Generazione Writers
Keith Haring aveva poco più di 30 anni quando, nel 1989, ispirato dal clima del grande giugno pisano e incoraggiato da un amico italiano che aveva incontrato nella realtà dei sobborghi newyorkesi da cui veniva, tracciò il primo segno della sua Tuttomondo su una parete esterna della chiesa di Sant’Antonio Abate a Pisa.
A metà strada tra la stazione ferroviaria e quella degli autobus, sembra che la scelta di collocazione dell’opera non sia stata del tutto casuale, ma dettata dall’ esigenza di arricchirne l’interpretazione.
Erano stati gli anni di guerre combattute tra suolo vietnamita e piazze in protesta, poi quelli di Ronald Reagan e Michail Gorbačëv, gli anni delle grandi libertà artistiche impegnate a ridefinire i limiti della percezione sensoriale.
Un muro cade, un altro vacilla sotto le tinte psichedeliche del rock più nuovo riecheggiando nelle realtà urbane strizzate tra il bianco dei muri residenziali e lo sporco delle aree metropolitane.
Rabbia, dolore, speranza e nuove prospettive: i sentimenti di quelli che venivano definiti “ragazzacci”, in fondo soltanto rappresentanti dell’ espressione artistica di un mondo che stava cambiando radicalmente.
Sotto gli occhi di tutti e ispirati da una società che di scrupoli cominciava a farsene ben pochi, questi ragazzi, appartenenti alla nuova generazione di writers – scrittori di muri – mettevano a disposizione tutto il loro sentimento e tutta la loro più primitiva gestualità per dare nuova forma alla grande voce che avevano dentro: erano alcune delle anime urlatrici profetizzate da Ginsberg nel suo “Urlo” di qualche decennio prima.
In questo nuovo clima generazionale, Tuttomondo di Keith Haring trova spazio come resa grafica di un augurio da reginetta del ballo di fine anno, elaborato sotto una nuova chiave: il tema della “pace – e dell’armonia – nel mondo” si colora dell’estro e della straordinaria capacità artistica di un ragazzo che di Pisa conosceva i colori, i profumi, le straordinarie atmosfere evocate dai lungarni in ogni momento della giornata e che del mondo aveva conosciuto orrori e brutture, il terribile disagio dell’AIDS, malattia di cui sarebbe morto qualche mese dopo; che era profondamente determinato a lasciare un testamento spirituale alla città di Pisa, che con così tanta semplicità era riuscita a rievocare i ricordi del bambino che era stato.
In uno stile che spazia tra grafica dei fumetti e arte informale di Pollock, Tuttomondo vuole rappresentare la sintesi visiva dell’amore di una madre per il proprio bambino, una forbice impegnata a tagliare il male del mondo rappresentato da un serpente, o una matrioska di sentimenti che conducono alla lotta per il bene. Molti altri sarebbero i significati leggibili sulle 30 figure bordate di nero e colorate con pittura acrilica durante una settimana di intenso lavoro. L’opera è stata recentemente nominata “monumento di interesse” dalla Soprintendenza dei Beni Artistici e sembra che davanti al grande universo che evoca tanto nell’ immaginario del fruitore interessato quanto in quello del passante casuale.
Come lo stesso Keith Haring dichiarò nel corso di un’intervista:
La vera arte celebra l’uomo, non intende manipolarlo.
E’ con questa grande presa di coscienza che dalla rubrica Arte vi diamo il benvenuto, ringraziandovi per il vostro grande sostegno, augurandovi una piacevole lettura e sperando di poter contare sul vostro parere per poter migliorare il servizio che abbiamo scelto di mettere a vostra disposizione!
Giulia Buscemi
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