Che cos’è il calendario civile e perché è importante in una comunità.
Ce lo spiega Adriana Nannicini
Un calendario civile? A Pisa indica il 31 agosto, il 2 settembre ed anche il 7 maggio. Sono le date che appartengono alla storia della città, quei giorni che nello spavento, nel lutto e nella rabbia come nella gioia della liberazione rappresentano una memoria laica, popolare e democratica, il fondamento di una comunità civile cittadina, ne rafforzano la tessitura, capace di interrogare anche il nostro presente e il futuro.
Non un semplice numero di giorno di un mese, ma una data cui si attribuisce senso e significato. Quello di cui parliamo è un significato appunto “civile”.
Queste date sono riconoscibili dai pisani, radicate nella memoria e nell’esperienza, incise nell’inconscio collettivo. Racconti familiari, ricerche di istituti storici, pagine di diari e sguardi silenziosi, così come canti in una piazza, commemorazioni e monumenti in angoli della città. Non sempre celebrate e tuttavia non cadute nell’oblio.
Quando diciamo calendario civile parliamo non solo della città ma del paese. Un insieme di date più numeroso, più diffuso nelle regioni, un insieme che racconta alcuni dei passaggi cruciali della nostra storia.
Negli ultimi anni sono nate iniziative e pubblicazioni su questo tema, e forse il testo che meglio ne indica anche il senso di un “divenire” per la contemporaneità è quello a cura di Alessandro Portelli, intitolato appunto “Calendario civile” edito da Donzelli nel 2017. Presentato come “Un originalissimo progetto collettivo all’insegna della storia e dell’impegno civile, il libro – firmato da un gruppo di studiosi e intellettuali prestigiosi – lancia e articola la proposta di un «Calendario civile», parallelo a quello religioso, scandito da 22 date celebrative di passaggi cruciali della nostra storia democratica e della nostra tradizione repubblicana” . Ogni data affidata ad un autore o un’autrice, ciascuno con un evidente, o meno, nesso con la data, mostrando il proprio impegno nell’attribuire quel senso che egli o lei incarna, ne dichiarano fin da subito una soggettività, più che individuale, una personale nel rendere politica e condivisa una data e “quel” significato. Dal 9 febbraio e la proclamazione della Repubblica Romana, al 12 maggio come introduzione del divorzio, al 21 luglio fatti del G8 di Genova, al 2 agosto strage di Bologna, all’8 marzo giornata internazionale delle donne, e ovviamente il 25 aprile e 1°maggio giorni fondanti del Calendario civile. Il progetto di questo libro e del suo curatore si propone come obiettivo ” la costruzione di un patrimonio di tradizioni condiviso” in un momento storico in cui questo rappresenta una vera sfida.
Un calendario civile non è scritto in quello istituzionale o tantomeno religioso, le sue date non sono giorni di festa, o riconosciuti (anche se alcune tra quelle ricordate sopra sono invece pienamente riconosciute, fino ad adesso). Nasce e vive soprattutto in una dimensione popolare e democratica: sorgono dal basso alcune date e nell’essere ancora un patrimonio in formazione non appartengono ancora a tutti, vedi il 21 luglio, oppure sono state recuperate e spinte con la Repubblica come il 1° maggio.
Richiede secondo me di essere reinventato, risignificato nel tempo, in ogni comunità cittadina e territoriale, nelle date locali come in quelle che diventano nazionali. Non è un rituale, anzi nella sua origine afferma una ritualità «altra» fondamento di una identità civile antagonista al ciclo festivo e liturgico della chiesa cattolica. Le radici di questo nostro contemporaneo si rintracciano nella tradizione risorgimentale , in quella socialista e anarchica in Italia e prima nella Rivoluzione Francese. Questa apre un’epoca nuova, di uguali, liberi e fratelli, dunque nasce l’esigenza di nominare e ricordare eventi che costituiscono una ritualità alternativa a quella del calendario gregoriano, una riforma del calendario che fosse rivoluzionario francese o calendario repubblicano. Rispondendo a un compito di carattere politico, datando l’inizio di una «nuova era» a partire dal 1792, introduceva un tempo immaginario in funzione di valori morali e sociali dei principi rivoluzionari. Forse l’esigenza era quella di una cesura netta con le festività cristiane e i santi, quella che ha scandito per secoli la ritualità della vita sociale, ne ha indicato rinomanza e priorità celebrando i nomi dei santi e dei beati sanciti secoli addietro del concilio di Trento. Cesura che informerà anche più avanti nel Regno d’Italia il significato della festa laica per eccellenza, il 20 settembre, che dopo la conquista di Roma del 1870 celebra la breccia di Porta Pia e la fine definitiva del potere temporale della chiesa. Come annota Stefano Pivato “Tuttavia in quel calendario non si riconoscono quelle istanze radicali, rappresentate da mazziniani e garibaldini, che avevano auspicato un esito ben diverso. Di qui la proposta di un calendario che fosse simbolo di una pedagogia civile antagonistica a quella ufficiale. Sentimenti antimonarchici, istanze anticlericali e forme di radicalismo politico sono celebrati in una serie incredibile di almanacchi che accompagnano la polemica politica nel primo cinquantennio. Attraverso queste forme elementari di propaganda il moderno rito della politica penetra in un mondo arcaico, come è quello contadino di fine Ottocento.(..) date ed eventi significativi per il cammino della democrazia. Nei calendari stampati sugli almanacchi socialisti le date del calendario cattolico erano sostituite da quelle di avvenimenti che scandivano la vita del partito, commemoravano la scomparsa o la nascita dei leader, oppure rievocavano date significative della storia mondiale per l’emancipazione delle classi popolari.”
Quel calendario civile di cui parliamo nell’oggi, come da suggerimenti degli autori che Alessandro Portelli ha coinvolto, ha il significato, nella mia esperienza, non tanto di mettere a valore la memoria, quanto di contribuire a intessere relazioni di partecipazione e di comunità sociale, di sollecitare protagonismo e presa di parola pubblica. Cominciamo da dirci se aggiungiamo altre date pisane, se possiamo raccontare l’ordine di ognuna di quelle tre indicate in apertura?
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