Ansel Kiefer è una delle figure più importanti del movimento artistico Neo-espressionista, nasce a Donaueschingen, in Germania, durante le ultime fasi della Seconda Guerra Mondiale.
Dopo il liceo si iscrive alla facoltà di legge ma in poco tempo sceglie di abbandonare per intraprendere studi artistici divenendo un allievo dell’artista concettuale Joseph Beuys.
La consapevolezza di essere venuto al mondo in un momento così drammatico sembra aver segnato profondamente il suo percorso umano e artistico, che si caratterizzerà sempre per il grande interesse manifestato verso la Storia, le origini della vita, il mito che riemerge dal tessuto della memoria, la filosofia e la poesia.
La Storia è materia viva, aperta al confronto con la vita quotidiana e che ben si presta a misurarsi con l’Arte nelle sue disparate declinazioni. L’Arte, a sua volta, attraverso il proprio linguaggio può aiutare a smascherare le contraddizioni della Storia e portare a galla verità rimosse, leggendo oltre il dato scientifico.
Il confronto con il passato è per Kiefer un modo per riflettere su se stesso e sulla presenza dell’uomo nell’universo, a partire dai suoi esordi. Negli anni ’60 si fa immortalare in una controversa serie di fotografie denominate “Besetzungen” (Occupazioni) con il braccio alzato nel saluto nazista davanti a una serie di luoghi della Germania Ovest e della Germania Est in cui individua un particolare significato storico e mitologico.
Questo ciclo fotografico lo farà etichettare per anni come neo-nazista da una parte della critica, ed esaltare dall’altra per il coraggio di mettere in luce gli orrori della storia tedesca.
Negli anni ’70 esegue le prime grandi tele, dai colori cupi e terrosi e dalle pennellate decise, che creano contrasti forti, ottenute sovrapponendo spessi strati di colore e lacca. Nei suoi dipinti sono rappresentati soprattutto luoghi, paesaggi in cui la natura prevale sugli esseri umani, che quando presenti sembrano assorbiti dal male che nel corso della storia hanno fatto a se stessi e ai loro simili.
Proprio in questo periodo, dalle suggestioni della poesia, in particolar modo dalle composizioni di Paul Celan, Kiefer afferma l’unità tra dipinto e poesia, e sente il bisogno di piegare la concretezza fisica del dipinto alle leggi del leggere, creando veri e propri libri in cui la tela si sostituisce alla pagina, o libri in cui sono inglobati documenti scritti o fotografici erosi da bruciature o acidi.
Come la Poesia, per Kiefer l’Arte è un vortice capace di trasformarci e in cui dobbiamo lasciarci travolgere, per portare di nuovo il sacro e il divino nel mondo. I libri di Kiefer affermano che il sacro che è in loro non è costituito solo dal testo, ma anche dalla tessitura.
Nel corso della produzione artistica di Kiefer, il libro diventerà un simbolo ricorrente, come le navi da guerra, gli aerei, i girasoli, le piramidi e le stelle. Tutti questi elementi ci ricordano il rapporto fra individuo e cosmo, la forza della natura, gli orrori e gli errori compiuti dall’uomo nel corso della storia, il dialogo fra divino e terreno, poiché l’Arte è una forza onnipresente che lavora simultaneamente su positivo e negativo, notte e giorno, storia e presente.
In seguito, Kiefer comincia a far uso della xilografia, applicandola in alcuni casi alle tele, anche con l’aggiunta di disegni; realizza opere ibride amalgamando materiali poveri come frammenti di cuoio, legno bruciato, ferro arrugginito, vetro, stoffa, vestiti, carta, cenere, piante, metalli, sabbia, passando dalla leggerezza della paglia alla pesantezza del piombo.
Il piombo, in particolare, riveste grande importanza simbolica: nella tradizione alchemica si trovava al gradino più basso tra gli elementi ritenuti necessari per ottenere l’oro, è il metallo che più ci dà l’idea di pesantezza e insensibilità, eppure contiene l’argento, rivelando così la possibilità di elevarci verso un gradino più alto di spiritualità. Kiefer, come un alchimista, ci trasporta tramite le sue opere verso idee che stanno su un piano spirituale superiore all’oggettività delle cose.
Per questo i libri che inizia a creare mediante lamine di piombo appaiono significanti in quanto tali, al di là del testo e delle parole, nella loro forma e matericità e per le connessioni che formano fra di loro. Le sue opere abbracciano una dimensione straordinaria, distaccandosi dalla mera fisicità di oggetto: attraverso la loro aura sprigionano la potenza della materia, del mito e della storia.
Negli anni ’80, Kiefer compie un viaggio a Gerusalemme, a partire dal quale comincia a interessarsi alla tradizione mistica ebraica, che diverrà un altro dei temi ricorrenti della sua produzione artistica portandolo a viaggiare per il mondo studiando le antiche civiltà scomparse. In questi anni le sue opere inziano a essere ospitate e collezionate dai più importanti musei di tutto il mondo.
Più recentemente, sono state dedicate a Kiefer mostre personali alla National Gallery (2000) e alla Royal Academy (2001) di Londra, a Villa Medici a Roma (2005), al Musée d’Art Contemporain di Montréal e al MoMA di San Francisco (2006).
Nel 2007 il Louvre di Parigi gli ha commissionato un’opera per la propria collezione permanente, un evento che non si verificava dai tempi di Georges Braque.
Per la Biblioteca San Giorgio di Pistoia Kiefer ha realizzato appositamente l’opera Die Grosse Fracht (“Il grande carico”) e l’installazione permanente I Sette Palazzi Celesti presso l’ Hangar Bicocca di Milano.
Adele Repetto
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