasione del battesimo di Eleonora de’ Medici.
Il gioco, chiamato “La Battaglia Pisana”, si trasformò in uno scontro coi sassi, ma, perché considerato troppo violento venne presto abbandonato, lasciando spazio alla versione più arcaica del gioco come lo conosciamo oggi: il luogo scenico divenne il Ponte Vecchio, l’attuale Ponte di Mezzo e le due parti della città, divise dal fiume Arno, presero il nome di Mezzogiorno (a sud) e Tramontana (a nord). I dodici quartieri cittadini (sei per parte) si andavano a scontrare in un’unica battaglia; ogni giocatore aveva il suo ruolo e compito personale, indossava un’armatura con una casacca con i colori della squadra ed era armato soltanto con un “targone”, uno scudo oblungo di legno che serviva sia per l’attacco che per la difesa. L’obiettivo, però, rimaneva lo stesso: conquistare il territorio avversario.
Ma adesso in cosa consiste il Gioco del Ponte?
Con l’avvento del XX secolo, dopo un lungo periodo di pausa per il gioco tanto amato dai pisani, gli storici studiarono molto per riportare in vita questa antichissima tradizione, riuscendo ad inserirla tra le manifestazioni del Giugno Pisano. Nacquero le Magistrature, le squadre abbinate a un quartiere o a una zona della città, caratterizzate da un proprio stendardo, da un proprio nome e da un proprio motto; vennero ricostruiti i costumi d’epoca (a cura del pittore Fortunato Bellonzi); fu inventato il rivoluzionario carrello che fece svanire la violenza dal gioco. Questo, molto simile al vagone di un treno, con un peso di 22 quintali, scorreva allora come adesso su rotaie grazie alla spinta che esercitavano i valorosi giocatori.
Oggi possiamo vivere l’antica gloria pisana godendoci in primis la bellissima festa che precede il Gioco del Ponte: più di 700 figuranti, dei quali 41 a cavallo, sfilano in costume stile cinquecentesco spagnolo, a passo marziale e con lo sguardo nobile e autorevole; le loro bellissime armature risplendono sotto i raggi del sole estivo ondeggiando, come se danzassero, a ritmo dei tamburi e delle chiarine che annunciano al popolo che il Gioco sta per iniziare.
Quando la sfida ha inizio i combattenti, al seguito del loro Capitano, si avviano verso il carrello e si posizionano di schiena rispetto agli avversari: poggiando spalle e collo ai bracci esterni della struttura, con le gambe divaricate pronte a dare la spinta. Questo è il momento in cui i giocatori devono far vedere i risultati ottenuti dai faticosi allenamenti invernali, cercando con tutte le loro forze di conquistare il territorio della parte avversaria, spingendo il carrello in modo da far cadere la bandiera al termine del binario. Spesso il movimento del carrello è impercettibile per gli spettatori che assistono dalle “spallette” dell’Arno, ma dal momento che una squadra riesce a prevalere sull’altra la folla si scatena e incita i giocatori della propria squadra con grande enfasi. Tra le urla degli spettatori si può udire “Al buio!!”! Questo grido è dovuto al fatto che alla parte della città perdente, come da tradizione, verrà tolta la corrente elettrica; anche se attualmente, per motivi di sicurezza, ciò avviene solo per l’illuminazione pubblica sul Lungarno e per un breve lasso di tempo.
Tutti i targoni, gli stendardi e i costumi originali si possono ancora ammirare in alcune sale del Museo nazionale di palazzo Reale sul Lungarno Pacinotti e con essi il modellino del Gioco stesso. Dallo scorso anno negli spazi restaurati della Torre della Cittadella è allestita una mostra permanente dedicata proprio al Gioco del Ponte.
Questa meravigliosa manifestazione suscita ogni anno una certa emozione nel cuore dei pisani, orgogliosi della propria città e delle proprie tradizioni; consapevoli dell’immenso valore che ha la storia vissuta dal popolo. L’evoluzione del Gioco nel corso dei secoli è notevole, ma soltanto due cose sono rimaste immutate: la passione e lo spirito di gara che unisce tutti coloro che vi partecipano anche in minima parte, mantenendo il motto: “Vinca Borea o Mezzogiorno, sempre Pisa vincerà“.
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