Hunger Games: Il debole canto della rivolta
Ci eravamo lasciati un anno fa con La Ragazza di Fuoco, il secondo capitolo della saga di Hunger Games tratta dall’omonimo romanzo di Suzanne Collins. Catching Fire (nella versione originale) vede un notevole cambiamento a partire dalla regia: Gary Ross viene sostituito da Francis Lawrence, successivamente confermato per dirigere anche i successivi due capitoli (Il Canto della Rivolta è stato diviso in due parti, come successe quattro anni fa con Harry Potter e i doni della morte). Con l’introduzione di Lawrence si notano già delle grandi novità: le riprese sono più pulite, le scene d’azione più dinamiche, ma soprattutto il film si accende di quei colori dei quali il primo capitolo sentiva la mancanza.
Il film era uno dei più attesi del 2014, le aspettative erano alle stelle e l’entusiasmo del pubblico smisurato. Finalmente il 20 novembre 2014 Hunger Games – Mockingjay Parte 1 approda nelle sale italiane e sin da subito – il botteghino non mente – i fans si sono precipitati nelle sale per scoprire il destino di Panem e dei 12, o meglio, 13 distretti. Ma siamo sicuri che questo ottimo risultato al boxoffice sia direttamente proporzionale al gradimento reale dell’audience?
Hunger Games – Il canto della rivolta parte 1 è quello che personalmente definisco “Film di transizione” ossia un film che serve a preparare il terreno per un finale degno di nota. Naturale allora il sovraffollamento in sala e per varie ragioni: non stiamo parlando di un film indipendente, bensì di un blockbuster che negli ultimi anni ha letteralmente spopolato in tutto il mondo, Italia inclusa. Il pubblico ha agito per inerzia, senza esitare. Il canto della rivolta parte 1 va visto perchè ci fa capire in quale direzione si sta muovendo la storia. Tuttavia, fondamentalmente, il film è vuoto; l’azione è quasi inesistente; il triangolo amoroso tra Katniss, Peeta e Gale risulta quasi forzato se introdotto in un universo in cui la preoccupazione per il destino di un’intera popolazione sta alla base di tutto.
La situazione in cui veniamo proiettati è una situazione al limite, di miseria. Siamo nel bel mezzo di una guerra, le alleanze sono importanti, la propaganda è importante. Interessante è l’introduzione e l’uso che viene fatto dell’informazione. Mi spiego: prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, la radio ma soprattutto il cinema erano diventati dei mezzi di propaganda. Mockingjay in un certo senso riporta in scena esattamente questo: i distretti hanno bisogno di un leader (la ghiandaia imitratrice, ossia Katniss Everdeen) da seguire affinché questo li guidi verso il successo, verso un’alleanza contro il nemico (Capitol City). Per fare ciò, ci si avvale di uno degli strumenti più forti: i mass media e la pubblicità, la comunicazione insomma.
Katniss attraverso il “messaggio promozionale” riunisce i superstiti dei vari distretti, e allo stesso tempo mostra a Snow che nulla è perduto: “Se noi bruciamo, voi brucerete con noi!” “Signorina Everdeen, sono le cose che amiamo di più a distruggerci!” come potrebbe essere il contrario? L’amore che nutriamo nei confronti dei nostri familiari, dei nostri amici e persino del nostro animale domestico va oltre qualsiasi complicanza. Veniamo condizionati, certo, ma sono allo stesso tempo le pedine che ci spronano a combattere. I distretti si riuniscono in un’alleanza di amore condiviso, un amore che viene espresso ancora una volta con il più alto gesto di grazia e riconoscimento del Distretto 12: in una stanza colma di gente ferita e malata, prima uno, poi in successione tutti gli altri, si portano alla bocca tre dita della mano sinistra per poi levare il braccio in alto fin sopra la testa, in segno di ammirazione, in segno di speranza.
In conclusione vorrei soffermarmi sulla canzone “The Hanging Tree” cantata interamente dall’attrice Jennifer Lawrence. In questa sua performance, dalle note dolenti e quasi malinconiche – “Are you coming to the tree, where I told you to run so we’d both be free?” (verrai all’albero, dove ti ho detto di correre via così entrambi saremmo salvi?) – è riuscita a farci percepire la paura, la determinazione e il coraggio di un popolo che combatte all’unisono contro una società che, in questo momento, non si distacca molto dalla nostra, una società fatta di rivoluzioni nelle piazze, di guerre che scoppiano tra popoli dello stessa terra, di ideali diversi e troppe ingiustizie.
Il Canto della Rivolta Parte 1 è indubbiamente un film incompleto le cui due ore sembrano quasi interminabili se paragonate al contenuto globale e soprattutto ai due precedenti capitoli. Ora non resta altro che aspettare un anno e scoprire come Francis Lawrence gestirà questa divisione in due atti.
Il potenziale per un’epica conclusione non manca.
Lorenzo Talotti
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